Legacoop non soffre più i sintomi della febbre del cemento che ha distrutto valore e reputazione del mondo cooperativo, con i big crash di Coopsette e Unieco. Ma diversi nodi sono ancora da sciogliere: l’associazione di via Ruini ha messo nero su bianco buoni numeri, eppure la grande crisi del settore costruzioni non è l’unico tema lasciato sul tavolo dagli ultimi anni difficili. Resta infatti ancora da risolvere, come ha spiegato il vicepresidente di Legacoop Emilia Ovest Luca Bosi nel corso di un incontro con la stampa, il problema delle false cooperative: erodono fatturato alle coop regolari facendo dumping, cioè sfruttando i lavoratori, e distruggono l’immagine della cooperazione sana. E infatti Bosi ha indicato proprio questi tema come uno dei principali tra quelli che la Lega delle coop segnalerà al nuovo Parlamento: da tempo si reclama una legge sulle coop spurie, ma ancora non si è raggiunto l’obiettivo. Carlo Possa, intervenendo sul tema, ha sottolineato come le statistiche indichino una crescita del numero delle cooperative: ma poche di queste sono affiliate alle centrali cooperative, il che indica come alcuni mercati, come quello del settore logistica e servizi, siano ancora ‘aggrediti’ da furbetti che vogliono solo lucrare pagando meno tasse delle normali società di capitali.
Il presidente Andrea Volta ha sottolineato come diversi indicatori descrivano una svolta positiva per il mondo Legacoop. Tra i dati significativi quello del patrimonio che le coop del sistema Lega hanno messo a bilancio: c’è un salto tra 2016 e 2017 di più 60 milioni, che indica come, dopo la devastazione del sistema costruzioni, oggi il mondo cooperativo abbia ricominciato a costruire valore che resterà, auspicabilmente, anche alle generazioni future. Anche sul fronte occupazionale, con tutte le eccezioni e difficoltà del caso, i numeri indicano un trend positivo, con un 6% in più a livello nazionale rispetto al dato di inizio crisi del 2008. Un caso concreto in cui si sta cercando di mettere le pezze con risultati incoraggianti è quello di Coopsette: dei 400 dipendenti rimasti all’inizio della liquidazione coatta amministrativa, solo una trentina sarebbero rimasti in capo all’azienda, mentre gli altri avrebbero trovato tutti un lavoro. “Certo, non tutti indeterminati o magari con soddisfazione piena, però non sono disoccupati”, ha precisato Luca Bosi. Il caso Coopsette dimostra che si può ripartire con la formula del workers’ buyout: i dipendenti dell’azienda fallita si mettono insieme, fondano una coop e ripartono. E’ il caso di Methis, divisione arredamento da ufficio di Coopsette, che sta ripartendo con buoni numeri sotto l’insegna di ‘Methis Officelab’; è stata varata anche Alluminium Tech, che porterà avanti il settore ferramenti ereditato da Coopsette e pare che stia funzionando la coop Fornace di Fosdondo, nata sulle ceneri di Unieco.
Sul fronte delle garanzie sul prestito sociale, le cooperative si stanno adeguando alle nuove normative di legge; si attende nel giro di pochi mesi il completamento dei regolamenti attuativi sulla base dei testi elaborati da Banca d’Italia.
Presentato anche il nuovo direttore di Legacoop Emilia Ovest: è il piacentino Alberto Araldi, 56 anni, già direttore risorse umane di diverse cooperative e presidente di Obim srl, il centro servizi del sistema Legacoop.
La seconda vita delle Coop: numeri in salita dopo gli anni di crisi (specie dell’edilizia)
Dopo la crisi del cemento, Legacoop prova a riprendersi la scena presentando buoni numeri di bilancio. Sul tavolo resta il nodo delle coop spurie. Alberto Araldi nuovo direttore