L’agricoltura del futuro? Sta di casa a Mondeggi

Bagno a Ripoli (Firenze) – La Tre giorni di Mondeggi, tre giorni per proporre alla comunità, alla Regione, all’Italia, il progetto, credibile e fattibile, di un mondo nuovo. Nuovo per l’agricoltura sostenibile e “multifunzionale”, nuovo per l’organizzazione sociale, nuovo per l’approccio alla terra. Nuovo, eppure che ricorda l’antico, il sapere contadino trasmesso per generazioni. Ecco, Mondeggi, quando s’è svegliata per dire no a una vendita all’asta che vien vissuta come offesa bruciante al territorio e alla gente, ha scoperto di possedere tre cose: le competenze per progettare una modalità alternativa di uso della terra, una comunità territoriale per cui rappresenta un riferimento identificante, una forza-lavoro e idee fatta di ragazzi in grado di occuparsi dello sviluppo del progetto. In più, una comunità nazionale in grado di supportare e seguire con sostegno e interesse l’esperimento. Insomma, Mondeggi ha scoperto di avere un futuro. A dispetto dell’asta.

 

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Stamp in viaggio

Così, dopo aver studiato l’appello, oltre alla Carta in cui Mondeggi Bene comune (il pool di studiosi, studenti, cittadini, movimenti, ex-contadini e contadini attuali che ha avviato il progetto insieme al movimento nazionale Genuino clandestino e Terra Bene comune), ha voluto mettere nero su bianco i principi e le idee cui si ispira, Stamp ha raccolto penna, taccuino e macchina fotografica ed è andato a vedere di cosa si tratta. Dal vero e dal vivo. E arriva, in una mattina calda e tersa, mentre si tengono due assemblee, che sono il vero strumento di decisione e proposta, quelle in cui si “quagliano” posizioni e obiettivi per una trattativa con gli enti pubblici che nessuno vuole esasperare, in quanto si vorrebbero basate sul valore di un progetto che guarda al futuro e che dovrebbe parlare chiaro a una Regione e ad enti toscani che hanno fatto di agricoltura sostenibile, formazione, arte del coltivare come innovazione a tutto tondo, i punti focali della loro azione sul territorio. Almeno, stando a dichiarazioni e intenti.

 

 

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 Con l’urbanista Daniela Poli

E di cosa è e potrebbe essere Mondeggi ne parliamo con Daniela Poli,  docente presso la facoltà di architettura di Firenze, urbanista, si  occupa fra le altre cose di paesaggio e trasformazione, una delle più  attive del pool di docenti e studiosi che hanno “lanciato” l’appello di  Mondeggi, sottoscritto da un numero impressionante di gruppi,  movimenti, studiosi italiani e che ha avuto risonanza anche  all’estero. Ed è proprio lei a riassumere brevemente per Stamp le  caratteristiche di un progetto “inclusivo” che esprime una  potenzialità innovativa che va molto oltre le classiche occupazioni di terre finora avvenute.

 

 

Il ritorno alla terra galline e oche

“Intanto è importante sottolineare – dice Poli – che la vicenda di Mondeggi si iscrive in un momento storico particolare, in cui alla crisi incalzante fa riscontro una necessità forte di “ritorno alla terra” espresso particolarmente dalle nuove generazioni, sempre più interessate a questo tipo di attività. Un ritorno che ha caratteristiche nuove proprio in consonanza con il periodo storico che viviamo: tematiche come la sovranità alimentare, la proprietà pubblica dei semi, la sostenibilità, la multifunzionalità e multiproduttività dell’attività agricola sono proprie del nuovo “corso” delle cose. In tutto questo, il “caso” Mondeggi si evidenzia perché vede la fortunata coincidenze di caratteristiche che solitamente è molto difficile mettere insieme: dalle competenze, alla comunità coesa, al riscontro territoriale. Tutto ciò ne fa un progetto propositivo credibile e forte, innovativo sotto tutti gli aspetti”.

