Un anniversario importante per l’industria italiana. Lo scorso 23 gennaio ricorrevano i 71 esatti anni dalla costituzione del Nuovo Pignone, oggi Baker Hughes, un’azienda che in tutti questi anni ha fatto della nostra industria energetica una delle più apprezzate nel mondo. Per l’ occasione, è uscito un libro sulla sua affascinante storia da zero al successo che è stato presentato, esattamente il giorno del compleanno al Lyceum di Firenze.
Ecco il titolo: “Nuovo Pignone. Un’entusiasmante storia tecnica”. Sottotitolo: “Da Firenze all’Italia al mondo”, ovvero l’itinerario del successo nazionale e internazionale di un’azienda “che è una delle più grandi realtà industriali al mondo nel campo dell’energia, è italiana e ha il suo quartier generale a Firenze. Ogni tappa, svolta, progresso e primati mondiali sono un capitolo del libro”, spiega l’autore di un volume in cui la parola “tecnica” non deve spaventare chi non è del mestiere.
Nato grazie al sostegno della Baker Hughes, il libro edito da Giunti e scritto da Michele Stangarone, ingegnere nucleare con 37 anni di lavoro e di vita al Nuovo Pignone, di cui dal 2018 al 2021 è stato presidente, spicca per chiarezza e puntualità tecnica, ma contemporaneamente è una storia d’amore e di pionieri. Amore per l’azienda, l’innovazione, le persone, i pionieri appunto, alcuni dei quali l’autore ha conosciuto in fabbrica e stimato: “Per l’intelligenza e la passione profuse nella ricerca e l’innovazione continua ma anche per la capacità di lavorare come una comunità, tutti bravi, dagli operai ai dirigenti”. Il libro apre con Bertolt Brecht: “Ci sono uomini che lottano un giorno e sono bravi, altri che lottano un anno e sono più bravi, ci sono quelli che lottano più anni e sono ancora più bravi, però ci sono anche quelli che lottano tutta la vita: essi sono indispensabili”
Si potrebbe anche pensare che sia comunque una storia specializzata e di nicchia. E invece no, neanche quello: essendo al centro del racconto non solo l’avventura di un’azienda di successo ma anche quella dell’industria energetica cui quest’azienda dà una spinta dopo l’altra e dunque dell’energia, della sua produzione e della sua transizione. Ma come ha avuto l’idea l’ingegner Stangarone? “Volevo che la memoria di quello che è stato fatto e di come è stato fatto per elevare l’azienda da quasi zero all’eccellenza non fosse persa. Che le nuove generazioni non ignorassero lo spirito originario dei pionieri di questa straordinaria avventura. La considero una grande lezione”.

Il bel volume squadrato, zeppo di belle foto di macchine e uomini e dotato di tabelle e schede riassuntive, ha il pregio di divulgare la conoscenza di uno dei massimi gioielli dell’economia industriale italiana, che forse conosciamo troppo poco, mescolando numeri e nozioni di fisica con aneddoti e storie umane.
Un “gioiello”, il Nuovo Pignone, diventato tale “in mezzo secolo di continui record – come sottolinea l’ingegnere. Oggi fa parte del gruppo Baker Hughes ed è un costruttore di riferimento internazionale nell’ambito delle macchine nel settore dell’energia: dai compressori, macchine operatrici che comprimono i gas permettendone il loro spostamento, alle turbine, macchine motrici che forniscono la potenza di cui le prime hanno bisogno per operare. E poi, tanti prodotti e servizi d’avanguardia, nonché soluzioni innovative per la riduzione e cattura della CO2. Infine, i moduli, piccoli impianti in miniatura dotati di macchine azionatrici e operatrici, all’interno di strutture di acciaio di grandissime dimensioni che pesano dalle 2000 alle 4000 tonnellate”.
Il Nuovo Pignone raccoglie oggi un riconoscimento globale e in certi settori, ricorda Stangarone, “ha conquistato posizioni di grande rilievo nel mondo”, impegnandosi anche in una parallela ricerca verso la transizione che avanza via via, tanto da vantare il primato della realizzazione e vendita delle prime turbine a gas interamente a combustione di idrogeno. Macchine all’avanguardia, perché la combustione di idrogeno puro presenta caratteristiche ben più complesse delle sue miscele diluite con metano. “Ma solo il cento per cento di idrogeno garantisce l’uscita allo scarico di vapor acqueo e assenza di CO2”, spiega l’ingegnere. Campione, l’azienda, anche di export: “è dalla metà degli anni Sessanta che il fatturato estero ha superato il 50% e arriva oggi al 98%, ponendo il Nuovo Pignone ai primissimi posti in Italia per l’esportazione di manufatti industriali”.
