La sentenza della Corte e le pensioni

La relazione al Parlamento da parte del Governo sull’andamento dei conti pubblici a seguito della sentenza n. 70 del 2015 della Corte costituzionale sulle pensioni e i provvedimenti conseguenti del Governo (il decreto-legge che viene esaminato ora dalla Commissione lavoro e che poi verrà in Aula) vertono su questioni molto delicate e complesse, molto serie. In gioco vi sono aspetti di grande rilievo, questioni relative ai diritti soggettivi di una parte dei pensionati, circa il 30 per cento, perché per il 70 per cento la rivalutazione non è stata colpita ed è il 70 per cento, con le pensioni più basse, quelli più indifesi tra i pensionati. Vi è poi la retroattività di tali diritti in quanto la sentenza, a differenza di altre, non ha effetti solo per il futuro, ma anche per il passato e sarebbe stato ben strano un intervento del Governo prima della sentenza. Vi sono poi i rischi per gli equilibri di finanza pubblica, che non sono un elemento astratto, ma la condizione per fare fronte agli altri diritti già previsti dalla legislazione vigente e ai bisogni sociali nuovi ed emergenti. La questione pertanto richiede a tutti, maggioranza e opposizione, un’assunzione di responsabilità, perché il problema riguarda il Paese e non solo Governo e maggioranza. Non posso tacere sul fatto che invece nel dibattito su questi aspetti non sono certo mancati elementi di po- pulismo, per così dire, un leggero populismo, a trecentosessanta gradi. Per certi interventi verrebbe da pensare che la Corte abbia sentenziato su provvedimenti di questo Governo, del Governo Renzi. Ricordo a tutti che sono provvedimenti del Governo Monti, non sostenuto solo dalle forze che oggi sostengono il Governo Renzi, ma anche da Forza Italia, allora Popolo della Libertà. E non è che con quel Governo precedente, il Governo Popolo della Libertà e Lega Nord, si sia stati teneri sul tema pensioni. Chi ha creato un dramma sui ricongiungimenti ? Chi è intervenuto portando i 40 anni, di fatto, a 42 ? Chi ha spostato in avanti le pensioni delle donne del pubblico impiego ? La Lega Nord non era sulla Luna quando si è fatto questo, era al Governo, Lega alla quale adesso pare piaccia Enrico Letta. Ma, quando Letta era Presidente del Consiglio dei ministri, era all’opposizione, quindi allora non gli piaceva. Da parte delle stesse forze si afferma che la sentenza va applicata al 100 per cento. Ma poi, come fa il collega Palese di Forza Italia non si perde occasione per ricordare che aumenta il debito pubblico – lo ha ricordato anche l’onorevole Simonetti della Lega – cosa del tutto normale fino a quando avremo un deficit annuale, seppure tra i più bassi in Europa, oppure che si spende troppo per la previdenza – e non mi pare che rivalutando al 100 per cento anche le pensioni più alte spenderemmo meno – o reclamando la spending review, quando proprio questa sentenza, che è intervenuta su uno degli ambiti, le pensioni, dove più energicamente si è operata la spending review, ovvero si è intervenuto sui meccanismi di formazione della spesa, ci dice – la sentenza – come il percorso della spending review non sia esente da pericoli e difficoltà. Oppure la Lega anch’essa chiede di dare tutto e non solo una parte e poi, magari, come ha fatto ieri nell’audizione dell’Ufficio parlamentare di bilancio, fa le pulci sulle risorse individuate per fare fronte alla parte che viene data ai pensionati, che è appunto è l’11-12 per cento del tutto. Chi dice che va dato tutto ha il dovere di dire anche come, senza scassare i conti pubblici. E questo lo dico a tutte le forze di opposizione, perché magari si chiede di dare tutto anche ai pensionati con le pensioni più alte – perché questo vorrebbe dire – e poi un giorno sì e l’altro pure si denunciano i privilegi delle pensioni più alte. Lo dico in particolare a MoVimento 5 Stelle e SEL, discorso che vale anche con una restituzione rateizzata, che hanno proposto qui SEL e MoVimento 5 Stelle, che però sul deficit o indebitamento netto non avrebbe effetti positivi perché su questo piano, a differenza del debito, il calcolo si fa per competenza e non per cassa e quindi verrebbe tutto calcolato sul 2015, compresi gli arretrati. SEL dice che i soldi si devono trovare da altre parti. Poi però si dice spesso, quasi sempre, che tagliamo troppo sulla spesa pubblica oppure non si considera il livello di pressione fiscale già così alto in Italia. Allora, quando si dice « si trova da altri parti » o si deve tagliare