La piaga culturale del “neneismo”, un macigno sulla strada delle nostre libertà. Il sangue martire ucraino versato anche per le nostre democrazie

Giocattoli di benvenuto per i bimbi e le bimbe ucraini sul ponte al confine con la Romania

E’ probabilmente il “neneismo”, termine neologico con cui indicheremo coloro che “né con Putin né con la Nato”, fintamente terzi, realmente sprezzanti della più grave crisi umanitaria del nuovo millennio, la piaga culturale più profonda e pericolosa che si annida nelle posizioni di comodo del mondo occidentale. Che ormai il filoputinismo o la soviet nostalgia, ascrivibile a sparute minoranze che il comunismo non l’hanno mai vissuto, è più facilmente classificabile come patologia venata di tendenze (non necessariamente emerse) criminali. Il neneismo è la sublimazione negativa dell’aut-aut kierkegaardiano, laddove al posto della vita estetica ed etica, si hanno quelle anestetica ed amorale.

Nemmeno le immagini quotidiane di città devastate, di scuole, teatri, ospedali, centri commerciali tirati giù senza pietà, di milioni di uomini ma soprattutto donne e bambini in fuga e senza un domani, scalfiscono le granitiche (a)certezze dei neneisti. E allora l’Afghanistan, l’Iraq, la Palestina, il Libano, lo Yemen? Si chiedono sovrapponendo storia, geografia, contesti, per cercare di mettere in filigrana le imperiture, eterne, pregiudiziali “Colpe dell’Occidente” ormai rispolverate con la stessa solerzia ed obiettività di chi ogni tanto fa sfoggio di antisemitismo sbandierando la fanfaluca del Protocollo dei Savi di Sion.

Il francescano Papa Bergoglio al Bambin Gesù per incontrare i bimbi ucraini che fuggono dalla guerra

Nemmeno le notizie della popolazione ucraina umiliata, ammazzata senza pietà, quelle di probabili stupri a Mariupol ormai in mano alla soldataglia russa turba più di tanto la comfort zone dei neneisti da salotto che da subito hanno srotolato le bandiere arcobaleno (buone per tutte le occasioni, specie quelle in tempi di pace) ma hanno cominciato coi soliti distinguo allo sventolare delle bandiere gialloazzurre della popolazione aggredita nella sua sovranità e martoriata nella sua umnaità. Perché sai il battaglione Azov utilizza tatuaggi neonazisti e dunque per estensione…L’antifascismo buono per snidare i simboli che puzzano ma, mutatis mutandis, mai a e poi mai ad individuare le giravolte della storia ed i nuovi interpreti delle tirannie.

Nemmeno l’agghiacciante adunata putiniana allo stadio dove l’autarca russo con dichiarate mire zariste (proveniente dal Kgb e dalla Stasi, un background che oggi si manifesta con estrema chiarezza) ha utilizzato toni e contenuti farneticanti messianici (la mitopoiesi delle origini fondanti il cammino di un popolo a giustificazione delle atrocità contemporanee), schioda il neneismo dalla più totale mancanza del sospetto che la deriva putiniana cominci ad assomigliare sempre più, per ora “solo” nella manipolazione del rapporto causa/effetto degli avvenimenti, alla parabola del Fuhrer. Tanto che la Procura dell’Aja ha compiuto le prime mosse per procedere contro Putin per “crimini di guerra”.

Donne in nero per l’Ucraina

Ma nemmeno le totalmente contrapponibili informazioni che da una parte arrivano da Mosca, dove dissidenti e tentativi di parlare della guerra in atto sono puniti con violente repressioni e con pene fino a 15 anni di carcere, e dall’altra i report delle miriadi di giornalisti delle testate dei Paesi liberi (alcuni dei quali hanno già perso la vita) che documentano lo sterminio, scalfiscono la sicumera social (cloaca maxima dell’equiparazione dei pareri) dei neneisti da tastiera. Per i quali si tratta della mera contrapposizione di due propagande, da una parte quella dell’aggredente e dall’altra quella dell’aggredito, i quali, ciascuno in modo confacente le proprie possibilità, stiracchia la realtà a fini propri. E chissefrega se Mosca dai tempi della Guerra Fredda, con propensione crescente, è l’inferno in terra della Disinformazia a tutti i livelli e della manipolazione sistematica di notizie e vicende.

Neppure il Papa tonitrueggiante che urla da San Pietro al “sacrilegio” instilla l’ombra del dubbio al cattopacifismo neneista, sempre più epigonico di decenni in cui certe battaglie valoriali avevano una loro ragion d’essere, che giudica addirittura immorale l’eroica e tragicamente epica reistenza ucraina a scapito della vita bene assoluto. Mentre il dramma consapevole di quella gente cerca di riportare il moralismo ipocrita sulla strada dell’etica tout court mostrando al mondo come si alza l’asticella della qualità dei “valori assoluti”. La vita sì ma libera e dignitosa.

Per cercare di rimettere sulla strada dell’ortodossia dossettiana certi cattoneneisti troppo sbilanciati verso la dimensione dei figli dei fiori, è dovuto intervenire a più riprese lo stesso Pierluigi Castagnetti che in un tweet ha ricordato come Giusepper Dossetti, “tra i contemporanei lo studioso più coerente sul tema della pace”, relatore dell’articolo 11, abbia teorizzato e praticato la Resistenza contro i crimini dell’occupante straniero.

Perchè è questo il punto: il sangue dei martiri ucraini sta scorrendo a fiumi anche per noi, per i valori fondanti le nostre democrazie e le nostre libertà, cui guardano con desiderio partecipativo la stragrande maggioranza degli abitanti del pianeta. Che oggi registra come “alternative” alle vere socialdemocrazie liberali solo ed esclusivamente oligarchie plutocratiche, schiavimentifici di vario genere post-comunisti, sultanati ottomani, plutocrazie autocratiche, tirannidi islamiste.

Certo, nessuno vuole guerre e morti. Vie diplomatiche e pacifiche sono per tutti di gran lunga quelle preferibili. Ma c’è anche un alto valore, non solo formale, nei simboli. Possibile che anche a Reggio, città medaglia d’oro della Resistenza e che quasi fisiologicamente dovrebbe individuare da che parte spiri il vento del dispotismo, il neneismo sia ancora ideologicamente così fiorente? Per questi ed altri motivi qui non riassumibili, non temo tanto Putin in sé. Ma il “neneismo” che è in me.

 

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