Le imprese reggiane sono tra quelle che esportano di più in Italia. L’industria manifatturiera di casa nostra ha sviluppato, nel 2010, un fatturato superiore ai 15,5 miliardi di euro, corrispondenti al 40% circa del Pil provinciale. Con 7,7 miliardi di esportazioni nel 2010 (ovvero quasi il 50% del fatturato), l’industria reggiana si conferma poi come una delle provincie maggiormente export-oriented, anche rispetto agli altri territori italiani a vocazione manifatturiera. Lo dice una ricerca i cui risultati sono stati anticipati martedì in occasione dell’assemblea generale degli Industriali reggiani. Da questi dati ha preso le mosse il discorso che il presidente Stefano Landi ha tenuto al teatro Valli davanti ad una platea gremita. Un discorso nel corso del quale il presidente ha parlato delle sfide che attendono le imprese reggiane ma anche dei rapporti sindacali, con un chiaro messaggio alla Fiom.
Innovazione o morte. E questo in sostanza il bivio cui si trovano di fronte le imprese reggiane alla luce dell’indagine condotta da Prometeia per conto degli Industriali che prende in esame le prospettive a medio-lungo termine del comparto manifatturiero. Si parte dall’analisi di un contesto che presenta alcuni fattori incoraggianti nonostante i colpi inferti dalla crisi: il nostro assetto economico, per intensità manifatturiera, presenta maggiori analogie con alcuni land tedeschi che non con altre provincie italiane (solo tre province venete evidenziano un contributo manifatturiero superiore) e lo scorso anno si è chiuso con un aumento di fatturato dell’ordine del 10%.
IL FUTURO DELLE IMPRESE: GLI SCENARI
Sono Tre gli scenari individuati dalla ricerca.
Nello scenario di base, la sfida dell’ulteriore scatto sul fronte dell’internazionalizzazione viene colta solo in parte. In uno scenario del genere – stante le numerose leadership di nicchia presenti – permangono comunque buone prospettive di crescita delle vendite (+6% m.a), ma l’incapacità di espandere i confini geografici delle nicchie renderà molto complicato il recupero di livelli di redditività che – fino a ieri – avevano garantito alla media delle imprese reggiane una capacità di autofinanziamento degli investimenti nettamente superiore al manifatturiero nazionale.
Nello scenario più virtuoso, invece, le imprese cambiano nuovamente passo (così come hanno già fatto nei primi anni 2000, quando hanno iniziato ad ottenere risultati di export nettamente superiori alla media manifatturiera nazionale) e decidono “senza riserve” di esplorare i nuovi orizzonti di mercato. In questo scenario, i ritmi di sviluppo medi annui attesi sono decisamente superiori, soprattutto in termini di redditività che potrebbe riportarsi su quei livelli (pre-2008) che hanno storicamente garantito alle aziende reggiane buone capacità di finanziamento endogeno dello sviluppo.
In un terzo scenario, infine, si ipotizza che l’industria reggiana esprima una limitata dinamicità che, negli scenari competitivi futuri, equivale ad un significativo passo indietro. In questo futuro possibile, le imprese non inseguono i nuovi orizzonti; permangono vincoli legati alla dimensione sub-ottimale (in alcune nicchie) ed alle inerzie comportamentali ereditate dal passato: in una prima fase, questi limiti si traducono soprattutto in “opportunità non colte”, mentre negli anni finali dell’orizzonte di previsione, esse comportano un tendenziale azzeramento dell’attuale gap competitivo rispetto ai concorrenti, con conseguente perdita di quote di mercato, anche nei contesti “vicini” ora ottimamente presidiati.
L’INTERVENTO DEL PRESIDENTE
E’ stato un discorso ampio che ha toccato i principali temi che interessano il mondo del lavoro quello del presidente degli industriali reggiani Stefano Landi: dalla necessità che le banche riaprano le linee di credito, all’estremo bisogno di riforme, liberalizzazioni e semplificazioni, passando per l’ormai improrogabile riduzione della pressione fiscale. Il presidente ha sottolineato la solidità del sistema produttivo reggiano e allo stesso tempo ha rimarcato la necessità dell’innovazione per non perdere il treno della ripresa. E’ stato il nodo delle relazioni sindacali e dei contratti di lavoro, argomento di stretta attualità, ad occupare la parte centrale del suo intervento. Dopo la condanna per condotta antisindacale della sua azienda, dal palco del Valli Landi si è rivolto direttamente alla Fiom: “La divisione tra le Organizzazioni sindacali, l’irrompere delle sentenze nelle relazioni tra aziende e sindacati, il ritorno di un antagonismo fuori dalla storia, sono, nel loro insieme, l’esatto contrario di ciò di cui le nostre imprese, i nostri collaboratori e la nostra comunità hanno bisogno”.
“I Contratti nazionali – ha detto ancora Landi – non si conquistano, come è stato urlato, ma si raggiungono negoziando, ragionando, procedendo attraverso faticose e alla fine fruttuose mediazioni. Ci auguriamo sia finito il tempo dei veti di una parte sola, convinta di poter imporre anziché negoziare. Allo stesso modo, le azioni antagoniste e aggressive non determinano vinti o vincitori, ma mortificano la negoziazione, avvelenano i rapporti, rallentano lo sviluppo e scoraggiano le iniziative economiche. Quando la qualità delle relazioni sindacali distingue negativamente un territorio: tutti hanno perso. Riteniamo perciò indispensabile arrivare, in tempi brevi, a un accordo nazionale sulla rappresentanza e sull’esigibilità dei contratti”.
Landi, dopo avere sottolineato l’importanza della stazione Mediopadana, ha infine lanciato l’idea di realizzare a Reggio una vera e propria “Cittadella della Conoscenza”, un “luogo” nel quale concentrare tutto ciò che si occupa di cultura tecnica, formazione, istruzione e trasferimento tecnologico sull’asse delle ex Reggiane e del San Lazzaro e di una Fondazione per la promozione della conoscenza tecnica.