L’agricoltura sostenibile sentinella della salvezza del mondo

Siccità e desertificazione si mescolano alle disuguaglianze del rischio

Agricoltura sostenibile, ovvero come riuscire, se siamo ancora in tempo , a salvare il pianeta. La giornata di studio, organizzata dall’Accademia dei Georgofili, che si è tenuta il 5 ottobre presso la sede dell’Accademia a Firenze, ha avuto il suo perno nel concetto di sostenibilità in agrcoltura, sempre più diffuso e oggetto di dibattito, discussione e divulgazione. Del resto, è la stessa Commissione europea a porre la sostenibilità, valutata nelle sue tre dimensioni ambientale, sociale ed economica, al centro delle politiche agricole i cui indirizzi strategici sono definiti dalla Politica Agricola Comune (PAC) prevista per il periodo 2023-2027 e dalla strategia Farm to Fork che fa parte del Green Deal europeo.

Numeri, dati, riflessioni e proiezioni, non è certo tranquillizzante il panorama che si apre davanti alle relazioni degli esperti. L’enormità della spinta antropica è fra i primi dati messi in luce da Roberto Orlandi, Presidente Collegio Nazionale degli Agrotecnici e degli Agrotecnici Laureati, “Se al cambiamento climatico evidente aggungiamo il fatto che sulla Terra oggi siamo 8 miliardi, diventermo 10 nel 2050 e come è giusto ciascuna di queste persone aspirerà a una adeguata qualità della vita a disporre di acqua pulita, di condizioni igieniche decorose, di cibo adeguato, di una casa e di un lavoro, comprendiamo meglo l’enormità della spinta antropica che da qui a pochi anni si raggiungerà sul pianeta”, ma anche la rapida dissoluzione delle previsioni sul riscaldamento globale. “Le previsioni basate sui dati scientifici del tempo, ipotizzavano che il rilascio dei gas climalteranti avrebbe provocato un aumento della temperatura sul pianeta di 0,50° ogni cento anni. Negli ultimi trent’anni invece abbiamo registrato un aumento di 1, 30 °, otto volte di più. L’Accordo di Parigi, sottoscritto da 195 nazioni, del 2016, prevedeva di limitare l’aumento della temperatura mondiale a un grado e mezzo annuo. Un dato già raggiunto e che stiamo per superare. Se non riusciremo a contenere la crescita della temperatura sotto i due gradi, due gradi e mezzo non oltre, la nostra civiltà sarebbe a rischio di compromissione, perlomeno come la conosciamo noi”.

Dunque, l’allarme che proviene dai parteipanti alla giornata dell’Accademia dei Georgofili non lascia adito a dubbi: bisogna intervenire celermente, perché siamo sull’orlo del baratro. Come? ” La sfida è epocale – dice ancora Orlandi – la si può vincere solo con una soluzione di sistema per ridurre le emissioni nocive, che comporta un pproccio scientifico globale e condiviso. Nel frattempo, bisogna mettere in atto azioni di adattamento, preventive, di mitigazione dei danni climatici. Queste possono essere applicate, mentre l’azione collettiva deve essere applicata al livello mondiale, dai singoli stati. Il settore agricolo forestale gioca un ruolo di primo attore, in questa sfida. Una sfida che enfatizza il ruolo degli scienziati, dei ricercatori e dei tecnici. I modelli produttivi saranno quelli che fanno la differenza: ad esempio, se non tutto può essere coltivato biologico, si sa però che questo tipo di coltivazione aumentando la percentuale di sostanza organica nel terreno , assorbe più C02 e l’assorbe più stabilmente. La sostenibilità delle produzioni infine non può essere soltanto ambientale; deve essere anche sociale ed economica. Se vogliamo riconoscere valore agli imprenditori virtuosi , è necessario avere strumenti condivisi, riconosciuti e presenti in normativa. Ovvero i parametri”.

Secondo la definizione della Fao, come ricorda il professor Lorenzo Gallo, del Collegio Nazionale degli Agrotecnici e degli Agrotecnici Laureati, i principi per definire l’agricoltura sostenibile sono 5: aumentare la produttività, l’occupazione e i valore aggiunto nei sistemi alimentari; proteggere le risorse naturali; migliorare i mezzi di sussistenza e favorire una crescita economica inclusiva; accrescere la resilienza di persone, comunità ed ecosistemi; adattare la governance alle nuove sfide.

