La società è cambiata, ma i partiti della sinistra non l’hanno capito

L’analisi di Valdo Spini sui risultati delle elezioni regionali

La sconfitta del centrosinistra alle recenti regionali, per la verità non inaspettata, apre le porte a una questione più generale, anche alla luce del picco di astensionismo registrato: a cosa è dovuto da un lato, il disamoramento della società per gli strumenti di democrazia partecipativa e dall’altro, cosa manca alla sinistra per riacciuffare quell’appeal presso gli elettori che comunque assicurava numeri ben diversi nelle competizioni elettorali? Abbiamo girato alcune domande al presidente della Fondazione Circolo Rosselli Valdo Spini, già ministro all’ambiente nei governi Amato e Ciampi.

Alla luce della sconfitta registrata dal centrosinistra alle regionali di Lazio e Lombardia, è stato detto che la sinistra ha voluto perdere, dal momento che non ha accettato l’ineluttabile necessità di creare un fronte unito. Secondo lei il problema delle alleanze è così importante?

“Non c’è dubbio che, quando ci si trova in un sistema sostanzialmente maggioritario a turno unico, se uno degli schieramenti in campo si coalizza e l’altro no, quest’ultimo parte svantaggiato, con un handicap pesantissimo. Così  stato per le politiche nazionali del 28 settembre, così per le elezioni regionali del 12-13 Febbraio. Le cause? Per taluni dei loro dirigenti la sottovalutazione della forza della destra, per altri l’imperizia (per usare un eufemismo) nel muoversi nel contesto di alleanze difficili. Così le tre forze di opposizione escono tutte e tre sconfitte. Calenda e Conte perchè non riescono, da destra e da sinistra , a vincere una battaglia di egemonia sul Pd. Il Pd stesso perché se è vero che è il secondo partito italiano, è a grande distanza dal primo, Fratelli d’Italia.Tutte e tre le forze di opposizione poi perdono la direzione di una regione importantissima come il Lazio, il cui capoluogo è la capitale d’Italia, Roma”.

Uno dei grandi temi presenti nel dibattito è l’assenza di un progetto chiaramente di sinistra, che consenta agli elettori di riconoscersi in una vera alternativa alla narrazione delle destre. Cosa ne pensa?

“‘E’ vero che manca un progetto, manca una vera tensione programmatica, lo si vede anche nel dibattito congressuale del Pd. Ma direi soprattutto manca la consapevolezza di quanto la vittoria della destra-centro abbia mutato il quadro politico. Di fronte a questo profondo mutamento non basta   continuare a ripetere meccanicamente  i vecchi punti fermi del linguaggio della sinistra. Bisogna aggredire i nuovi problemi. Tipico esempio quello della sicurezza nella vita delle cittadine e dei cittadini italiani”..

Fra i fattori imputati al centrosinistra, oltre alla mancanza di un progetto, anche il problema della credibilità. Cosa ne pensa? E quale potrebbe essere la via per recuperarla?

“Mi ha molto colpito una dichiarazione di Pierfrancesco Majorino, il candidato alla presidenza della regione Lombardia, mi sembra suonasse così: Un giorno gli osservatori internazionali studieranno il caso di un partito che celebra il suo congresso durante le elezioni e perdipiù senza un segretario. Ci vuole la consapevolezza che bisogna cambiare il modo di fare politica. Ad esempio di fronte alla proposta di elezione diretta del Presidente della Repubblica da parte dei cittadini, basterà evocare lo spettro del pericolo neofascista?”.

Nelle analisi compiute a caldo della sconfitta, è stata avanzata anche l’ipotesi della crisi della rappresentanza, avvallata dall’altissima percentuale dell’astensionismo. Delusione, mancanza di rappresentanti credibili …. Possibile che a sopravvivere siano solo gli elettori di destra?

“Ma scusi, ha mai visto i partiti di sinistra contestare radicalmente il metodo delle liste bloccate, del porcellum prima , del rosatellum poi (quest’ultimo anzi prende il nome dal capogruppo pd dell’epoca). Ma c’è di più, naturalmente. Le cittadine e i cittadini di centro-sinistra non si sono prestati a partecipare ad elezioni già perse in partenza per la divisione tra le forze di opposizione, che senza capire di essere probabilmente destinate  per un lungo periodo a rimanere tali, si combattevano tra loro per una presunta egemonia.. Un modo vecchio e stanco di fare politica, cui, riconosciamolo, Giorgia Meloni oppone in questo momento, naturalmente da un punto di vista opposto al nostro, una freschezza e una grinta che gli altri non hanno”.

Come mai la sinistra, in tutte le sue declinazioni, non riesce a parlare più al Paese?

“La perdita di contatto è avvenuta, l’ho detto molte volte, quando si è avuto una visione troppo ottimistica degli effetti della globalizzazione sui ceti popolari dei paesi industrializzati. Di qui il sorgere di sovranisti, populismi, localismi che hanno inciso sull’elettorato di sinistra.In Italia, ma ancor prima negli Usa, in Francia etc.”.

Secondo lei è vero che l’Italia è un Paese di centrodestra?

“Una maggioranza di sinistra l’Italia non l’ha mai avuta. Ne ha però avuta per lungo tempo una di centro-sinistra e poi ha conosciuto il successo delle larghe coalizioni dell’Ulivo prima e dell’Unione poi. Non mi sembra quindi un paese destinato ad essere di centro-destra. E’ vero invece che una maggioranza del paese ce l’ha contro una sinistra o un centro-sinistra che sembra voler calare dall’alto le decisioni sulle vite dei cittadini senza saper vivere o comprendere le loro difficoltà”.

Tirando le somme, qual è secondo lei il fattore che ha pesato di più nella sconfitta?

“Nell’elettorato di centro-sinistra la stanchezza per certe pratiche assurde nel modo di fare politica e l’incapacità di prospettare un’alternativa unitaria. Nel centro destra, o destra-centro, l’effetto di galvanizzazione della conquista di una maggioranza e di un governo cui non sembra contrapporsi una vera opposizione”

Foto: Valdo Spini

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