La precarietà complessa. Ricerca fotografa la dimensione del giornalista sportivo

Firenze – Qual è il profilo del giornalista sportivo nell’Italia di oggi. E’ per tentare di rispondere a questa domanda che l’Ussi, l’Associazione della Stampa Sportiva, ha commissionato una ricerca ad hoc all’Università di Firenze che è stata svolta dal Comunication Strategies Lab diretto dal Prof. Luca Toschi coinvolgendo numerose  tribune stampa sparse sul territorio nazionale. A condurre la ricerca dal titolo “ Precarietà complessa. Il profilo del giornalista sportivo nell’Italia di oggi”  che è stata presentata nell’auditorium del Consiglio regionale in occasione dell’incontro organizzato dall’Associazione Stampa Toscana e USSI Toscana e valido l’acquisizione dei crediti formativi della professione giornalistica, Il prof. Pippo Russo, sociologo all’Università di Firenze, oltrechè giornalista e scrittore affiancato dal dott. Matteo Coppi. “ Nel giornalismo di oggi – ha detto Franco Morabito presidente USSI Toscana – spesso a mancare è l’esperienza della redazione è necessario quindi capire meglio il profilo del giornalista sportivo di oggi per stabilire quale strada intraprendere come USSI, questa ricerca  ci permette di conoscere meglio la professione oggi.” “Esiste un pregiudizio di fondo sul giornalismo sportivo come giornalismo di serie B – ha detto Pippo Russo – un giornalismo che non ha grande stima di se stesso, ma a partire dagli anni ’80 le cose cambiano, fare giornalismo sportivo significa avere competenze nel campo del diritto, dell’economia, della farmacologia, della comunicazione. Oggi il giornalista sportivo gestisce competenze ampie con un  carico di responsabilità accresciuta. Nello steso tempo però è una figura precaria, una condizione trasversale ma che nel giornalismo sportivo ha dimensioni accentuate, fino a diventare un terreno di sperimentazione del precariato più selvaggio”.

Una precarietà che ha il volto di una condizione consolidata nel considerarlo un segmento dell’informazione  considerato di transito o di pura formazione ma alla quale oggi si sono andati ad aggiungere nuovi scenari, in primis la crisi economica e la contrazione degli investimenti, la ristrutturazione tecnologica e la fluidificazione temporale, la proliferazione delle tribune comunicativo-informative  e non ultima l’esternalizzazione del lavoro giornalistico. Il dato statistico permette di inquadrare al meglio il fenomeno, se un 36,7% degli intervistati hanno un contratto a tempo indeterminato, sale al 46,6 % la collaborazione esterna retribuita, con un 6,7% di non retribuito, lavorare nel giornalismo sportivo sembrerebbe quasi un privilegio. A fronte di un 42,1 di giornalisti professionisti abbiamo un 46,6 di giornalisti pubblicisti, sono i giornalisti della domenica che vanno a costituire un esercito nel mondo dell’informazione non formalizzata che cresce soprattutto nelle fasce anagraficamente più giovani e molti dei quali non sono specializzati in giornalismo sportivo ma si occupano anche di altri settori.

Il quotidiano cartaceo continua ad avere il suo peso con un 51,7%, 23,2 per le testate televisive e 28,1 per i siti web, molti giornalisti si trovano a lavorare su più fronti e anche se il quotidiano cartaceo regge, se mettiamo insieme i new media, ci troviamo davanti a un settore in grande ascesa e il panorama è in trasformazione. Ma qual è il giudizio sul giornalismo sportivo da chi lo pratica? Per il 53,9% è un settore con una sua dignità informativa, per il 38,7% richiede una formazione e una preparazione più elevata e per il 33, 5% potrebbe essere meglio sviluppato. E cosa chiedono in particolare i giornalisti sportivi all’Ordine e all’USSi?  Il 41,9% una più attenta tutela nei rapporti con i Club e gli altri attori dello sport, più formazione per il 37,7%, che si regoli l’accesso alle tribune stampa e ai luoghi di lavoro giornalistico per il 23,9%.

In sintesi “Ci troviamo davanti a una precarietà complessa – ha detto Pippo Russo – con indicazioni positive per quanto riguarda il capitale umano e l’alta formazione intesa come risorsa e non come ostacolo, si avverte la necessità di integrare la formazione teorica con quella del mestiere imparato , una delle sfide delle associazioni è quella di far riconoscere in modo formalizzato questo bagaglio”. In conclusione i tre punti sintetici della ricerca sono : un auto percezione positiva, la necessità di riconoscere il valore curriculare dell’esperienza e la definizione di un rapporto più chiaro con gli attori dello sport.

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