L’aumento della produttività di cui parla il primo punto è concetto fondamentale: “In molti pensano che molti modelli di agricoltura sostenibile arrivino a una diminuzine della produttività. Ciò non è vero – dice Gallo – Nell’agricoltura sostenibile, l’aspetto dell’aumento della produttività è fondamentale”, anche perché, come detto prima, uno degli scopi è quello di supportar eun sistema di produzione di cibo che sostenga una popolazione mondiale in crescita costante.

Anche il concetto di resilienza è particolarmente importante, dal momento che è legato agli impatti che sul territorio e l’ambiente hanno i cambamenti climatici. E’ legato anche alla necessità di adattare la governance alle nuove sfide, vale a dire che le istituzioni e tutti coloro che hanno respnsabilità di governo e non solo, devono prendere coscienza di questa necessità e porre i provvedimenti fondamentali per poter affrontare i problemi.

In realtà, il concetto di sostenibilità è complesso, e comprende varie declinazioni: ambientale, economica e sociale. La sostenibilità ambientale si sostanzia nelle buone pratiche in tema di agricoltura e silvicoltura che sono il fulcro, nella Unione europea, per garantire che la protezione del pianeta e le produzioni alimentari possano convivere. Il profilo della sostenbilità sociale comprende la necessità di produrre cibi più sani, nutrienti e con il minore impatto possibile sulla salubrità dell’ambiente; promuovere e accrescere la resilienza di persone, comunità ed ecosistemi; promuovere l’importanza della conoscenza e dell’innovazione. La sostenbilità infine economica dovrebbe garantire la sussistenza degli agricoltori attraverso l’attuaizone di un sistema equo di sostegno al reddito e il conseguimento di una maggiore parità nella filiera agroalimentare; il legame fra sostegno del reddito e misure ambientali attraverso la condizionalità e i pagamenti diretti verdi, il sostegni dello sviluppo rurale per garantire che le pratiche e gli investimenti ambientali siano economicamente sostenibili per gli agricoltori.

Il concetto di di sostenibilità ambientale è diventata ormai necessità collettiva comune, come testimonia anche il Green Deal europeo, la strategia europea adottata nell’ambito della UE. “Per quanto riguarda in particolare il mondo agricolo, nello scenario legislativo del cambiamento climatico, particolare importanza assume la strategia del Farm to Fork, pietra angolare del Green Deal europeo, che si basa sui principi già illustrati e in particolare si volge al potenziamento dell’agricoltura biologica”, ricorda Gallo. Il Farm to Fork ha lo scopo di assicurare una produzione sostenibile degli alimenti che si sostanzia in 4 obiettivi: ridurre di almeno il 50 % la riduzione dei nutrienti nei suoli, grande problema mondiale che riguarda i suoli terrestri; ridurre del 20% l’uso dei fertilizzanti entro il 2030. Inoltre, sempre entro il 2030, un altro obiettivo è ridurre del 50% l’uso dei pesticidi chimici e anche, sempre del 50%, l’uso dei pesticidi più pericolosi. Ancora, troviamo l’obiettivo di ridure del 50% la vendita di sostanze antimicrobiche e quello di dedicare il 25% della superfice agricola all’agricoltura biologica entro il 2030. Si tratta di risposte che, come ben si comprende “da un lato valorizzano il ruolo dei tecnici, ma dall’altro mettono in luce la necessità di una formazione adeguata per gli agricoltori”, compresa la necessità di una digitalizzazione nella formazione che, in particolare rispetto alla scarsità delle precipitazioni ma non solo, comporti la possibilità di far pervenire nutrienti, acqua e altro in maniera mirata e non dispersiva. Anche perché le risorse primarie, dunque l’acqua in primis, scarseggia e scarseggerà sempre di più. Il fatto che ci troviamo in pieno cambiamento climatico, con il perdurare non solo di temperature che non rispettano più le stagioni cui eravamo abituati ma anche di una siccità sinistra, ci fa entrare in pieno nel climate change. Il cambiamento del clima ha tre aspetti fondamentali, che riguardano da un lato le conseguenze sui sistemi agricoli, dall’altro gli adattamenti necessari per fronteggiralo e le modalità, dall’altro ancora, il ruolo di mitigazione degli effetti che viene a svolgere il sistema agricolo.

I cambiamenti climatici si percepiscono anche in questi giorni, con l’avvento di periodi sempre più caldi, la diminuzione dei giorni freddi e delle temperature notturne pù fredde. “In particolare l’Italia si trova nel bel mezzo del Mediterraneo, le cui acque stanno diventando sempre più calde, fattore che influenza fortemente gli eventi metereologici e a lungo termine climatici – dice il professor Marco Bindi, Accademia dei Georgofili, Università degli Studi di Firenze – senza dimenticare che insieme a questo riscaldamento delle terre e del mare abbiamo anche variazioni degli eventi di precipitazione soprattutto in termini di distribuzione e di aumento di quelli che vengono chiamati eventi estremi, ma che ormai tanto estremi non sono più”.

