La sfida di Cameron: l’Europa o si rafforza o si spezza

Ma è una prova che vale ed è di estrema attualità per tutti i 27 (presto 28) Paesi dell'UE, cittadini e governi inclusi. Il giorno dopo la celebrazione del 50° anniversario della firma da parte di Konrad Adenauer e Charles de Gaulle, del Trattato dell'Eliseo che sanciva la riconciliazione franco-tedesca, a Cameron possiamo attribuire il merito, di aver dato l'inizio a questa profonda riflessione sul futuro politico del nostro continente, a cui saranno chiamati presto i leaders europei, non appena i processi elettorali in due dei paesi fondatori, quale fra un mese l'Italia, e in ottobre la Germania, avranno sgombrato il campo da "equivoci" di politica interna. A cui, occorre riconoscerlo, non sfugge neppure il discorso di Cameron.

Perché è certamente vero che "l'UE che fuoriesce dalla crisi dell'Eurozona sta diventando un'organizzazione molto diversa da quella finora conosciuta", ma è altrettanto vero che la crisi, il populismo e la visione di corto respiro che esprime oggi la politica a livello nazionale minacciano questa costruzione unica. L'UE è, e resta un grande progetto ancora incompiuto che contiene grandi lezioni, ma costruito da delle élites, senza esser riuscito a coinvolgere realmente i cittadini. E' rimasto così a mezza strada, senza un trasferimento di poteri reali al centro. Nella situazione attuale quindi l'Europa, o si ristruttura con più potere federale al centro, o si spezza. Questa volta però la riforma dovrà aver luogo con il consenso dei cittadini. E la grande sfida sarà di convincere la gente senza dover ricorrere al populismo. Il merito "politico" di Cameron è di aver chiaramente indicato il percorso e il passaggio fondamentale rappresentato dal Referendum del 2017.

Ma  il Premier giustifica questa sua sfida, per il Regno Unit e per l'Europa, con il pragmatismo anglo-sassone, affermando come sia difficile per l'Europa mantenere la sua prosperità avendo il 7% della popolazione mondiale, il 25% del PIL mondiale, e continuando ad avere il 50% della spesa sociale a livello globale, e ponendo cosi anche la questione, altrettanto irrisolta, fra un'Europa solidale e fondata su diritti oppure un'Europa liberista, forse modellata sulla Scuola di Chicago. Le economie europee infatti soffrono. La competizione globale complica la crescita passando da una democrazia industriale ad una di consumatori. L'Europa secondo alcuni quindi o è più competitiva o rinuncia della sua spesa sociale, non ci sono molte altre alternative. I governanti lo sanno. Quello che non sanno è come prendere misure necessarie senza perdere le prossime elezioni. L'attuale boom economico tedesco è per esempio dovuto alle riforme fatte nel 2003 dal Cancelliere Gerhard Schröder, che ha poi perso le elezioni. E questo è il problema delle democrazie attuali: di non rimanere paralizzate nelle misure a breve termine, per paura di perdere le prossime elezioni. La vera sfida per i leaders europei è quindi disegnare Istituzioni europee in grado di progettare a lungo termine, ma con una legittimità democratica sostanziale.

I cinque punti posti dal Premier Cameron nella sua visione sul futuro dell'Europa

1) "competitività": "a leaner, less bureaucratic union with fewer departments";
2) "flessibilità": "The EU must be able to act with the speed and flexibility of a network, not the cumbersome rigidity of a bloc.";
3) "equilibrio dei poteri" fra l'UE e gli Stati Membri:  "Countries are different. They make different choices. We cannot harmonise everything. " ;
4) "controllo démocratico": "It is national parliaments, which are, and will remain, the true source of real democratic legitimacy and accountability in the EU." ;
5) "equità": "Is a vital interest for us to protect the integrity and fairness of the single market for all its members." ;

sono e rappresentano le questioni che le Istituzioni europee e gli Stati che la compongono dovranno affrontare con l'obiettivo ultimo di creare una "governance  europea" più adatta al nostro tempo.

Come ha detto il Presidente del Consiglio Monti, occorre essere "fiduciosi del fatto che in caso di un Referendum, il popolo britannico decida di rimanere nell'UE e contribuisca a costruirne il suo futuro", come il discorso di Cameron indica senza ombra di dubbio.

Paolo Meucci

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