La naturalezza con la quale ogni giorno ci sediamo davanti ad uno schermo ed apriamo un browser web non lascia tempo per riflettere sul livello di pervasività raggiunto dalla tecnologia Internet. Se si togliesse la connessione, anche per pochi minuti, ai miliardi di computer o dispositivi quotidianamente connessi alla rete il mondo andrebbe in tilt. L’effetto a cascata provocato da una seppur temporanea assenza di Internet fermerebbe l’economia e la finanza, il normale workflow delle imprese, i servizi pubblici e la vita di milioni di utenti.
Come sostenuto da Jeremy Rifkin, uno degli economisti più interessati ai risvolti che la diffusione di nuove tecnologie comporta per la società, nella new economy il vantaggio si fonda sulla possibilità di accesso alla rete e chi ne è privo è destinato ad essere un passo dietro a tutti gli altri. Naturale conseguenza del passaggio da un’economia fondata sullo scambio di beni ad una in cui la materia prima diventa l’informazione, è la perdita di importanza della variabile spaziale a vantaggio di quella temporale: non è importante dove sei ma in che tempo riesci ad essere connesso.
E pensare che fino a poco più di una decina di anni fa la popolazione che disponeva di una connessione era di poco superiore ai 100 milioni di persone.
In realtà la possibilità di accesso al web, nel mondo e in Italia, non è così capillare come si potrebbe credere. Seppure in costante crescita, i dati parlano di circa un miliardo di persone attualmente raggiunte dalla rete nel mondo e, secondo i dati Istat del dicembre 2012, la quota di famiglie italiane che dispongono di un accesso a Internet è pari al 55,5%.
La disparità nella distribuzione e nell’accesso alle nuove tecnologie e agli apparecchi telematici è stata definita con l’espressione “digital divide” e figura tra le problematiche che organizzazioni sovranazionali e amministrazioni locali intendono risolvere nell’ambito delle politiche di welfare.
In risposta agli obiettivi dell’Agenda digitale europea, quest’anno il Ministero dello sviluppo economico ha pubblicato due bandi (uno a marzo, l’altro ad aprile) tramite i quali l’Italia si propone di raggiungere con la banda larga la totalità della popolazione entro il 2014. Si tratta di una misura d’intervento la cui importanza non deve essere sottovalutata, Internet infatti può essere il volano per un progressivo sviluppo economico e sociale.
La Regione Emilia Romagna ha investito 128 milioni di euro per colmare il gap che preclude l’accesso all’adsl a quasi il 10% della popolazione (la linea a bassa velocità raggiunge, invece, il 97,4% degli emiliani). Il problema, nazionale e regionale, è legato soprattutto alla conformazione orografica del territorio che spesso non rende agevole raggiungere i territori montuosi. La Regione ha stanziato 6,5 milioni di euro per l’istallazione di sistemi radio in banda in Appennino, 2,6 milioni per le aree montane e pianificato la spesa di quasi 15 milioni di euro per la messa in posa di fibre ottiche.
La strada che porterà il web nelle case di tutti gli italiani è quantomai in salita ma è una prerogativa per alimentare una conoscenza digitale diffusa. Perchè se non c’è possibilità di accesso alla rete non c’è conoscenza digitale, elemento fondamentale non solo per i nostri giovani per poter competere all’interno del mercato del lavoro europeo (secondo il rapporto annuale Agenda digitale della Commissione Europea, saranno addirittura 900mila le sedie destinate ad informatici ed esperti in telecomunicazioni che resteranno vacanti entro il 2015), ma anche per gli italiani di tutte le età che, dall’uso di Internet, potrebbero trarre innumerevoli benefici.
Perchè Internet, se usato con metodo, è molto più di un libro.
Alessio Scalia