La stupidità cresce nel mondo, solo una nuova idea di cultura può fermarla

Il saggio di Armando Massarenti, giornalista e filosofo della scienza

Il più noto e il più amato trattato sulla stupidità l’ha scritto Carlo Maria Cipolla, grande storico dell’economia:  la stupidità è “una delle più potenti e oscure forze che impediscono  la crescita del benessere e della felicità”, afferma nell’ironico ma sapiente saggio  “Le leggi fondamentali della stupidità umana”.

Sul tema si sono  esercitati sociologi, filosofi, esperti di scienze cognitive, anche perché negli ultimi venti anni si è constata un’inversione di tendenza del celebre “effetto Flynn”, secondo il quale i punteggi del test che misura il quoziente di intelligenza, migliorano da oltre un secolo e in ogni parte del mondo  in media di tre punti al decennio.

Cosa è accaduto? Perché il tasso di intelligenza regredisce andando a infoltire la già imponente massa degli stupidi? Non ci sono voluti sofisticati ragionamenti ad Armando Massarenti, giornalista e filosofo della scienza, appassionato difensore e diffusore del pensiero critico (vedi “La pandemia dei dati”,  scritto nel 2021 con Antonietta Mira), per rispondere a queste domande in un saggio consigliabile a tutti coloro che non si rassegnano a darla vinta alle “potenti  e oscure forze” di Cipolla.

“I segnali di un imbarbarimento complessivo della sfera della discussione pubblica – comunque la si intenda e quali che siano i media coinvolti : tv, giornali, social network sono assai visibili”, scrive nella prefazione del libro “Come siamo diventati stupidi – Una immodesta proposta per tornare intelligenti” , pubblicato da Guerini e Associati nel 2024. Tutti noi abbiamo “ l’esperienza quotidiana di banalità, pregiudizi, spacconate, falsità, tutto ciò che contribuisce all’impoverimento delle nostre facoltà mentali”.

L’analisi dell’autore, condotta brillantemente su più registri, con riferimenti anche alla cultura pop (per esempio, la citazione di una delle più gustose battute di Altan “Mi vengono in mente opinioni che non condivido”) procede su tre filoni. Da un parte le riflessioni dei più accreditati scienziati e intellettuali, tra i quali coloro che hanno elaborato gli strumenti per misurare l’intelligenza come il discusso QI. Analizzando storicamente i risultati del test, il ricercatore neozelandese James R. Flynn ha formalizzato il suo “effetto” , “caso esemplare di lettura critica dei dati, attenta a evitare le classiche fallacie della loro analisi e del ragionamento probabilistico”, commenta l’autore. Misurazioni, tuttavia, che fra gli altri Hans Magnus Enzensberger , uno dei più importanti intellettuali tedeschi del dopoguerra, considera una chimera “perché la verità è che non siamo abbastanza intelligenti per capire cos’è l’intelligenza”.

Il secondo filone passa in rassegna i grandi del pensiero critico nato nel secolo dei Lumi interpreti e fondatori delle società in senso liberale e democratico, coloro che hanno contribuito a porre alla base delle costituzioni moderne le libertà e i diritti dell’individuo.

Il terzo filone riguarda, infine, tutto ciò che negli ultimi anni contribuisce a spingere l’intelligenza verso il baratro della stupidità. In particolare gli strumenti prodotti dalla rivoluzione digitale da Internet, ai social, agli smartphone.  Massarenti riporta i giudizi degli studiosi che analizzano gli attuali effetti sulla psiche umana a partire dalla icastica definizione di Umberto Eco: “Il dramma di Internet è che ha promosso lo scemo del villaggio a portare di verità”. Con tutti i vantaggi e le opportunità che hanno offerto, i  social media producono però conseguenze negative su ciò che è alla base dell’intelligenza (e del comportamento razionale, dato che si può essere intelligenti senza essere razionali come dimostrano le false credenze di grandi intelligenze come quella di Kurt Goedel, fondatore della logica matematica, che credeva nei fantasmi).

