La psicologia, un lungo passato e nuove frontiere

I temi che deve affrontare: la genitorialità, le migrazioni, le “credenze”

La psicologia, come la intendiamo attualmente, come viene insegnata nelle università e come viene praticata negli ambiti più svariati (dalla terapia dei disturbi mentali all’applicazione nella scuola o nel marketing, per esempio), ha le sue radici nella filosofia greca.

Due sono state le prospettive di partenza. Nella prima, la psiche che si dispiega nei dialoghi di Platone è uno spazio interno, non corporeo sebbene emerga in esso (per alcuni filosofi-scienziati antichi dal cervello, per altri dal cuore), e nel quale si dialoga con sé stessi. È un dialogo interiore che è il presupposto per il dialogo con gli altri, come appunto avviene quando Socrate dialoga con l’allievo e lo invita a riflettere. Sul dialogo si fonda lo sviluppo della verità per me e per l’altro.

Agostino di Ippona secoli dopo avrebbe affermato: “Non voler uscire fuori di te, ritorna in te stesso, la verità abita nell’interno dell’uomo (in interiore homine habitat veritas), e se troverai la tua natura mutevole, trascendi anche te stesso”. Nell’altra prospettiva, privilegiata da Aristotele, si studia l’architettura di questo mondo interno, come si articola in “potenze” o “funzioni” diverse: dalla percezione alla memoria e all’immaginazione, all’intelletto e al linguaggio, al sogno.

Le due prospettive sono state l’una complementare dell’altra fino al 1500, con un arricchimento nel medioevo dovuto all’influenza della filosofia araba. Era un sistema di significati e concetti unitario, per quanto fosse complesso, che includeva la struttura della psiche (ora denominata anima nelle opere in lingua latina) e il suo ruolo sia di costruzione della verità umana sia di accesso alle dimensioni spirituali della fede. Questo sistema si spezza nell’ambiente filosofico-religioso della Riforma, quando l’indagine sulla struttura e le funzioni della psiche prescinde dalla sua dimensione spirituale. La parola “psicologia” comparve per la prima volta nel 1590 appunto in un’opera del filosofo e scienziato tedesco protestante Rodolfo Goclenio. Nel corso delle discussioni successive emerse – in particolare lo sottolineò Immanuel Kant – che la psiche non poteva essere studiata con il metodo sperimentale della scienza moderna perché il mondo interiore è in continua mutazione: mentre osservo i miei processi psichici, proprio per il fatto che li osservo essi si modificano.

Sempre nel contesto della filosofia e scienza tedesca, alla fine dell’Ottocento si ritenne possibile superare questo limite metodologico separando la persona dello sperimentatore dalla persona di cui si studiavano i processi psichici. Il primo laboratorio di psicologia sperimentale nacque a Lipsia nel 1879 e divenne il prototipo di centri analoghi di ricerca, come il primo laboratorio italiano di psicologia, fondato a Firenze nel 1905. La ricerca psicologica incontrò nuove difficoltà metodologiche nello studio di pazienti con disturbi psichici (da qui nuove impostazioni teoriche, non sperimentali, come la psicoanalisi) o di nuovi fenomeni di rilevanza psicologica come i movimenti di massa (dai moti socialisti ai regimi totalitari del primo Novecento), la nuova organizzazione del lavoro indotta dalla industrializzazione o gli effetti devastanti della prima guerra mondiale. Alla fine degli anni ’20 si diffuse l’espressione “crisi della psicologia” per indicare la situazione di stallo in cui si trovava la disciplina e la professione: una varietà di scuole e indirizzi (comportamentismo, teoria della forma, psicoanalisi, ecc.) di fronte ai problemi psicologici emergenti nella società occidentale.

Durante il secondo Novecento la ricerca sperimentale e clinica in psicologia ha fatto molti progressi. Grazie anche all’interazione con le neuroscienze sappiamo molto di più sulle basi cerebrali della mente e il suo funzionamento (“mente”, l’inglese mind già promosso dagli empiristi inglesi del Settecento, ha ormai sostituito “psiche” proprio per eliminare qualsiasi lontano riferimento a una dimensione spirituale). Tuttavia nuove sfide si sono presentate alla psicologia negli ultimi venti anni, ancora una volta per i rapidi mutamenti della società. I temi principali che la psicologia deve affrontare riguardano la sfera della genitorialità, le famiglie arcobaleno – un problema legato all’identità di genere e al genere fluido; le grandi migrazioni di popolazioni con culture diverse e proprie forme di “mentalità” e organizzazione sociale; le “credenze” in base al quale le persone pensano e agiscono nonostante la diffusione attuale della scienza (un fenomeno che si è registrato, per esempio, nelle campagne contro il vaccino del COVID); la crescente rilevanza della rappresentazione visiva/digitale della realtà nell’organizzazione cognitiva individuale e nelle relazioni interpersonali.

L’analisi psicologica di questi problemi investe necessariamente una sfera più ampia di riflessioni, sociali, politiche e religiose. La ricerca psicologica e la pratica professionale devono necessariamente tenere conto di un quadro di riferimento più ampio: il contesto storico in cui agiscono, un mondo di valori e di scelte che un tempo la filosofia compendiava nel termine tedesco Geist (spirito).

Il ciclo di incontri “Psicologia e spiritualità. Frontiere da esplorare”, organizzato dalla Fondazione culturale Niels Stensen di Firenze, è iniziato il 4 febbraio scorso con la conferenza di Luciano Mecacci, della quale si presenta una sintesi

Immagine: particolare della Scuola di Atene di Raffaello Sanzio

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