Eugenio Giani va a Roma, è ufficiale. Lo dice lui stesso all'Ansa, e l'annuncio rimbalza su siti e quotidiani, perché questo vuol dire, per Firenze, una cosa immediata: che le dichiarazioni di Dario Nardella attuale vicesindaco e sindaco in pectore di Firenze sulla “scommessa” di rassegnare subito le dimissioni per dedicarsi alla città sono da prendersi molto sul serio. Infatti, sgombrata la strada da un “ostacolo” così ingombrante come Eugenio Giani, per ora il percorso appare pulito. Tranne quella piccola nuvola che si addensa là, all'orizzonte, e che si chiama primarie.
Per ora, tuttavia, non sembra niente di più che un rumoreggiare di temporale estivo, di quelli che si spera facciano qualche tuono sì, ma in lontananza. E se piove, siano quattro gocce giusto per rinverdire l'insalata. Del resto, il candidato che possa impensierire Dario, ex-violinista Ds “folgorato” da Matteo, non sembra ancora spuntato. Tornando alla promessa del vicesindaco, “La legge non mi imporrebbe di dimettermi se non quando sarò eletto sindaco – ha detto ai microfoni di Mix24, il programma di Gianni Minoli su Radio24 – però penso che ciascuno di noi debba rischiare nella vita. Vale a maggior ragione per i politici e quindi sono determinato a rinunciare al paracadute del doppio incarico e del ruolo di parlamentare. Vorrei soltanto poter condividere la gioia di votare la fiducia al governo Renzi ma dopo di allora darò le mie dimissioni di parlamentare per dedicarmi alla mia città totalmente”.
Bene. Il beneplacito di Eugenio Giani arriva in tarda mattinata, battuto dalle agenzie, e con soddisfazione sì, ma anche con l'aplomb di chi sa di aver fatto un grosso favore levando la sua ipoteca (pesantissima) su Palazzo Vecchio, il potente presidente del consiglio comunale rivela: “Matteo Renzi mi vede nella squadra: lui è l’allenatore. Io avrei preferito fare il centravanti, ovvero fare il sindaco di Firenze, mi viene chiesto di fare il centrocampista, però quando si gioca in squadra è una cosa che riempie d’orgoglio”.
Orgoglio, sicuro. Tanto più che sembrerebbe proprio che Renzi lo abbia posto di fronte a un bivio: o andarsene con lui a Roma, o fare sì il sindaco di Firenze magari superando Nardella, ma con il “peso” di dover poi governare contro di lui. Lui Renzi, s'intende. Delle due l'una: o con Renzi a Roma, o contro Renzi a Firenze. Scelta non tanto difficile, in fondo. “Ho preferito questa strada piuttosto che presentarmi alle primarie contro Dario Nardella – ha aggiunto Giani riferendosi al vicesindaco nominato ieri da Renzi – devo essere molto sincero: probabilmente avrei vinto o comunque me la sarei giocata, ma poi avrei creato problemi alla città perché avrei dovuto amministrare avendo un rapporto di competizione con quella speranza per Firenze che si chiama Matteo Renzi che in questo momento vive, non solo per lui ma per l’intera città, la sfida di diventare presidente del consiglio. Sinceramente sarebbe stato un danno per Firenze e ho preferito fare questa scelta”.
Giani ha anche rivelato che ieri, in una telefonata intercorsa fra lui e Renzi, “Mi ha detto che nel costruire un gioco di squadra preferiva che dopo di lui a Palazzo Vecchio ci fosse una persona che avesse quel profilo di continuità nella rivoluzione generazionale che lui porta avanti. Quindi la persona adatta era il suo coetaneo Dario Nardella che ha 39 anni mentre io ne ho 54. Contemporaneamente mi ha detto che rispetto alla politica romana ero giovane e sarei potuto essere interprete di quel processo di rinnovamento e di valorizzazione del merito e delle competenze che costituiscono parte sempre importante che lui riesce a dare”. Insomma, troppo vecchio per Firenze, giovane per Roma, la via è stata indicata con sufficiente chiarezza. Infine, un rivelazione che sa tanto di professione di fedeltà: “Renzi con me è stato molto affettuoso e nell’indicarmi un incarico a Roma mi ha detto anche che lui quando arriva in un ambiente nuovo ha bisogno di sentirsi sicuro, come quando io in consiglio comunale gli guardavo le spalle soprattutto all’inizio del suo mandato di sindaco”. Giani da quasi sindaco di Firenze a guardaspalle di Renzi.