La transizione ecologica prepara la città del futuro

Per Cinzia Bellone essenziale la partecipazione dei cittadini

Cinzia Bellone  è professore di Tecnica Urbanistica al Dipartimento di Ingegneria della Sostenibilità dell’Università Guglielmo Marconi; è stata professore a contratto della Facoltà di Architettura “Ludovico Quaroni” dell’Università di Roma “La Sapienza”, consulente della Provincia di Roma per la redazione del PTCP (1998) e consulente della Provincia di Frosinone per la redazione del PTPG (2000–2004). Specializzata in Pianificazione Urbanistica, si presenta alle prossime elezioni regionali del Lazio nella lista del Psi. 

Il libro “I Prati del popolo romano”, presentato recentemente a Roma e che contiene un suo intervento, ribadisce il principio della partecipazione nell’urbanistica. Cosa significa in concreto?

Le pratiche partecipative dei cittadini, sempre più diffuse, indicano un altro modo di raggiungere soluzioni rispetto ai percorsi tipici della politica. Questa novità investe pienamente l’urbanistica, e a buon diritto,  perché questa materia è divenuta recentemente oggetto di trattativa tra eletti e cittadini oltre che tra politica e cultori della risorsa territorio.Tra i due approcci c’è però una differenza sostanziale. Mentre quello della politica tende a stabilire la supremazia di un partito a scapito degli altri, per i cittadini l’analisi di una questione urbanistica riguardante i propri ambiti di vita, conduce naturalmente all’accordo, alla coesione. Nulla viene sacrificato all’ideologia o alle ragioni della convenienza politica.

Io preferisco questo secondo modo di considerare l’ambito urbano, perché in qualche modo, aspira ad creare un contrappeso al governo degli eletti, che possono essere lontani dai problemi dei residenti. I luoghi sono “competenza” delle persone che li vivono. I cittadini hanno pieno diritto di contare, e il loro intervento è sempre a garanzia della qualità e dell’appropriatezza delle trasformazioni della città. Tale pensiero rientra ovviamente nell’ideologia socialista di Urbanistica, dove i diritti dei cittadini devono essere garantiti prima di ogni altra  scelta.

Cosa si intende quando si parla di urbanistica socialista?

Si fa riferimento ad un importante periodo storico di riformismo che ha disegnato e segnato il disegno urbano del territorio e delle città. Molte leggi furono emanate in questo periodo : la Legge Ponte, la Legge 865/1971, e ci furono una serie di proposte di legge per i piani territoriali, per il contenimento del consumo di suolo,  per la salvaguardia dei parchi.

La visione socialdemocratica in quegli anni determinò la politica urbanistica in atto per tutelare, nel momento del boom economico del Secondo dopoguerra, il territorio dalla speculazione sulle rendite fondiarie. Il dibattito culturale si aggirava intorno all’Istituto Nazionale di Urbanistica (INU) diretto all’epoca da importanti urbanisti come Giovanni Astengo, Marco Romano e Bruno Zevi, e a grandi amministratori/progettisti locali come Luigi Piccinato.

La tradizione Urbanista ha visto ancora altri urbanisti importanti negli anni successivi ed io qui voglio ricordare il prof. Umberto De Martino (io sono stata sua allieva quando era professore di Urbanistica alla Sapienza) che da Assessore all’Urbanistica della Provincia di Roma riuscì a varare il Piano Territoriale di coordinamento della Provincia di Roma, all’interno degli uffici tecnici della Provincia stessa, ottenendo una grande visione coesa delle azioni da attuare. Alcune delle idee contenute in quel Piano (ad esempio la creazione di trasversali nel territorio dell’Area Metropolitana di Roma, come la Cisterna -Valmontone) sono ancora oggi “cavalli di battaglia” delle future nuove amministrazioni.  

Come si dovrebbero sviluppare le città del futuro secondo lei, e quanto peseranno fattori come il cambiamento climatico, l’evoluzione delle tecnologie, il cambiamento delle reti di comunicazione, l’irrompere di usi sociali anche molto diversi rispetto al passato?

