La Persia di Della Valle, viaggiatore della conoscenza

L’aristocratico romano che nel ‘600 divenne ponte fra Europa e Oriente
Particolare di copertina

È tutto straordinario, quando si parla di Pietro Della Valle, aristocratico romano vissuto a cavallo fra il XVI° e il XVII° secolo, poeta, musicista, botanico, scrittore e tanto altro. Ma soprattutto, viaggiatore. Uno di quei viaggiatori che partono per amor del viaggio, perché il viaggio è forma e conoscenza; è lo spirito inquieto di Odisseo, che riparte dalla sua Itaca, perché mai pago di conoscere. E se di Odisseo il narrare del suo straordinario viaggio giace nelle mani del poeta, Omero, Pietro Della Valle deve scriverselo da sé, mutatis mutandis, il suo poema; ovvero, il viaggio, che compie partendo da Venezia per arrivare altrove, oltre, dalla Grecia alla Turchia alla Persia all’India.

Un viaggio di cui abbiamo due fonti parallele e dello stesso autore, le Lettere e un Diario. Già di per sé, circostanza straordinaria, come sottolinea il curatore dell’opera riedita dalla casa editrice romana ISMEO, Mario Vitalone. Formatosi alla scuola napoletana dell’Orientale negli anni Ottanta, Vitalone unisce agli studi che ne fanno uno dei più noti esperti di iranistica con specifica conoscenza dei luoghi devalliani, l’aspetto della conoscenza diretta dei luoghi stessi, dal momento che sia per studio che per passione, ha trascorso un lungo soggiorno in Iran. Circostanze che hanno permesso di immettere nel circuito della conoscenza un Diario che si segnala per l’accuratezza dei dettagli, gli indici e un apparato di oltre mille note, mentre la bibliografia finale tira le fila aggiornandolo dell’ampia produzione relativa a Della Valle , che va da opere della metà del Siecento fino ai tempi della contemporaneità.

E’ molto difficile tuttavia parlare del Diario senza soffermarsi sull’autore, Pietro Della Valle, anche perché si deve in gran parte proprio alla sua circostanza esistenziale l’esistenza stessa del viaggio, inteso nella particolare accezione di cui sopra. Intanto, da sottolineare, come spiega Vitalone, è l’eccezione che Della Valle rappresenta fra i viaggiatori europei dell’epoca: ” Né mercante, né ambasciatore, né missionario, e pertanto libero dai condizionamenti di un ruolo e da compiti o interessi ben precisi, egli ha potuto lasciare, grazie anche alla sua solida formazione intellettuale, quello che è considerato il migliore resoconto della Persia safavide”, ricorda, nella presentazione, il curatore Mario Vitalone.

Chi era Pietro Della Valle – Pietro Della Valle nasce a Roma 1’11 aprile 1586, da Pompeo e da
Giovanna Alberini. La sua prima giovinezza l’educazione sono quelle tipiche del periodo e del suo ceto d’appartenenza: studia il diritto, le lingue classiche, ma anche poesia e musica, dando così inizio a una passione che lo accompagnerà per tutta la vita. La svolta per la sua vita futura avviene grazie a un viaggio a Napoli, dove si reca, a circa vent’anni, e dove, grazie a Mario Schipano, prese contatti con studiosi e orientalisti. L’interesse per l’Oriente divampa e comincia a delinearsi e rafforzarsi l’idea del viaggio in Oriente.

Il ritorno a Roma, il 4 marzo 1614, non lo frena e, dopo un mese, lo ritroviamo a Venezia, dove, l’8 giugno , parte per il grande viaggio.

