Firenze – Lavia dice Leopardi perché non si limita a leggerlo o a interpretarlo ma riversa sul pubblico, in un modo assolutamente personale nella forma e nella sostanza, le più intense liriche dei Canti e non solo. Ed è stato un evento memorabile quello che, ha visto protagonista Gabriele Lavia al teatro Niccolini di Firenze.
Un’esperienza davvero coinvolgente perché Lavia ha trovato lati inediti che gli hanno dato l’estro di interpretazioni “creative” con una lettura obliqua e trasversale del testo a cui contribuiscono anche interpretazioni di singoli sostantivi (la donzelletta..la vecchierella) o di singole immagini (l’interpretazione metaforica del “fascio dell’erba”).
“Le poesie di Leopardi sono talmente belle e profonde che basta pronunciarne il suono, non ci vuole altro – ha detto Lavia ricordando poi che “da ragazzo volli impararle a memoria, per averle sempre con me. Da quel momento non ho mai smesso di dirle. Per me dire Leopardi a una platea significa vivere una straordinaria ed estenuante esperienza. Anche se per tutto il tempo dello spettacolo rimango praticamente immobile, ripercorrere quei versi e quel pensiero equivale per me a fare una maratona restando fermo sul posto”.
In effetti, dal Il sabato del villaggio a La sera del dì di festa da A Silvia al Passero solitario, dal Canto notturno di un pastore errante dell’Asia a L’Infinito è stata una vera maratona di immagini, di emozioni, di suoni ed è stato possibile trovare contiguità e differenze, linguaggi reali e metaforici, sogni, speranze disillusioni viste nella dimensione universale e tuttavia, individuale, e che non a caso sono state considerate il motivo unificante delle varie figure femminili che si alternano nelle poesie di Leopardi.
Insomma, un modo nuovo e di grande efficacia per scoprire la dimensione profonda e sublime di uno dei più grandi poeti di tutti i tempi che mostra anche, come tutti i classici, la sua straordinaria contemporaneità.