Le città, le grandi concentrazioni metropolitane in tutto il mondo sono considerate gli ambiti di maggiore produzione dell’inquinamento. Quindi è chiaro che da qui occorre ripartire. Come sappiamo, traffico e riscaldamento sono tra le componenti più significative del fenomeno. In Italia, a Roma, si sta tentando di promuovere un modo di spostarsi basato su nuove fonti, come l’elettrico, e anche di trasferire una quota della domanda di trasporto sulla bicicletta e su percorsi pedonali. Per il riscaldamento sono in atto provvedimenti di ristrutturazione del patrimonio edilizio.

Ma la transizione ecologica ci chiede di più. Arrivo a dire che quasi bisogna partire dalla dieta, da quello che mangiamo. Ormai sappiamo tutti quanto sia diverso il fabbisogno energetico per produrre i vari cibi che arrivano sulla nostra tavola, e come sia necessario operare delle distinzioni.

Per quanto riguarda la città, la transizione ecologica è una grande opportunità per fondare un modo nuovo e più consapevole di stare insieme. Penso perciò che, oltre agli interventi generali cui sopra si faceva cenno, bisogna varare anche progetti complessi che intervengano nel cuore delle periferie, luoghi disordinati e trascurati, dove la bassa qualità di vita, paradossalmente, domanda più energia che altrove. Mi riferisco  non solo alle periferie romane, ma anche la fascia continua di edificato che si posiziona lungo le nostre coste.

L’urbanistica sarà chiamata a indirizzare lo sviluppo della nuova città, ma chi deciderà sulle linee di indirizzo, nel senso: quanta voce in capitolo hanno gli urbanisti? Pensa che si possa riuscire ad allargare il centro decisionale attraverso l’urbanistica partecipata?

L’urbanistica disciplina i modi concreti con cui una società crea rapporti tra le persone, all’interno del proprio territorio e della propria storia. Da donna, mi viene istintivamente di pensarla come la competenza con cui una madre pone un bambino nella propria culla e nella propria cameretta.

Fuori di metafora, credo che solo la sanità possa vantare un influsso sulle persone che superi quello dell’urbanistica. La responsabilità della Regione in questo campo è enorme. Penso alle conoscenze necessarie per fondare e aggiornare il quadro territoriale del Lazio, alle sue varie componenti, i boschi, le aree agricole, il rischio idrogeologico, le tracce della storia. Penso alla ricerca e all’innovazione. Penso alle relazioni tra le città del Lazio, al ruolo di Roma, alle relazioni con il contesto europeo. Occorre secondo me, creare un forte rapporto con i Comuni, l’Autorità  Metropolitana di Roma, con il suo Comune per stabilire un nuovo patto economico e sociale che veda nel nostro territorio regionale il propulsore di uno sviluppo non solo sostenibile, ma anche sfidante nella qualità.

Lei sta affrontando anche una dura campagna elettorale, come candidata alle elezioni regionali nelle liste del Psi collocata al secondo posto sia nella lista di Roma e città metropolitana che in quella di Frosinone. Se sarà eletta, cosa metterà nella sua lista delle priorità?

Sono una docente universitaria di urbanistica e il mio approccio nei confronti del territorio non può che essere di tipo conoscitivo. Solo inizialmente però. Non intendo promuovere approfondimenti fini a sé stessi. Proprio la transizione ecologica, di cui dicevamo prima, impone una rivisitazione del nostro bagaglio di nozioni sul territorio e un aggiornamento su quello che al territorio chiediamo. Penso che la tutela dell’energia sia una nuova chiave di lettura delle relazioni che il Lazio ospita nei grandi settori dell’ambiente, dell’agricoltura, dell’industria e dei servizi, nel disciplinamento della residenza. Mi piacerebbe appurare in che stato si trova la strumentazione urbanistica. I piani regolatori hanno svolto il loro compito in modo soddisfacente? Quanto tempo ci vuole a rinnovarli? Ma accanto a questi interrogativi, mi piacerebbe che gli erogatori dei grandi servizi, i responsabili della mobilità, i responsabili dello smaltimento dei rifiuti (e trascuro mille altri soggetti), si trovassero a convergere sulla stesura di un nuovo grande piano di sviluppo socioeconomico e territoriale della nostra Regione.

In foto Cinzia Bellone

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