L’arte può salvarci: Collioure e Derain

di David Tammaro

Grosseto – Voglio tanto scrivere la poesia che André Derain – in questo più grande di Matisse – ha saputo meglio di ogni altro trasportare sulle tele. La poesia che ognuno scopre, scoprendo l’amatissimo borgo di Collioure, dove nel 1905 trascorse alcuni mesi insieme a Matisse e altri compagni rendendo questo luogo di elezione, un luogo storico perché capitale dei Fauves.

Ho visitato la Francia ed è bellissima, bellissima anche l’Italia certo, ma la bellezza di Collioure non ha pari. La si scopre per caso, andando sulla A9, strada di grande percorrenza della Francia che corre parallela al golfo di Marsiglia, e un po’ interna invece, in questo tratto di costa. Prima di lanciarsi oltre il confine nella vastità della gloriosa Castiglia di España. Dopo Narbonne, passato Perpignan vuoi ancora trattenerti sulla costa per un ultimo saluto alla Francia, prima di perderti nella Castiglia che ti porta ad altre visioni, altri sapori: Barcellona principessa d’Europa. Allora lasci la Route A9 e con la D114 vai attraverso gole tra piccole colline verso la costa. La macchina va da sola per una lunga e dolce discesa. Percorri belle stradine di campagna che annunciano l’arrivo in città grazie a mura di antichi palazzi, pietra e mattoni, con enormi portoni in legno dipinto di blu. Non possono essere abitazioni e le scopri antiche manifatture del pesce sott’olio: alici, sardine, sgombro. Percepisci di atterrare in luoghi carichi di storia marinara, che vivevano di mare. E vedi dall’alto un piccolo golfo ridossato dai venti dominanti. Lo capisci dalle acque chete, eppure lì il mediterraneo è grande.

Quando arrivi e percorri il lungo mare, fiancheggiato a sinistra dai muraglioni dell’enorme fortezza (il Castello Reale) ti accorgi che nulla è ordinario, a destra un autentico mare. Anche Beppe, il mio canino mezzo labrador e mezzo bracco, ha sentito di essere a casa per le luci e per gli odori di mare e via ad inseguire i gabbiani, incurante dei miei richiami si era tuffato nella baia calma come una piscina, sparito.

“Avete visto un cane correre via?” e la bella francesina mora con occhi luminosi di mare ti risponde “Oui un petit chien marron mouillé” e mouillé Beppe vagava felice in libertà per il lungo percorso che porta alla Nostra Signora degli Angeli. Al lato di una piazzetta rotonda dove è il grande portone della città fortezza medievale. Finalmente congiunto l’equipaggio, con la gioia del tutto, siedi ai tavolini con il tepore primaverile di un sole generoso che ti fa sentire amato.

La chiesa è il limite, oltre non è possibile. Invece poi, la scoperta di una lingua di spiaggia quella dove approdano ancora oggi le barche dei pescatori a vela latina.

La Chiesa è una porta Angeli insinuata nel golfo da lì atterrano e si librano gli Angeli.

Sei estasiato, ti senti in un luogo di elezione dal quale, stregato, non vorresti venire mai via. Come non avrei potuto sentire la magia del luogo che Derain ha ben fissato nei suoi dipinti carichi di un nuovo linguaggio che doveva andare oltre gli impressionisti, che conserva le pennellate di colore puro del pointillisme per riempire gli occhi dei riverberi di luce, ma le estende – vere macchie tonali – regine di forme e volumi, di luci e ombre che seguono sorgenti o riverberi come nelle visioni di Van Gogh. E poi diventano berretti, uomini, mura e montagne.

Ero ignaro di tutto questo e ora lo vivo e lo rivivo grazie alle vele di Derain che gli Angeli della chiesa, fatti marinai ogni giorno vanno a volare le loro vele nelle acque profonde dove Francia e Spagna si baciano.

Spruzzi di salsedine, atomi di mare sono nei dipinti dorati dei tramonti dei marinai che tornato con il pescato, e asciugano agli ultimi colpi di calore le vele. Il loro brandeggio al vento diviene, nella ripetuta sequenza di alberi, una cetra, un’arpa, le cui corde intonano canti di sirene, sotto le nuvole femmine di Gauguin.

Un tuffo al cuore vivere nei quadri i loro profumi di mare le grida e i riflessi del generoso sole.

Cosa è l’arte se non cogliere le energie e la bellezza nei luoghi, nei teatri del vissuto e del fantastico umano?

Le dono un bacio.

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