Le “reunion” nella danza sono molto rare a causa soprattutto del carattere effimero delle sue performance. Nulla può essere riprodotto com’era e dov’era riproponendo i capolavori del passato. Lo spettacolo non sarà mai lo stesso e quegli stessi protagonisti daranno vita a qualcosa di completamente diverso perché caricato nel corso del tempo di esperienze, emozioni, sentimenti non condivisi . Maturazioni diverse di semi gettati insieme.
Il cinema ha utilizzato il tema della reunion di danzatori soprattutto per metterne in rilievo rimpianti, nostalgie, rancori (The last dance, Chorus line). Ancora in chiave pop si possono evocare le reunion dei grandi gruppi rock. Quelle, per esempio, dei Genesis di Peter Gabriel che nelle interviste spiegava quanto è difficile che possa durare un collettivo di autori e compositori con personalità, idee, concetti artistici che finiscono per andare in rotta di collisione (The Lamb lies down on Broadway). Ma i ritorni periodici del gruppo, così come quelli clamorosi dei Pink Floyd e di tanti altri, sono molto meno complessi: basta riproporre alla folla di adoranti i brani che li hanno resi famosi.
I quattro danzatori – coreografi del Group-O fondato da Katie Duck nel 1979 si sono invece ritrovati (nel più profondo significato della parola francese retrouvaille) non per riproporre vecchi spettacoli cult, ma per offrire una nuova creazione agli esperti e agli appassionati: un incontro della loro arte costruita da ciascuno in decenni di lavoro a partire da quel primo affacciarsi a nuovi concetti coreutici e nell’averli fatti propri negli anni della crescita interiore e delle scelte fondamentali dell’esistenza.
Sta tutto qui il carattere straordinario dello spettacolo “Tyranny of the present” andato in scena a Cango come ultimo atto della rassegna “la democrazia del corpo 2024” che riprenderà in autunno. A quarant’anni di distanza (il Group-O è rimasto nella formazione iniziale fino al 1984) Katie Duck, Alessandro Certini, Virgilio Sieni, Charlotte Zerbey si sono riuniti non solo per guardare insieme l’album delle fotografie delle loro creazioni ( Rutles, The Orange Man, Brown eye Green eye) e dei loro spettacoli ad Amsterdam e nel nord Europa. E neppure per mascherare con l’ilarità e lo scherzo la commozione del ricordo, ma per dare vita a una “composizione attraverso l’improvvisazione” (Duck) che esprime il concetto fondamentale della loro poetica, uguale per tutti e quattro: la tirannia del presente. E’ questa la forza creativa: “Ogni libertà si azzera nell’atto di realizzarsi, unica ed esatta, è già irripetibile e inaccessibile traiettoria della realtà che si ricompone e si dissolve nell’essere stato”, spiegano nella scheda distribuita agli spettatori .
Il processo compositivo è quello che li ha resi protagonisti della danza contemporanea. Una struttura aperta, una strategia costituita da una colonna sonora, da effetti di luce e da predeterminati momenti di “cambio” nell’azione coreografica. In questa struttura ciascuno di loro comunica con il corpo “attivo e sorgivo”, i gesti, i movimenti, le trattorie in un alternarsi di duetti, terzetti e quartetti , ma anche con la voce e, ciò che fa parte del concetto performativo di Katie Duck, nel focalizzarsi su alcuni particolari degli spettatori per creare l’interazione che è elemento fondamentale per la completezza del fatto artistico: “per dare senso serve che il pubblico sia impegnato, coinvolto”.
Katie prende a pretesto delle scarpette rosse, Charlotte canta filastrocche americane, Alessandro alleggerisce la tensione creativa con battute che suscitano la spontanea ilarità del pubblico, Virgilio esercita una funzione di “spalla”, dando fluidità e continuità all’improvvisazione. Tutti offrono una dimostrazione del loro talento attraverso l’intuizione esatta dei tempi artistici, quei “silenzi”, stacchi che sono essenziali per la conquista dell’attenzione e della partecipazione del pubblico.
Oggi Katie gira il mondo con progetti e workshop, Alessandro e Charlotte continuano a sperimentare musica e di parola, danza e didattica con la Company Blu e Virgilio dirige CANGO Cantieri Goldonetta, Centro Nazionale di Produzione della danza per la ricerca e la trasmissione sui linguaggi del corpo, mentre porta la sua arte coreografica in tutto il mondo. Insieme sono tornati alle radici della loro personalità artistica con colei che 40 anni fa li aveva fatti incontrare. Nostalgia? Certo c’è “un po’ di nostalgia forse anche un pizzico di malinconia” (Sieni) com’è naturale in chi si volta indietro.Non è questa però la cifra di “Tyranny of the present”.
Allora è anche il momento di rendere omaggio a chi ha condiviso quell’esperienza entusiasmante e che ora non c’è più. In un dialogo con il pubblico a conclusione dello spettacolo, Katie e gli altri hanno ricordato Tristan Honsinger il violoncellista che suonava Bach per riscaldarsi e li accompagnava nella danza e nella loro avventura quotidiana.
In foto in alto dadestra Katie Duck e Charlotte Zerbey . In basso da sinistra Alessandro Certini e Virgilio Sieni,