Ma vediamo come è andata. L’avventura ormai globale inizia a Firenze in un quartiere popolare dell’Oltrarno, il Pignone, da cui prende il nome, come descrive l’autore in un prologo di poche pagine, perché la storia su cui si concentra va dal 1954 al 1999 quando ormai il Pignone è diventato Nuovo Pignone, ha traslocato nella zona industriale del quartiere di Rifredi, si è riconvertito in macchine per l’energia. Da quel momento, il libro documenta una storia di prestigio e innovazione. Ogni capitolo segna un passo in avanti, ogni passo una svolta di cui alcune “hanno proiettato i prodotti e la reputazione della società verso nuove dimensioni. Dietro ogni sfida ci sono stati enormi sforzi, un approccio sistematico all’innovazione, fatto di progettazione e innumerevoli prove, tante storie individuali, rischi e inquietudini di chi sapeva di trovarsi davanti a un’altra scommessa mai tentata prima. Ma in ogni caso vi era sempre un grande e coinvolgente lavoro di squadra, una creatività collettiva”.
Il Pignone nasce, come si è detto, in Oltrarno, nel 1842 come Fonderia del Pignone, per la precisione “Fonderia di ferro di seconda fusione”, ad opera di Pasquale Benini appartenente a una famiglia che prima faceva cappelli di paglia ma si riconvertì quando verso la metà del secolo ferro e ghisa diventarono assai più appetibili della paglia ormai al tramonto della sua gloria. Un inizio tra l’altro in cui si inserisce anche la realizzazione per Barsanti e Matteucci del prototipo della loro “macchina animata”, il primo motore a scoppio del mondo.
Negli anni Venti del secolo scorso la società cresce a tal punto da trasferirsi, guidata da Zenone Benini, l’ultimo della famiglia a dirigerla, a Rifredi per guadagnare spazio. Sempre in crescita, arriva alla seconda guerra mondiale, quando, in una Firenze occupata dai nazisti, gli scioperi degli operai, alcuni dei quali furono deportati nei campi di sterminio da cui non tutti tornarono, fecero del Pignone, che aveva unito alla produzione civile quella bellica, un punto di riferimento antifascista. Finché la fabbrica esce dal conflitto stremata e con la necessità di una difficile e complessa riconversione dalla produzione bellica a quella civile. A quel punto il passaggio di proprietà dai Benini alla SNIA Viscosa e il tentativo di conversione alla produzione di macchine tessili va avanti alcuni anni ma non decolla, fino alla crisi della chiusura alla fine del 1953.
Nel 1954, ecco la grande svolta, “il Rinascimento del Pignone”, come la chiama Stangarone, con il passaggio all’Eni di Enrico Mattei, inizialmente poco convinto, chiamato in soccorso dall’allora sindaco Giorgio La Pira. È ormai storia la gustosa lunga telefonata tra i due, che il volume riproduce. Con un La Pira mite e cristiano ma indomabile che inizia: “Mattei tu mi devi aiutare. Duemila operai tra poco saranno messi sul lastrico”, e un apparentemente inflessibile Mattei che poi, incalzato dal sindaco, cederà e acquisterà il Pignone e convertirà la fabbrica, facendola diventare il “polo meccanico” di Eni.
Ribattezzata Nuovo Pignone, l’azienda ha la capacità di riconvertirsi da macchine tessili a macchine per l’energia, richiesta dall’allora boom economico, ovvero per l’industria del petrolio, della petrolchimica e in particolare del gas naturale che è adesso il cuore del business e, da allora, sarà una storia di successi. “Nessuno avrebbe mai immaginato che da quasi zero il Nuovo Pignone arrivasse in pochi anni all’eccellenza e ai vertici mondiali”, commenta Stangarone aggiungendo che la chiave del successo è stato un talentuoso mix di ingegneri e dirigenti visionari, i capitani coraggiosi che cita con riconoscenza (Vittorio Scherillo, Francesco Fraschetti, Giancarlo Esposito, Pier Luigi Ferrara) e del personale a tutti i livelli, oltre “ai continui investimenti in tecnologia che hanno consentito di creare una grande gamma di prodotti sempre più innovativi, passando addirittura alla fornitura di impianti completi e complesse soluzioni modulari del peso di migliaia di tonnellate”.
La prima grande svolta inizia dopo l’acquisizione di Eni nel 1954, abbiamo detto. Secondo Stangarone, più che conquiste industriali, sono sfide oltre i confini dell’esistente, vinte, progettate, prodotte e commercializzate da un gruppo coraggioso, lungimirante e coeso. A ognuna di queste sfide il volume, in cui si respira l’entusiastica scommessa dell’invenzione e della sua concreta realizzazione, dedica sempre molte foto e disegni chiarificatori provenienti dall’Archivio Storico del Nuovo Pignone, e storie umane riprese da scritti e racconti dei protagonisti. Si inizia dal compressore centrifugo, macchina innovativa per l’epoca, più adatto del tradizionale compressore alternativo a trattare grandi portate di gas: il primo esemplare viene consegnato all’Agip Petroli di Porto Marghera nel 1960. Ha però bisogno di una macchina motrice adeguata ed ecco, un anno dopo, arriva la licenza per le turbine a gas prodotte su licenza di General Electric (GE) di cui il Nuovo Pignone diventa il primo licenziatario in Europa, in una collaborazione proficua che “trent’anni dopo porterà all’acquisizione del Nuovo Pignone da parte di GE”.
