La strage di bambini a Majdal Shams facilita l’allargamento della guerra

Mentre in Italia sembrava aprirsi uno spiraglio di speranza sul conflitto a Gaza
Hafez Haidar

Mentre in Italia sembrava aprirsi uno spiraglio di speranza sulla guerra a Gaza con la riunione a Roma in un vertice del direttore della Cia, e i capi del Mossad, Qatar e Egitto per un accordo sul cessate fuoco e ostaggi, la strage di bambini a Majdal Shams  delle ultime ore ha rimescolato nuovamente le carte, allargando il conflitto israelo-palestinese verso il Libano. Da Tel Aviv è partita l’accusa contro le milizie sciite di Hezbollah di aver bombardato il campo di calcio nel villaggio druso nelle Alture del Golan, territorio siriano occupato dallo ‘Stato ebraico’, e già sono partiti una serie di raid aerei di Israele sul Libano.

Ne parliamo con Hafez Haidar, emerito Accademico, arabista, scrittore libanese naturalizzato italiano, e presidente di diversi comitati per i diritti umani,

 “Come ha ribadito Papa Francesco la guerra è una grande sconfitta per l’umanità e per il mondo. Una guerra che adesso coinvolgerà anche il Libano dopo l’attacco al campetto di calcio sulle alture del Golan in terra siriana. Dunque assistiamo ad una estensione del conflitto che esce da Gaza e coinvolge il Medioriente e non solo – dice Haidar – Erdogan ha  evocato  la possibilità che la Turchia invada Israele e le sue parole non sono da sottovalutare perché se ciò avvenisse il mondo intero verrebbe coinvolto in questo conflitto con le conseguenze disastrose che sappiamo. E non abbiamo bisogno di tutto questo. Sono morti 12 bambini a Golan, tantissimi bambini palestinesi durante il conflitto ma anche israeliani quel tragico giorno del 7 ottobre. E nonostante tutto le fabbriche delle armi continuano a produrle e se dunque vogliamo mettere la parola fine a questo conflitto dobbiamo impegnarci affinché esse chiudano. L’Unione Europea, gli Stati Uniti d’America, i Paesi Arabi e i potenti del mondo devono darsi da fare perché si creino al più presto due Stati Democratici. È dal 1948 che la guerra è presente in questi territori e da allora ad oggi ha provocato migliaia e migliaia di vittime innocenti. Si deve lavorare ,e dobbiamo impegnarci tutti per  creare un mondo di pace, di fratellanza in nome dell’amore e del rispetto dei popoli. Come auspicato più volte dal Papa e dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella”. 

L’escalation del conflitto

Da quando Israele ha attaccato la striscia di Gaza, dopo i tragici fatti di Hamas del 7 ottobre, la controffensiva di Tel Aviv l’ha quasi interamente distrutta. Da allora ad oggi in quei territori c’è una crisi umanitaria senza precedenti: più di 33mila palestinesi sono morti, di cui circa il 40% bambini e quasi 80 giornalisti.   

Secondo gli analisti si va verso  ciò che Netanyahu ha ripetutamente promesso all’opinione pubblica israeliana, ovvero una «vittoria totale» sul gruppo armato terroristico palestinese, e che la guerra non sarebbe finita se lo Stato ebraico non avesse distrutto l’esercito e il governo di Hamas. E intanto preoccupano oltre la scarsità di cibo e acqua,  la mancanza di assistenza sanitaria e di servizi igienici. Nel nord di Gaza non ci sono più ospedali completamente funzionanti. Inoltre, il sovraffollamento, a Rafah, dove si sono rifugiati più di un milione di palestinesi, favorisce la diffusione di malattie infettive. Nonostante Israele dica di non imporre limiti alle forniture alimentari, le organizzazioni umanitarie denunciano che i tir che trasportano le merci vengono fermati  ai valichi meridionali della Striscia, aspettando le ispezioni dei militari israeliani prima di avere il lasciapassare. A nulla é  valso paracadutare pacchi da aerei militari per la popolazione affamata, perché la maggior parte di essi è andata perduta. Nonostante l’intervento dell’Unione Europea che a marzo ha attivato un corridoio umanitario via mare da Cipro per far arrivare a Gaza 200 tonnellate di cibo, la situazione resta drammatica, perché il conflitto tra Hamas e Israele ha riacceso la lotta armata in molte altre località del Medio Oriente.

Delle ultime ore è la notizia dell’attacco missilistico di Hezbollah (l’organizzazione nega di esserne stata l’autrice) a un campo di calcio druso, con la strage di bambini e adolescenti che ha provocato, con la reazione di Israele /per ora una serie di blitz, ma si sta aspettando una rappresaglia ben più massiccia), un intervento deciso di Erdogan, e un’altrettanta decisa risposta di Israele. Del resto, al confine settentrionale di Israele il conflitto ufficioso con Hezbollah, la milizia filoiraniana alleata di Hamas, ha già costretto all’evacuazione di decine di migliaia di persone. Mentre i guerriglieri yemeniti alleati dell’Iran, gli Houti hanno attaccato le navi nel Mar Rosso e lanciato missili contro Israele in segno di solidarietà con i palestinesi. Inoltre il protrarsi della guerra, ha fatto aumentare gli attriti tra Israele e gli Stati Uniti, cosa mai accaduta nei 75 anni di storia della loro stretta amicizia. Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, infatti, se aveva sostenuto con forza il diritto di Israele a difendersi da Hamas dopo gli attacchi del 7 ottobre, ha tuttavia intensificato gli appelli affinché si  facesse di più per proteggere i civili e consentire l’arrivo degli aiuti. Mentre l’Unione Europea post elezioni , nel tentativo di una soluzione unitaria deve fare i conti con le diverse sensibilità dei suoi singoli Stati sulla questione mediorientale: da chi si mostra più favorevole nei confronti di Israele, come il popolo tedesco e polacco, a chi invece simpatizza più con la causa palestinese, tra cui francesi e inglesi mentre Irlanda, Lussemburgo, Danimarca, Portogallo e Spagna hanno chiesto una de-escalation  della guerra e a non tagliare gli aiuti a scapito dei civili palestinesi, per richiamare Israele alle sue responsabilità nel diritto internazionale; in Italia l’opinione pubblica è favorevole ad una mediazione tra i due paesi in conflitto che eviti il disastro. Inoltre sembrava aprirsi uno spiraglio di speranza sulla guerra a Gaza con la riunione a Roma in un vertice del direttore della Cia, e i capi del Mossad, Qatar e Egitto per un accordo sul cessate il fuoco e ostaggi. Ma la strage di bambini a Majdal Shams , 12 vittime innocenti uccisi in un campo di calcio, mentre si allenavano, per molti analisti segna un punto di non ritorno.

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