Il Trovatore è un’opera troppo bella per una prima della stagione teatrale. Avrei preferito una sfinente “Europa riconosciuta” o le quattro ore abbondanti di Tristano e Isotta, al solo scopo di temprare i presenzialisti delle prime e le rappresentanze istituzionali.
La rappresentazione andata in scena venerdì 27 ottobre al teatro Valli può certo dirsi all’altezza di una prima, nel complesso senza entusiasmi ma anche senza pecche clamorose e assordanti stonature.
La mia opinione è che le perle nere di questo Trovatore sono state due. Una regia alquanto naif la prima. Ho apprezzato molto che si sia scelta una messa in scena didascalica e fedele alle necessità rappresentative, con un impianto scenico funzionale e non privo di fascino. Tuttavia l’impressione generale non è stata priva di una certa ingenuità generale. I gitani sembravano aver preso in prestito i costumi da un Nabucco. Le coreografie belliche – con tanto di mezzi busti denudati – erano tenere, più che cruente e le dinamiche sceniche degne delle migliori fiction televisive. Critiche assai più severe del necessario, invero, che la resa complessiva non andava certo a minare la godibilità dell’opera.
Generalmente poco apprezzato alla prima – da una certa parte del pubblico, quello non citato nelle prime righe di questa recensione – il Conte di Luna Vittorio Vitelli, baritono risultato a volte poco preciso.
Menzione speciale per le protagoniste femminili. Vittoria Yeo è stata una Leonora molto applaudita e giustamente. Ha un ottimo timbro e un apprezzabile controllo che ha regalato all’interpretazione di un personaggio musicalmente bellissimo una riuscita senza impicci, senza pecche e che ha reso giustizia allo stupendo flusso sonoro della partitura. Forse un po’ leggera, come soprano lirico, forse non potente come potrebbe essere Leonora, ma comunque un’ottima interpretazione.
Apprezzata anche il mezzosoprano Silvia Beltrami, bolognese doc (si sentiva dalle “Z”) che ha saputo dare un’interpretazione ottima della zingara, sia dal punto di vista canoro sia scenico, evidenziando in ogni sua espressività gli aspetti anche onirici di questo personaggio, regalando grande sostanza vocale (precisione ed estensione) insieme ad un’ottima presenza scenica.