Venerdì 2 settembre 2016, alle 18.30, inaugura a Palazzo Pretorio di Anghiari (Ar) la mostra collettiva La Stanza dell’Ospite a cura di Elena Merendelli.
«L’iniziativa espositiva ha l’obiettivo di raccontare che cosa significa essere ospite, nella doppia accezione che la lingua italiana offre: ospite è chi arriva, ospite è chi accoglie – spiega la curatrice. – Anghiari ospitale, gli anghiaresi che aprono le loro porte all’altro, all’inatteso, all’inaspettato. Accadeva secoli fa, quando in epoca ducale e granducale esisteva l’ospizio di San Martino, “spedale per poveri e pellegrini”, accadeva settanta anni fa, quando alcune delle case degli anghiaresi si aprirono per ospitare quanti scapparono dal Campo di Internamento di Renicci. Accade oggi, quando per le strade dell’antico borgo si incontrano persone provenienti da altre culture».
Sette stanze, già utilizzate per recludere prigionieri e condannati, adesso accolgono l’incontro con l’altro.
Protagoniste saranno le opere eterogenee di Fanette Cardinali, Meri Ciuchi, Ilaria Margutti, Daria Palotti, Loretto Ricci, Laura Serafini e Roberta Ubaldi, fatte di ceramica, plastica, filo, carta, vetro, ferro.
L’evento fa parte delle iniziative promosse all’interno del Festival dell’Autobiografia, appuntamento che Anghiari, la “città dell’autobiografia”, rinnova da cinque anni, organizzato da quella Libera Università dell’Autobiografia che qui ha sede da quasi venti anni e promuove attività lungo tutto il corso dell’anno.
«La mostra nasce dal confronto tra cittadini che hanno a cuore le persone e le loro storie – continua Elena Merendelli, – con realtà che in Valtiberina gestiscono la prima accoglienza dei cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale, in particolare con la Cooperativa LaRUA che fa parte della Rete di imprese Centofiori. L’intento è quello di riflettere insieme, attraverso il linguaggio artistico, sulla possibilità di riconoscersi ancora un’identità di ospiti, perché l’ospitalità mette in gioco una serie infinita di variabili, spesso non dicibili, ma così come la scrittura, i linguaggi artistici offrono la possibilità di “dire” anche l’indicibile, non sulla scia emotiva, ma ponendosi domande. Così come la scrittura, l’arte produce movimento, smarrimento, incanto e bellezza».
Il percorso espositivo nel quale le opere dialogheranno, sarà impreziosito dalla musica di Giacomo Cioni, dalle installazioni video di Lidia Di Padova con foto di Daniele Cavallotti e da alcune storie di vita, lasciate per essere lette, ascoltate e narrate.
La mostra anghiarese rimarrà aperta fino al prossimo 17 settembre.
(nella foto in basso la curatrice della mostra)