La progettazione combinata di turbina a gas e compressore centrifugo, l’assunzione di responsabilità sulle prestazioni del “turbo-compressore” e la produzione di macchine così diverse in uno stesso stabilimento sono sicuramente una complicazione per l’azienda. Si traducono però in un grande vantaggio per il cliente in termini di riduzione di rischio soprattutto nel caso di istallazioni in zone remote. Il lavoro al Nuovo Pignone è frenetico, “tanto da farlo sembrare, come diceva l’ingegner Pier Luigi Ferrara, una piccola Nasa”. Il turbo-compressore è “una pietra miliare”, lo definisce Stangarone, e ancor oggi è il prodotto di punta dell’azienda.
E negli anni Sessanta il Nuovo Pignone fa il salto: “da Firenze all’Italia”, dove vengono potenziati o creati, oltre a Firenze, gli stabilimenti di Massa, Talamona, Vibo Valentia, Bari, e “dall’Italia al mondo”. È la realizzazione della visione di Mattei di fare dell’azienda il “polo meccanico” di Eni e da lì servire autonomamente il mondo dell’energia.
Alcuni salti tecnici dell’azienda sono veri e propri primati mondiali. Come quando, a soli 11 anni dalla sua costituzione, introdusse il primo compressore centrifugo ad alta pressione per la sintesi dell’ammoniaca e in seguito per quella dell’urea. Oppure la produzione di compressori centrifughi per la reiniezione di gas naturale a 700 atmosfere. “Soluzioni che non solo rivoluzionano il corso della storia e del prestigio del Nuovo Pignone, ma cambiano anche la storia di alcuni settori dell’industria – spiega Stangarone – L’altra grande svolta, datata 1985, ha a che vedere con la liquefazione del gas naturale. A 160° sotto zero 600 litri di gas si trasformano in un litro di LNG (liquefied naturale gas), permettendo di trasportare su nave il gas naturale da giacimenti in aree remote del globo verso quelle di utilizzo. I notevoli investimenti in innovazioni ingegneristiche, soluzioni d’avanguardia e servizi hanno reso le turbomacchine del Nuovo Pignone altamente affidabili in un settore in grande espansione da allora ad oggi”.
Nel 1994 la svolta epocale: Eni cede il Nuovo Pignone al partner storico, la General Electric: “l’incontro delle due culture industriali forgia un’impresa ancora più aperta al mondo e al futuro. Nasce in quegli anni il Global Service, l’ultima “pietra miliare” del libro. È un amalgama di valori vecchi e nuovi, con tanti giovani assunti e molti investimenti, un nuovo stile di management e soprattutto una serie di innovazioni tecniche e commerciali nei servizi ai clienti. “Si marcia a ritmi più elevati e il senso di responsabilità individuale e collettiva, da sempre un valore del Nuovo Pignone, diventa la cifra del Global service”.
Stangarone finisce qui i suoi ricordi. Ma Baker Hughes – Nuovo Pignone, di cui adesso è presidente Paolo Noccioni, continua la sua storia di responsabilità collettiva, innovazione, successi, primati.
Oggi il Nuovo Pignone è “una delle aziende di punta dell’americana Baker Hughes e parte fondamentale della sua divisione Industrial & Energy Technology. “Baker Hughes – spiega Stangarone – è un’azienda statunitense altamente tecnologica con più di 2200 brevetti e quasi 700 milioni di dollari di investimenti in ricerca e sviluppo che sostiene con macchine e soluzioni digitali l’industria energetica mondiale e lavora per la transizione, operando in oltre 120 paesi con 54.000 dipendenti, di cui 6 mila in Italia negli otto stabilimenti in Toscana, Lombardia, Calabria, Puglia, Abruzzo e Campania (Firenze, Massa, Avenza, Talamona, Bari, Casavatore, Cepagatti, Vibo Valentia) e un fatturato globale di 25 miliardi di dollari”.
“Negli ultimi 75 anni – spiega l’ingegnere – il consumo di energia è aumentato di sei volte e più dell’80% è fornito combustibili fossili, soprattutto carbone petrolio e gas naturale. Il consumo di quest’ultimo, in confronto al petrolio degli anni ‘90, è aumentato da una frazione di circa il 50% fino alla quasi parità, con il vantaggio di essere il 30% meno inquinante. Nei prossimi anni la domanda di energia sarà sempre sostenuta e le fonti rinnovabili non saranno purtroppo in grado di soddisfare tutte le richieste, quindi nell’immediato e nel medio termine il gas naturale è una fonte energetica efficace. Ed è proprio questa l’area nella quale il Nuovo Pignone ha operato e opera ancor oggi con successo, impegnandosi contemporaneamente nella ricerca e realizzazione di macchine e soluzioni innovative per le fonti alternative. Questa è la missione di una nuova e specifica divisione di Baker Hughes che sta sviluppando e realizzando le tecnologie per la transizione energetica e il cambiamento climatico, la Climate Technology Solutions”, dalla cattura della CO2 alle turbine e compressori per l’idrogeno fino all’audace uso di nuovi fluidi per le turbine, come la stessa CO2 e l’ammoniaca.
In foto Michele Stangarone