Per quanto riguarda gli impatti sulla produzione agricola, “la tendenza prevista è la riduzione delle rese. Ai cambiamenti climatici quindi si lega l’abbassamento delle rese”, con gli aspetti disastrosi in termini di carestie e migrazioni per fame che conosciamo, Ma c’è anche un altro problema, incalza il professor Bindi, “quello delle fenologie, ovvero della confusione nei cicli delle piante indotta dai cambiamenti del tempo, oltre all ‘aspetto legato ai patogeni”. Le modalità per affrontare il problema, immediatamente, al netto della grande rivoluzione di pensiero, azione, cultura che deve essere fatta a livello mondiale, “sono una di breve termine, adattamento, e una di lungo termine, mitigazione”.

Adattamento e mitigazione vanno insieme. L’adattamento per essere efficace, deve essere sostenuto a livello aziendale. Gli adattamenti sono spesso strategie molto semplici, non nuove, ad esempio, per il mais, anticipare la data di semina, usare cultivar più resistenti, ma anche riposizionare, ad esempio, i vigneti. Il mitigamento ha molte facce, che vanno ad esempio dalle riduzioni delle emissioni, al sequestro di carbonio, ovvero “l’aumento della capacità dei terreni di catturare e trattenre il carbonio”. L’aspetto della sinergia è fondamentale, per non correre il rischio di utilizzare strategie tra loro non coerenti.

La politica europea del resto ha dato svariate indicazioni nei confronti della sostenbilità, in particolare con il già citato atto chiamato Green Deal, che contiene al suo interno uno dei pilastri della nuova rivoluzione culturale verde che dovrebbe stringere il pianeta, ovvero il Farm to Fork. “Nella comunità scientifica mondiale si parla sempre più di confini planetari che sono degli indicatori che danno l’idea dello stato di salute del pianeta, una sorta di “termometro del pianeta”. Sono stati individuati dieci diversi indicatori, tra cui il cambiamento climatico, l’ntensità della biosfera, i flussi biochimici di fosforo e azoto, ecc – dice il professor Gianluca Brunori, Accademia dei Georgofili, Università di Pisa – emerge che sei di questi sono non allineati, e si tocca con mano nello sfasament stagionale, nelle temperature, ecc”. La conseguenza di questo sfasamento è un monito profondo, un imperativo, “a rientrare in uno spazio operativo che sia sicuro per l’umanità e che comporti un’attenzione per le altre specie. Nel 2015 è stata prodotta un accordo, l’agenda 2030, che non solo identifica i confini planetari per quanto riguarda la biosfera, ma li declina a livello economico sociale, il che sigifica far rientrare in questo spazio di sicurezza anche le istanze sociali ed economiche”. Il che significa, in soldoni, zero fame, accesso per tutti alle risorse, all’acqua, alla possibilità di condurre, citando la nostra mal applicata Costituzione, “un’esistenza libera e dignitosa”. Ma si tratta anche di un problema che riguarda l’esistenza dell’umanità: se mettiamo a rischio la biosfera, non possiamo raggiungere nessun altro obiettivo.

Tanto più, incalza Brunori, che bisogna tenere conto non solo della biosfera, ma anche dell’impatto che il suo deterioramento ha sulle varie popolazioni umane. Che è un impatto disuguale: ad esempio, “se già l’aumento a 1.5 del riscaldamento globale produce impatti negativi sulla popolazione europea, per altre popolazioni, milioni di persone, significa, carestia, desertificazioone e fame. L’85% delle persone che sono esposte ai cambiamenti climatici provengono dai paesi più fragili”, con tutte le ovvie ricadute in termini di migrazione epocali e perdite di vite umane e non che ciò comporta. Per cui, bisogna capire come adattarsi, il che significa anche mettere a punto meccanismi economici che “pongano in grado le imprese di affrontare le trasformazioni con strumenti capaci di affrontare i cambiamenti”.. Il concetto chiave? ” Resilienza, ovvero la capacità, dopo essere caduti, di tornare allo stato iniziale in un tempo relativamente limitato”.