oppure si devono aumentare le entrate. Nel dibattito non mancano anche posizioni che prendono in considerazione un solo elemento degli equilibri di finanza pubblica, quello sul deficit, proponendo di adottare provvedimenti di attuazione della sentenza che lo portino al 3 per cento, facendo finta di non sapere o non valutando che sono più di uno i parametri da considerare e le relative conseguenze che deriverebbero da un mancato rispetto di tali parametri. Aggiungo che le presunzioni di effetti rilevanti sul PIL e sui consumi, con una maggiore destinazione di risorse per questa materia, non considerano che, soprattutto tra i pensionati, con pensioni oltre cinque volte il minimo, che sono l’8,2 per cento dell’insieme dei pensionati, ma il 27,6 per cento dei potenziali beneficiari della sentenza, per questi pensionati la propensione marginale al consumo non è certo elevatissima. Diversi di costoro hanno redditi più alti dei beneficiari degli 80 euro. Quindi, l’effetto di aumento dei consumi sarebbe certamente minore rispetto a quello provocato da quella misura, soprattutto per gli arretrati elargiti in un solo anno, che non vengono spesi tutti in consumi. La misura degli 80 euro, invece, – lo ricordo rispetto al dibattito svolto complessivamente in questa sede – sta dando sempre più un contributo alla crescita dei consumi, come ha recentemente confermato anche la Banca d’Italia. Ho richiamato queste posizioni, emerse anche nell’audizione di ieri dell’Ufficio parlamentare di bilancio, per dire che ovviamente sono tutte posizioni legittime – per carità ! –, purché sia chiaro che non tendono tanto a risolvere il problema, quasi non li riguardasse, mentre tutti dovrebbero sentirlo loro, visto che quasi tutti – il quasi, è riferito solo a SEL – ambiscono a governare. Ma sono posizioni, invece, che cercano la facile speculazione politica sul problema. La posizione del Governo, condivisa dalla maggioranza, è la posizione più seria. Tende a contemperare, a tenere insieme il rispetto della sentenza e il rispetto degli equilibri di finanza pubblica. Vanno, innanzitutto, considerati gli effetti della sentenza se applicata al 100 per cento, per tutte le classi di importo delle pensioni. I conti il Governo li ha fatti, precisi. Ricordo: 17,6 miliardi di euro al netto degli effetti fiscali per il 2015, comprendendo il 2015 e gli arretrati, e 4,4 miliardi di euro nel 2016 e poi negli anni seguenti, al netto, onorevole Palese, perché al lordo sarebbero 24 i miliardi di euro, non 17. E questo conto ce lo abbiamo già, non è che possiamo scherzare. Sono cifre precise, validate dall’Ufficio parlamentare di bilancio. Sono cifre enormi, spero non si dica il contrario. C’è qualcuno che può affermare che sono cifre sostenibili per la finanza pubblica, senza effetti su altre esigenze, al di là del rispetto delle regole europee, dei parametri europei ? Facciamo finta che quelle regole non ci siano, che non esistano. Davvero pensate che 17 miliardi di euro siano spendibili senza nessun problema ? C’è qualcuno che può affermare che sarebbe il modo più equo e giusto di spendere 17 miliardi di euro quest’anno e 4 miliardi e mezzo di euro nel 2016 ? Registriamo un aumento preoccupante della povertà: questi sono i più indifesi. A questo tema non andrebbe nulla dei 17 e dei 4 miliardi e mezzo di euro in discussione. Quindi, non è questa la spesa giusta e la spesa buona. Il Governo ha evidenziato gli effetti sulla finanza pubblica, anch’essi validati dall’Ufficio parlamentare di bilancio. L’indebitamento netto tendenziale passerebbe dal 2,5 per cento al 3,6 per cento nel 2015, superando nettamente il 3 per cento, e dall’1,4 per cento all’1,7 per cento nel 2016. Questo, però, non è l’unico parametro da considerare. Infatti, come ha evidenziato sempre l’Ufficio parlamentare di bilancio, anche andando al 3 per cento e, quindi, al limite di questo parametro, come risulta già evidente dalla relazione che stiamo esaminando, si pregiudicherebbe il percorso di avvicinamento all’obiettivo di medio termine. Infatti, più deficit non è solo più deficit, ma ha anche altre implicazioni: non sarebbe possibile conseguire la riduzione richiesta dall’ordinamento comunitario relativamente al criterio del debito – e noi siamo tra quelli che hanno il debito più alto –; peggiorerebbe e non migliorerebbe l’indebitamento netto strutturale; non sarebbe, conseguentemente, possibile usufruire della clausola delle riforme. Cosa vogliono dire tutte queste cose ? Una montagna