Firenze – Dati allarmanti per l’Italia, o almeno per il futuro dei suoi cittadini più piccli, vengono resi noti da Save the Children. Più di un milione di bambini nel nostro Paese (uno su dieci) vive in condizioni di povertà assoluta. Una situaizone di privazione economica e materiale che tuttavia nasconde spesso un’altra più insidiosa e meno visibile povertà, vale a dire quella educativa, quella povertà che priva i bambini e gli adolescenti dell’opportunità di apprendere, sperimentare, sviluppare e far fiorire liberamente capacità, talenti e aspirazioni. Ed ecco in cosa consiste la povertà educativa: non solo non si raggiungono le competenze cognitive, salvacondotto per vivere da “inclusi” in una società sempre più innovativa e determinata dalle conoscenze, ma la “mancanza” di cognizione si riverbera anche nelle cosidette competenze “non cognitive”, che sono lo sviluppo delle capacità emotive, di relazione con gli altri, di scoperta di se stessi e del mondo.
Uno dei dati più allarmanti è che la povertà educativa è fortemente associata alla situazione socio-economica della famiglia e altri fattori demografici, quali il luogo di nascita, il sesso, l’origine migrante. Insomma si assiste a una sorta di catena perversa fra la famiglia di origine e le sue “povertà” e quelle future di chi vi nasce. I dati elaborati da Save the Children fotografano un Paese nel quale è la “lotteria della natura”, ovvero lo svantaggio “ereditato”, a determinare le differenze di apprendimento dei minori. Un Paese quindi dove l’ascensore sociale non funziona e in cui lo svantaggio economico ed educativo si trasmette di generazione in generazione.
Dunque, si può affermare, dati alla mano, che in Italia è in buona parte il caso a decidere se un bambino potrà realizzare oppure no le sue aspirazioni, i suoi sogni, in una parola la sua vita. Infatti, la povertà cognitiva è ancorata significativamente allo status socio-economico e culturale della famiglia. Ed ecco i dati: più di un terzo dei minori di 15 anni che vivono nel 20% delle famiglie più disagiate non raggiunge i livelli minimi di competenze in matematica e lettura, rispetto a meno del 10% dei quindicenni che vivono in famiglie con i livelli socioeconomici e culturali più elevati . Questi ultimi ottengono risultati ai test standard che li pjngono nella media degli studenti di paesi come Singapore e Giappone, in testa alla classifica mondiale, e distanziano di quasi 100 punti i loro coetanei italiani che vivono in famiglie svantaggiate (i quali, a loro volta, hanno performance simili alla media degli studenti di paesi come Bulgaria o Romania, in fondo alla classifica europea).
Di fatto, è la povertà economica uno dei fattori predittivi principali della povertà educativa. Secondo le stime dell’Istat sono più di un milione i bambini e gli adolescenti in condizioni di povertà assoluta (il 10% della popolazione di riferimento), e più di 2 milioni di minori in povertà relativa (il 20%). A partire dal 2008, ovvero con l’inizio della crisi economica e finanziaria, l’aumento della percentuale di minori poveri è constantamente aumentata. Tra il 2011 e il 2013, il tasso di povertà assoluta tra i minori è cresciuto di 5 pp (dal 5% al 9,9%). Soltanto nell’ultimo anno, è aumentato di 1 punto. Ancor più rilevante è la progressione della povertà relativa. Dal 2011 ad oggi è aumentata di ben 7,5 punti, con incremento annuo di circa 2 punti.