 

 

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Fra “privato” e “pubblico” ….  Bene comune

Così innovativo da diventare anche esperienza simbolo per ampliare la categoria concettuale dei beni stessi: oltre a privati e pubblici, “comuni”. Cosa significa? “In buona sostanza, Mondeggi può essere il mezzo per reintrodurre una categoria di beni schiacciata storicamente fra stato e mercato. Vale a dire, il bene “comune”. Cosa vuol dire? Intanto, il valore d’uso prevale rispetto alla proprietà-titolarità per identificare il bene. Una valenza che si esprime in concreto nelle consuetudini e nelle gestioni comunitarie. Una modalità che nel momento storico odierno assicura, come successo in passato, da un lato sostentamento per ampie fasce di popolazione, dall’altro la conservazione della risorsa. Esempi? A livello agricolo, la gestione comune di boschi, acque, pascolo, pratiche agricole, più l’allargamento odierno del ventaglio di risorse compatibili con questa modalità di gestione: ad esempio spazio pubblico, istituzioni culturali, diverse attività produttive. Mondeggi può divenire esempio concreto”. Ma questo è “solo” un punto d’avvio. Il progetto infatti, che si può ritrovare in rete, è una vera e propria miniera di soluzioni, proposizioni, mini-progetti interni che hanno dalla loro credibilità e fattualità. E circa la fattualità, il primo punto che Mondeggi Bene comune ha cercato di risolvere, ancora prima della ristrutturazione agricola, è quello della commercializzazione e delle unità operative. Vale a dire: a chi vendere e chi ci lavora.

 

 

mondeggi fattoria senza padroni

 La comunità territoriale

Ma il gruppo è composito, le voci differenziate. C’è ad esempio  Stefano, un residente nella zona, che non può accettare l’idea che un  bene della comunità, perché così è sempre stato recepito da queste  parti, possa essere interdetto all’uso della comunità: “Quand’ero  piccolo si venivano a comprare i prodotti di fattoria – ricorda – mio  nonno trovava i funghi nelle sue passeggiate nel Parco”. C’è un  contadino anziano e cotto dal sole che mormora, guardando gli olivi  senza potature, abbandonati da oltre 5 anni, che stentano: “son degli  assassini, non si può lasciare tutto così”. C’è anche l’ex-sindaco, da  pochi mesi sostituito dalle “nuove leve”, di Bagno a Ripoli, Luciano  Bartolini, sotto la cui sindacatura il consiglio comunale riunito stabilì all’unanimità lo stop alla vendita di Mondeggi. E ha le idee chiare, Bartolini: “si tratta di un esperimento molto interessante, che, per avere una sua continuità, deve anche reggersi su una veste giuridica, anche se minima, che consenta l’interlocuzione ad esempio con la Regione”.

Perché è questa l’idea dell’ex-sindaco: partendo dalla villa, si potrebbe mettere in funzione un polo di formazione di eccellenza, con una cura a tutto tondo di quella che è una cultura della coltivazione rivolta alla commercializzazione, alle tecniche agricole innovative, al risvolto culinario e alimentare. Mentre nei 200 ha della tenuta si potrebbero differenziare spazi con destinazione in parte alla sperimentazione di nuove forme di gestione, commercializzazione e colturali, mentre in altre parti si potrebbe dare voce alle richieste dei contadini della zona per uso con affitti ragionevoli. “Il tutto, organizzato attraverso un bando regionale”. Già, perché la Provincia, vera e propria matrigna, fra gli ultimi atti approvati prima di sciogliersi ha dato il via proprio all’asta, quell’asta vissuta come un latrocinio immotivato da parte della gente di qui e una profonda ingiustizia per tutti. Una valenza, quella della giustizia, che accomuna anche molti fra gli studenti e i ragazzi che sono sul terreno, che lavorano quella generosa e bellissima terra toscana. Così, anche un’altra voce emerge, quella di Ornella De Zordo, che Stamp incontra in una delle assemblee, che mette l’accento sullo spostamento del confine fra l’occupazione di terra e la comunità progettuale, il presidio contadino sostenuto dalla comunità locale e nazionale.

 

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 Oggi, domenica 29 giugno, la tre giorni di Mondeggi chiude.  Ma è appena cominciata un’esperienza che porta una boccata di  futuro, rigenerante e finalmente positivo, fra le incantevoli colline  del Chianti. Chissà se si vorrà tenerne conto.

                                                                                   

       foto di Cesare d’Agliana

mappa del progetto

 

 

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