Tornando al Green Deal, grande spazio e importanza è dato alla biodiversità, che si traduce in “specie viventi e diversità delle specie viventi”. Per fare questo, ci vuole una strategia per le foreste che sono ambienti di molteplice diversità, e per gli altrettanto estesi campi di diversità che sono gli oceani. Per quanto riguarda l’agricoltura sostenibile, il suo sostanziamento concreto è nel passaggio ormai varie volte citato di Farm to Fork. Si tratta di un’operazione complessa, che mette in sinergia i cambiamenti che devono avvenire sia nel modo di produrre, che di distribuire che di consumare. “La transizione ecologica è un processo complesso e difficile, per compiere il quale servono molte risorse finanziarie ma anche nuove conoscenze – dice Bruonori – dobbiamo mobilitare nuove conoscenze in cui le tecnologie diventano fondamentali per il raggiungimento di questi obiettivi”, tanto che si parla di transizioni gemelle, quella green insieme a quella digitale. “Migliorare le nostre conoscenze con l’applicazione della digitalizzazione diventa una rivoluzione sinergica che aumenta la biodiversità. Una rivoluzione sul campo che diventa un ripensamento complessivo di tutta la filiera”. Senza dimenticare che il raggiungimento degli obiettivi passa attraverso l’innovazione, non solo tecnologica , ma anche sociale e istituzionale; sociale anche sotto il profilo dei comportamenti collettivi , e istituzionale per quanto riguarda l’atteggiamento delle istituzioni rispetto al tema.

Non è pochi anni, da quando si parla di sostenibilità, come ricorda il professor Marco Mazzoncini , Accademia dei Georgofili, Università di Pisa, anzi. “Dopo 32 anni da quando si cominciò a parlare di sostenibilità, siamo ancora qui a parlarne e poco s’è fatto. La questione dei rapporti fra agricoltura e ambiente sono più datati di quelli fra agricoltura e cambiamenti climatici”, ma in ogni caso una cosa non cambia: l’approccio richiesto è un approccio integrato di sistema, un sistema globale. “Anche papa Francesco sprona i governi a fare di più e a fare presto – dice Mazzoncini – ci sono state tecniche agronomiche che hanno compromesso le capacità di produzione dei suoli terrestri. Dagli anni ’60 in poi del secolo scorso, è dilagata la monocoltura collegata a un massiccio uso di mezzi tecnici responsabili di emissioni dirette e indirette di gas a effetti serra. Dalla metà degli anni 70 ai primi del 2000, è stata quidi messa un’intensificazione colturale ha avuto un forte impatto sulla fertilità del suolo”.

I dati sono impietosi: “I terreni agricoli del mondo hanno perso dal 25 al 75% del loro carbonio organico originario in relazione alle condizioni climatiche, pedologiche e gestionali”.Per l’Italia la situazione è meno pesante, s aggira verso l’1%, “mentre in Toscana, secondo misurazioni effettuate da Uni versità di Pisa, siamo allo 0,09- 0,11%”. Altri fenomeni che stanno investendo fortemente il mondo agricolo in termini di perdita di ettari e cali della produzione, sono da un lato l’erosione e dall’altro la salinizzaizone dei terreni. “La sola erosione, che coinvolge direttamente la Toscana come zona prevalentemente collinare, riguarda il 45% dei terreni agricoli del mondo, per un totale di 30 milioni di ettari all’anno persi irrimediabilemnte” . Per tirare le fila, un’agricoltura più sostenibile riguarda in buona parte la realizzazione di alcuni step ineliminabili, a partire dall’incremento dell’efficienza delle pratiche agricole convenzional al fine di ridurre l’uso di mezzi tecnici costosi, di origine non rinovabile e potenzialmente dannosi per l’ambiente, la sostituzione di pratiche agricole convenzionali con altre, alternative, a basso impatto ambientale, ma anche la necessità di ridisegnare gli agroecosistemi in modo che il loro funzionamento si basi maggiormente sui processi naturali. Inoltre, è necessario, proprio per quella sostenibilità complessa,ambientale ed economico-sociale di cui si parlava, ristabilire una connessione più diretta fra chi produce (allevatori e agricoltori) e chi consuma, e costruire un nuovo sistema alimentare globale fondato su equanimità, partecipazione e giustizia, capace di contribuire a ristabilire e proteggere i sistemi ecologici che supportano la vita sulla terra.

Foto di Luca Grillandini

Total
0
Condivisioni
Prec.
Musica e intelligenza artificiale: per ora la macchina è brava solo nel pop

Musica e intelligenza artificiale: per ora la macchina è brava solo nel pop

Secondo il compositore Meistro l'IA è un potenziale che darà risultati brillanti

Succ.
Saint Tropez, quando la bellezza diventa esclusiva per i super ricchi

Saint Tropez, quando la bellezza diventa esclusiva per i super ricchi

Il denaro smodato ha preso di mira quel lembo famoso di Francia

You May Also Like
Total
0
Condividi