Molte concause hanno contribuito a sortirne l’ effetto. Non ultima lo slittamento delle data di inaugurazione dal 15 al 18 – (ufficialmente a causa dei materiali relativi allo smaltimento dei recenti lavori per rimuovere l’amianto dal soffitto) – o anche un interesse un po’ appannato per una produzione già vista pochi anni fa. Sta di fatto che l’inaugurazione della nuova Stagione è apparsa, già dall’arrivo al foyer, in tono minore. Un parterre sguarnito di celebrità e, all’entrata, una sorta di scena patibolare, con alcuni dei dieci lavoratori che hanno ricevuto le lettere di licenziamento inerpicati su sedie, incappucciati e vestiti di nero come condannati in attesa di giudizio. Una metafora consona al tenore del volantino distribuito al pubblico, nel quale si spiegavano le ragioni della protesta.
Sta di fatto che tutti questi eventi non hanno portato un gran bene alla remise en scene di Valchiria. Non che qualcosa sia andato storto. Il meccanismo collaudato di uno spettacolo affascinante e innovativo, tecnicamente spettacolare come quello inventato nel 2007 dalla Fura dels Baus, ha indubbiamente tenuto in tutta la sua efficacia ma lo smalto sonoro che l’opera wagneriana riesce a suscitare nelle sue più riuscite rese sonore è apparso in gran parte appannato.
Certo che anche i continui cambiamenti tra l’acustica magniloquente del Nuovo Teatro dell’Opera e quella sorda e attutita del Teatro Comunale , possono creare un’attenzione particolare verso l’aspetto timbrico da parte di chi ascolta a causa del confronto fra le due locazioni. Messo questo nel conto, insieme alle difficoltà logistiche dell’orchestra, continuamente spostata da un luogo all’altro a causa dei lavori, appaiono allora intellegibili anche quelle sfasature e quell’assenza di amalgama sonoro tra le varie parti dell’orchestra che è stato un po’ il leitmotive dell’intera serata.
Il maestro Zubin Mehta ha tenuto saldamente il comando facendo interloquire con perfetta coerenza scena e buca dell’orchestra, in particolare sottolineando le parti più “private” e intime del dramma con gli strumenti solisti che con grande efficacia incastonano le arie e i duetti dei protagonisti .
Tra il cast dei cantanti da sottolineare la bella prova di Jennifer Wilson , una Brunnhilde insieme dolce e decisa, autorevole nell’impervia parte vocale. Anche il Wotan di Juha Uusitalo (entrambi erano i protagonisti anche nel 2007) mantiene quella dolente espressività che caratterizza questa eccentrica divinità wagneriana sempre in contrasto con se stessa. La parte comprende parti solistiche lunghissime e anche il collaudato Uusitalo arriva all’ultimo atto sensibilmente provato.
La coppia Siegmund, Sieglinde , protagonista nel primo atto, recita con efficacia ma Erik Nelson Werner, pur con una voce dal bel timbro, mostra alcune incertezze di intonazione e Elena Pankretova , specularmente, fa buon uso della tecnica vocale all’interno di una timbrica di discutibile gradevolezza. Buona prova vocale per Stephen Milling (Hunding) e Daniela Denschlag (Fricka) . Successo di pubblico, in una serata dalla temperatura gelida, che poi, dopo quattro ore di musica, tre atti e due intervalli, si è conclusa con tutta l’orchestra sul palcoscenico chiamata festosamente alla ribalta insieme al maestro Metha a raccogliere i meritati applausi per l’esito di un lavoro di così grande complessità.