di guai, un disastro, non tanto per il Governo, ma per il Paese. Per evitarlo, come sempre ieri ha sottolineato l’Ufficio parlamentare di bilancio, occorre rimanere su un indebitamento programmatico al 2,6 per cento nel 2015, utilizzando quel margine di 0,1 per cento rispetto al tendenziale, denominato da varie parti « tesoretto », che doveva servire ad altro, ma che è l’unica via seriamente percorribile. E come va confermato anche qua l’obiettivo per il 2015, così vanno confermati anche quelli per gli anni futuri come definiti dal DEF. Questo per utilizzare tutti gli elementi di flessibilità delle regole europee che ha conquistato e ottenuto questo Governo. Mentre, quando governava la Lega, quelle regole le abbiamo accettate e sottoscritte e in modo più pesante per l’Italia rispetto agli altri Paesi. Il Governo ha assunto decisioni che condividiamo, che tengono insieme, come ribadisco, esigenze di finanza pubblica e criteri solidaristici all’interno del sistema previdenziale e principi di adeguatezza, gradualità e proporzionalità enunciati dalla stessa Corte, prevedendo modifiche alla disciplina della rivalutazione automatica delle pensioni. Vorrei sottolineare alcuni elementi sul versante dell’equità. Poi si può sempre far meglio, però dobbiamo innanzitutto considerare che le pensioni più basse non sono oggetto della sentenza. Sono quelle fino a tre volte il minimo. Qui vi è il 70 per cento dei pensionati. Certo, hanno già avuto la rivalutazione piena, ma sono anche quelli che hanno più bisogno e se a loro non va nulla, mi pare equo che a tutti gli altri vada non più del 12 per cento di quanto perso. Questa cifra, giustamente, il Governo la concentra verso coloro che hanno meno tra quelli potenzialmente beneficiari della sentenza, cioè i pensionati con pensioni da tre a quattro volte il minimo. Sono il 13,9 per cento del complesso dei pensionati, ma soprattutto il 46,7 per cento dei beneficiari. Per loro la mancata indicizzazione pesava per il 4,8 per cento rispetto all’intera pensione e, dopo il decreto-legge, peserà per il 3,8 per cento, recuperando l’1 per cento, cioè sostanzialmente un quinto, il 20 per cento, di quel 4,8 per cento che avevano perso. La mancata indicizzazione per loro pesava per il 33 per cento dei risparmi complessivi, mentre beneficeranno del 67,5 per cento delle risorse per l’attuazione della sentenza. Invece, a chi ha la pensione oltre sei volte il minimo, non va nulla. Sono il 4,7 per cento di tutti pensionati e il 15,8 per cento dei potenziali beneficiari. Per loro, un sacrificio nel segno della solidarietà all’interno del sistema previdenziale e anche più complessivamente è certamente più sostenibile. Per i pensionati con pensioni da quattro a cinque volte il minimo e da cinque a sei volte si procede con gradualità. Hanno perso entrambi il 4,9 per cento della pensione e recuperano, i primi lo 0,5 per cento e i secondi lo 0,3 per cento. L’insieme determina un’equità complessiva tra sistema previdenziale e sistema Paese e dentro il sistema previdenziale. Dire che questo è subordinazione al liberismo, colleghi di SEL, vuol dire fare molta confusione… Dicevo che dire che questa è subordinazione al liberismo, colleghi di SEL, vuol dire fare molta confusione su ciò che è davvero di destra e ciò che è davvero di sinistra. Mentre certamente va rivisto il sistema previdenziale per la flessibilità in uscita rispetto all’attuale sistema post riforma Fornero. E su questo c’è l’impegno del Governo. Infine, l’uso dello 0,1 per cento tra indebitamento tendenziale e indebitamento programmatico. Nella risoluzione al DEF dicevamo: « disponendo prudenzialmente, in attesa di registrare tale margine con la presentazione del disegno di legge di assestamento, l’accantonamento di corrispondenti risorse nel bilancio dello Stato ». Si pensava ad interventi nuovi, da assumere dopo la discussione del DEF, quindi già in maggio. Ora il quadro è diverso, non solo per la destinazione delle risorse, ma anche perché, pur essendo il decreto-legge già in vigore, i pagamenti avverranno il 1o agosto. Entro quella data interverrà la proposta di assestamento del Governo e, quindi, la predisposizione di tutti i documenti contabili che sono necessari. Conseguentemente, anche i tempi, oltre ai conti, tornano. Per questo insieme di motivazioni, quindi, approviamo la relazione del Governo al Parlamento come da risoluzione di maggioranza che abbiamo presentato.

 

 

 

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