L’intelligenza si nutre di confronto, di dialogo, di continua messa alla prova dei fatti e delle interpretazioni , esattamente ciò che sostanzia il metodo scientifico. I social invece creano pregiudizi, bias cognitivi: “Le persone cercano costantemente informazioni che confermino le loro opinioni politiche”, dato che l’algoritmo delle piattaforme digitali, personalizzando i contenuti in base agli interessi degli utenti ,può amplificare enormemente questo processo”. Ciascun utente vive come in una bolla che respinge  idee, interpretazioni, visioni, persino i fatti acclarati e certificati, che non corrispondono alle sue convinzioni. Da qui il tribalismo, cioè la riaffermazione ossessiva dell’identità di gruppo, il contagio emotivo, i linciaggi virtuali e le cosiddette “bugie blu” dette a nome di una categoria di persone, un altro nome delle fake news che contaminano l’informazione fattuale, corretta e leale.

Tuttavia anche i media tradizionali fanno la loro parte nel promuovere lo stupidario alla “Bouvard e Pécuchet” (il tentativo di Flaubert di mettere alla berlina gli effetti dei pregiudizi e dei luoghi comuni), per il fatto che per ragioni editoriali sempre più cogenti  veicolano una “concezione iper-drammatica del mondo che finisce per offuscare la percezione dei problemi reali”.

Quale sarà l’effetto dell’arrivo  (con trombe e fanfare) dell’Intelligenza artificiale generativa che l’autore mette in difficoltà con i suoi esperimenti linguistici? Il suo limite attuale dipende dal fatto che non sa far convivere logica e apprendimento dai dati : “Anche se i risultati dell’IA ci paiono del tutto umani , il modo in cui vengono raggiunti non ha nulla a che vedere con l’intelligenza umana”, scrive. Perché, aggiunge citando Nello Cristianini,  “dimostrare intelligenza non  significa assomigliare agli esseri  umani, ma essere capaci di comportarsi in modo efficace in situazioni nuove”. L’IA per ora è “una grande illusionista” che mette in scena più retorica che logica.

Un ambiente comunicativo sempre più ostile all’intelligenza è pertanto all’origine dei fenomeni di polarizzazione  delle opinioni politiche che affliggono anche luoghi come le università, nelle quali dovrebbe regnare la ricerca comune della verità,  l’interrogarsi e il dubitare:  “La polarizzazione quando è esasperata dai media fino a trasformarsi in esibizionismo fine a se stesso è il principale nemico della nostra intelligenza”. La verità si raggiunge nel confronto e nella messa alla prova, secondo le leggi fondamentali della ragione comunicativa fissate da Juergen  Habermas: universalità, imparzialità, inclusività, senso, verità, responsività, non costrizione, revisione critica. Al contrario, entra in gioco una vera e propria “pornografia epistemica” che si nutre di contenuti parziali, decontestualizzati , che sfruttano i pregiudizi cognitivi per attivare i desideri fondamentali dei membri del gruppo”. I pregiudizi hanno la meglio e ne sono piene le posizioni di destra e di sinistra, fino al revisionismo radicale della “cancel culture”.

Qual è in conclusione la proposta di Massarenti per tornare intelligenti? Come liberarci dai nostri più radicati pregiudizi, dalla pigrizia e dalla tendenza ad auto-ingannarci ? I filoni della ricchissima argomentazione si intrecciano e l’autore chiama a raccolta i pensatori del pensiero liberale, come Bertrand Russell, ideatore di un Decalogo del libero pensiero, un vademecum essenziale affidato  al lettore: bisogna costruire un’idea più ampia di cultura, dice, e “solo un ripensamento radicale delle istituzioni educative potrà sperare di contrastare questi fenomeni a partire dalla domanda: in che modo possiamo trasmettere da una generazione alla successiva i saperi necessari per essere cittadini protagonisti del nostro tempo, inscrivendoli nel contempo in una coerente idea di cultura che vede formazione e metodo andare di pari passo?”.

Massarenti pensa a un umanesimo scientifico , “una cultura alta che inglobi alcune lezioni fondamentali della scienza e della migliore filosofia…perché la scienza è il miglior modo per conoscere la realtà attraverso un metodo che è una forma di scetticismo organizzato”. Mantenendo sempre impegnato il pensiero riflessivo (o lento) che è quello che ci impedisce di fare gli errori prodotti dall’intelligenza veloce (o intuitiva) anche se – la citazione è nostra – “è difficile restare calmi e indifferenti mentre tutti intorno fanno rumore” (Franco Battiato, Bandiera bianca).

In foto James Flynn (International Society for Intelligence Research)

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