Firenze – Un piano industriale in grande stile, che dovrebbe salvaguardare il rilancio della più grande cooperativa italiana nel settore logistica e trasporto, la Cft, levandola da una situazione che sembrava disperata, con oltre 108 milioni di debiti, a cui sembrava si aggiungessero 14 milioni di Iva non pagata per il 2016. Eppure, con l’impegno della Regione Toscana, il ricambio dei vertici e la competenza di KPMG, società internazionale di consulenza legale e tributaria, le 5.500 persone a cui dà lavoro e i 2.500 soci-lavoratori sembrava potessero tirare un sospiro di sollievo.
Certo, i costi, anche umani, c’erano. A pagare il prezzo dei tagli, soci lavoratori e dipendenti, in particolare i 60 fra soci e dipendenti in esubero del settore amministrativo. Vale a dire, sforbiciata agli uffici, con dismissioni “soft”, come le ha chiamate qualcuno, che andavano nell’ordine di pensionamenti e abbandoni “incentivati”. Senza contare che, per tutti i lavoratori, vige la rinuncia della 14esima per il prossimo biennio e che tutto ciò va di pari passo con una politica molto significativa di “razionalizzazione e vendita” del patrimonio immobiliare, con la cessione degli immobili anche strumentali a una società straniera che riaffitterà poi alla stessa Cft, a tagli agli appalti non remunerativi, ecc.
Il piano, approvato il 27 Gennaio 2019 all’Assembea dei Soci di CFT, vede, da parte della Regione Toscana, l’importante passo di rendere possibile il ricorso al Fondo di Integrazione Salariale (Fis). Un aiuto, che, dicono gli operatori, arriva indicativamente fino a fine maggio 2019.
E il nodo al pettine arriva. L’operazione è senz’altro mastodontica, e secondo le previsioni della stessa cooperativa, il risparmio ottenuto con la gigantesca “razionalizzazione” potrebbe già essere di 35 milioni sull’anno. Ma qual è la sorte di quei lavoratori che non accettano la proposta di lasciare il posto di lavoro, magari in cambio di poche migliaia di euro, magari perché in un’età in cui la pensione è lontana? Intanto, la proposta è stata avanzata a un gruppo composto di circa una ventina di amministrativi, di cui solo pochi hanno accettato. E chi ha rifiutato, è la denuncia che viene sollevata dai Cobas, “si è visto attribuire le percentuali più alte di riduzione dell’orario di lavoro, applicata per l’adesione al Fondo di Integrazione Salariale concesso dalla Regione Toscana”. Infatti, ecco come funziona il meccanismo del Fis: i lavoratori riducono l’orario di lavoro, su disposizione del datore di lavoro, riscuotendo per intero solo lo stipendio delle ore lavorate. Quelle non lavorate, comportano il percepimento dell’ 80% della retribuzione. Tale importo è sovvenzionato dalla Regione.
“S tratta di una misura che dovrebbe evitare i licenziamenti plurimi individuali – spiegano dai Cobas – invece chi ha ricevuto le più alte percentuali di riduzione di orario, si prepara a ricevere una lettera di licenziamento o nella migliore delle ipotesi, di trasferimento, al termine del periodo di FIS”.
Da parte dei lavoratori si sottolinea un dato di fatto: nonostante si siano rivolti ai sindacati che hanno sottoscritto l’accordo, all’Ispettorato del Lavoro e persino alla Regione, non hanno trovato che “rimpalli”, “mura di gomma”, rinvii ad altri. “Se le percentuali applicate sono discriminatorie, vessatorie per i circa 20 lavoratori su cui si scarica l’operazione – chiedono operatori e Cobas – dove sono i Sindacati confederali che hanno sponsorizzato il piano industriale? E l’Ispettorato del Lavoro? Chi deve controllare che le percentuali di riduzione dell’orario siano applicate in modo equo?…..”.
Dunque, a margine del piano di rilancio, qualcuno che rischia di essere stritolato c’è. “Il CdA – dicono i Cobas Lavoro Privato – ha visto l’estromissione di 3 persone, mentre il resto dei membri rimane invariato. La cooperativa non può farne a meno, come non può fare a meno, evidentemente, del parco auto aziendali, di cui solo una ventina verranno restituite alla società di leasing, come annunciato in assemblea. Ma dei circa venti lavoratori che hanno detto no, si può fare a meno. In fin dei conti, sono solo esuberi”.
Foto: pagina Facebook di Cft