Massimiliano Manzotti
Nell’articolo precedente ho citato Selman Abraham Waksman, nato a Pryluky, cittadina ucraina a un centinaio di chilometri a est di Kyev, nel 1888 e morto a Woods Hole (Massachusetts) nel 1973, microbiologo russo naturalizzato statunitense e Premio Nobel nel 1952, scopritore della streptomicina. Grazie a questo scienziato, dal 1943, è iniziata una nuova storia per milioni di malati. L’altra pietra miliare è il 1882, allorché un medico batteriologo tedesco Heinrich Hermann Robert Koch nato a Clausthal Zellerfeld nel 1843 e morto a Baden Baden nel 1910, isolò per la prima volta e riconobbe come agente causale il germe che ha poi preso il suo nome. E’stato insignito del Premio Nobel nel 1905.
Ancor oggi tuttavia la tubercolosi è un’emergenza planetaria, e non soltanto per i numeri: ormai tutti sanno che i soggetti infettati, i malati e i morti per tbc sono in continua crescita in tutti i Continenti. Si stimano ogni anno 10 milioni di nuovi casi e tre milioni di morti. L’AIDS è un ulteriore elemento che ha contribuito a peggiorare il quadro epidemiologico e i contagi soprattutto nel Terzo Mondo. L’emergenza che preoccupa sono ancora una volta le resistenze sviluppatesi a uno o più farmaci antitubercolari. Spesso sulle pagine dei nostri quotidiani locali leggiamo titoli in cui si scrive di un bambino colpito a scuola o di possibili fenomeni di trasmissione in varie comunità.
Cercheremo allora di fare un po’ di chiarezza su un pericolo fortunatamente raro nella nostra realtà, ma sempre incombente.
La tubercolosi è una malattia infettiva causata da un germe, il bacillo di Koch (Mycobacterium tuberculosis), che si trasmette da un soggetto all’altro per via aerea, come avviene per l’influenza o il raffreddore. Per fortuna il contagio è piuttosto raro e dipende da vari fattori come il numero di germi emessi dal malato con i colpi di tosse, dalla risposta individuale di ognuno di noi e dalle condizioni cliniche di quel momento, cioè se una persona è in perfetto benessere psicofisico o in stato di particolare debolezza. Molto rare sono altre forme di trasmissione, ad esempio la via digestiva. Nella maggior parte dei casi le goccioline emesse con la tosse dai malati e contenenti i microbi arrivano al nostro organismo penetrando nell’albero respiratorio. A questo punto si può creare la “prima infezione” che però non è malattia. Cioè le nostre difese immunitarie creano una barriera difensiva nei confronti dell’aggressore. Si badi bene che in questo caso non sono gli anticorpi, come nelle solite malattie infettive a entrare in azione, ma una popolazione di cellule del sangue che si chiamano linfociti. Questa manovra difensiva fa sì che i germi penetrati vengano isolati e messi in condizione di non nuocere all’interno di un piccolo nucleo calcifico che chiamiamo “complesso primario” appunto perché è la prima tappa di un percorso. Il più delle volte è anche l’ultima e l’unico segno di sé sarà la reazione positiva alla tubercolina quando si è sottoposti all’esame alla Mantoux o Tine Test. La positività è il segno dell’avvenuto contatto con il micobatterio. Però può succedere che alcuni germi possano rimanere inglobati in questo nocciolo e sono “murati vivi” dal sistema difensivo. In casi particolari i batteri possono risvegliarsi e causare la malattia vera e propria con le conseguenze, a volte molto gravi, proprie della tubercolosi. Ecco perché quando si fa il test tubercolinico, se da negativo diventa positivo, è prudente iniziare un ciclo di profilassi per tre o sei mesi per evitare la persistenza di germi potenzialmente pericolosi all’interno del nostro corpo.
In circostanze particolarmente sfortunate la malattia può prendere il sopravvento e allora non resta che iniziare la terapia vera e propria. La diagnosi è suggerita spesso dalle condizioni cliniche del soggetto colpito. Tosse, febbricola, dimagrimento sono i sintomi che generalmente conducono a sospettare la malattia. Si procede poi con le radiografie del torace e con la ricerca del bacillo di Koch nell’espettorato. Quando si conferma lo stato di malattia si deve iniziare subito una terapia con almeno tre o quattro antibiotici contemporaneamente per prevenire le resistenze e raggiungere i focolai di infezione. L’organo più colpito è il polmone, ma anche ossa, reni, meningi possono essere coinvolte dalla diffusione del germe. Nel primo periodo è opportuno tenere in isolamento l’ammalato, ma dopo quindici giorni di terapia non vi è più pericolo di contagio, ma la cura deve essere condotta per nove mesi .
La tubercolosi come abbiamo visto è una malattia complessa per le particolari caratteristiche del micobatterio che si comporta in modo completamente diverso dai suoi colleghi batteri. Questa infezione, che sembrava completamente debellata alla fine degli anni settanta, ha preso invece la sua rivincita sia a causa dell’AIDS sia per l’abbassamento della guardia da parte del mondo medico dopo il 1985. I pericoli maggiori di oggi sono la comparsa di ceppi multiresistenti ai farmaci sinora usati e la mancanza di investimenti per la ricerca di nuove molecole. Inoltre gli alti costi delle terapie sono un grave ostacolo a curare adeguatamente i malati soprattutto per i Paesi in via di sviluppo e questo inevitabilmente favorisce la diffusione della tubercolosi in tutto il mondo.