“Una corsa a chi la spara più grossa”. Nostra intervista sulla campagna elettorale al sociologo Cepernich

Nostra intervista al sociopolitologo massmediologico Cristopher Cepernich (sabato sera al Catomes Tot) sulla campagna elettorale: troppe boutade, cittadini sordi alle sparate ma un bel “6 politico” a tutti
Catomes tot insem… il pubblico (vagamente perplesso) dell’interessante serata

Dall’abolizione della legge Fornero alla cancellazione del canone Rai e delle tasse universitarie: la campagna in vista del voto del 4 marzo è appena iniziata ed è già un fiorire di promesse elettorali da parte dei principali schieramenti in campo. Che impatto potranno avere queste promesse sugli elettori? “Sono boutade a cui si è tendenzialmente portati a non credere. Questa tentazione a spararla sempre più grossa è l’esempio migliore della ridondanza nelle modalità con cui la campagna è condotta”, spiega Cristopher Cepernich, sociologo dei media e dei fenomeni politici. Docente dell’Università di Torino, Cepernich – invitato dal Pd, in città, al Catomes Tot per parlare di strategie elettorali – indica nel porta a porta uno strumento utile a “ricostituire la relazione tra politica e cittadini”.

Cepernich, che idea si è fatto dalle prime battute della campagna elettorale?

E’ una campagna abbastanza diversa dal solito, non tanto nelle modalità con cui viene condotta, che sono più o meno tradizionali e consolidate, quanto nel fatto che si sta realizzando qualcosa di nuovo…

Sarebbe?

Una sostanziale neutralizzazione di molti dei messaggi elettorali. Progressivamente, mi pare di vedere che i cittadini siano più restii a ricevere comunicazioni di campagna, sono sempre più distanti da ciò che viene comunicato.

Quanto saranno decisivi in questa campagna i social media?

Non esiste un medium di campagna più forte di un altro. Generalmente l’esito delle campagne elettorali è il prodotto dell’integrazione tra i diversi media. La soluzione è una campagna efficace, che sappia integrare i vecchi media con i nuovi. Si può immaginare che la televisione resterà il medium centrale. Non vedremo però la campagna televisiva di una volta perché sarà fortemente legata, ad esempio, all’attività su Twitter e su Facebook.

Il distacco delle persone dalla politica è noto e si traduce anche nell’astensionismo. Cosa possono le forze politiche per ricucire il rapporto con l’elettorato? Nell’era dei social network, bisogna forse riscoprire il porta a porta?

Ci sono democrazie, penso a quella americana ma anche ad altre realtà come il Regno Unito, dove attività di porta a porta sono tornate a essere centrali nelle campagne elettorali. Il punto è non immaginare di trovare un canale che risolva tutti i problemi che si sono creati in questi anni. Il porta a porta e le attività di relazione tra cittadini e politica sono uno strumento che non risolverà tutti i problemi della politica ma che, se praticato nel modo corretto, serve a ricostituire in alcune aree e settori della vita sociale la relazione tra politica e cittadini.

Su quale tema si giocherà, secondo lei, questa campagna?

I temi sono i soliti: lavoro, immigrazione, sicurezza. Evergreen che difficilmente cadranno.

Che voto darebbe alle forze politiche sulla comunicazione finora adottata?

Un 6 a tutti. Stanno facendo quello che non possono non fare. Non più di 6 perché non vedo nulla di creativo e innovativo.

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