Il viaggio – La partenza da Venezia si compie via mare, e le tappe principali sono Costantinopoli, Cairo, Gerusalemme, Damasco, Aleppo e Baghdad. Tre anni in cui Della Valle perfeziona le lingue che poi gli troneranno utili, in particolare il turco, che sarà strumento di comunicazione lungo tutto il viaggio e di cui diventerà un esperto riconosciuto al suo rientro a Roma. Sarà a Baghdad, inoltre, che avverrà una seconda svolta nella sua vita, con l’incontro di Maani Gioerida, una giovane giovane georgiana, di religione nestoriana, ma che si convertirà al cattolicesimo, che diventerà sua sposa. Una protagonista ssoluta della sua esistenza, in quanto la giovane spicca in particolare a confronto con le dame romane: ama cavalcare, è di indole avventurosa e lo segue e seguirà ovunque nelle sue avventure di viaggio, condividendone rischi, pericoli e disagi, Una felicità la loro che verrà annullata dalla morte di Maani, avvenuta nel corso del soggiorno in Persia, a Minab sul Golfo Persico,, il 30 dicembre 1621. Una morte che peserà per sempre sull’esistenza di Della Valle, aggravata dal fatto che la giovane sposa è incinta e perde il bambino. Un episodio in cui si coglie appieno la discrepanza e l’utilità del Diario rispetto alle Lettere, dal momento che il Diario dà conto del trascorrere dei giorni della sposa ammalata, del suo coraggio, della sua sopportazione. anche di un peisodio assolutamente trascurato nelle lettere, ovvero che i figli sono due, un maschio e una bimba, gemelli. Nelle lettere, la gemellina scompare.

La tragicità dell’evento e l’attaccamento di Della Valle alla giovane sposa perduta è tale che non vuole separarsi da lei e fatto imbalsamare il corpo, lo chiude in una cassa che porterà con sé per tutto il resto del viaggio. Ben 5 anni, ancora, prima di fare ritorno a Roma nel 1626, dove, nel corso di una grandiosa cerimonia, la seppellisce nella cappella di famiglia,a Santa Maria in Aracoeli.

In Persia, con ancora accanto Sitti Maani, Della Valle giunge, lasciata Baghdad, il 22 febbraio 1617. Città d’arrivo, Esfahān. Vi trascorse sei anni, lasciandoci quello che è considerato ” il migliore resoconto storico, politico, ma anche geografico, archeologico e linguistico della Persia safavide”, come dice Vitalone. Sei anni in cui non solo si produsse in viaggi all’interno del Paese e quindi in osservazioni dirette sugli usi e sul Paese, ma in cui godette di un rapporto molto amichevole con ShāhAbbās, spingendosi a suggerirgli un piano in funzione antiturca che mirava alla formazione di un solido fronte orientale .

Shāh ‛Abbās è un personaggio storico e politico di tutto rispetto, in particolare nella narrazione di Della Valle assume il peso di un protagonista assoluto. Non solo perché erede della tradizione della grande Persia e rappresentante di un potere difficile da comprendere per un europeo, ma anche per la sua dimensione contraddittoria, da uomo aperto e dalle idee illuminate, progressista, a mostro crudele di assolutismo. Anche in questo caso, si nota una certa discrasia fra le Lettere, scritte traendole dal Diario e oberate anche dalla necessità di non esagerare, ad esempio nella narrazione dei meriti di Shāh ‛Abbās, e gli episodi narrati nel Diario.

L’India e il ritorno – il ritorno in patria avviene via mare, dalla Persia, dal momento che la via di terra è diventata troppo pericolosa a causa della guerra fra Portoghesi e Persiani e Inglesi a causa del possesso dell’isola di Hormuz e di quella di Qeshm. Della Valle parte quando la questione si risolve, con la vittoria dei Persiani e Inglesi, e parte il 9 gennaio 1623 verso l’India. visita quasi tutta la costa occidentale, il 15 novembre 1624 prende la via del ritorno. di nuovo via mare giunge a Basra, poi con una carovana raggiunge Aleppo, riprende la nave per raggiungere Alessandretta e poi, Cipro, Malta, Siracusa e Messina, fino a Napoli dove giunge il 5 febbraio 1626 e dove ritrova il suo amico Mario Schipano, che lo ospita per circa un mese. il 26 marzo rientra a Roma.

Roma – La sua città natale lo accoglie con sorpresa, dal momento che lo si considerava ormai disperso, perito nel viaggio oppure ormai deciso a restare in Oriente. La sua vita, dopo il ritorno, fu quella di un grande studioso, in particolare si dedicò alle conoscenze acquisite nei 12 anni di viaggio, come spiega Vitalone. Il gentiluomo romano conosceva ormai il turco, il persiano, l’arabo e aveva nozioni, come si legge nella presentazione del curatore, ” di etiopico, greco moderno, ebraico, copto e sanscrito”. Ben presto divenne punto di riferimento per tutti coloro che si interessassero, studiassero, volessero informazioni e consigli per quanto riguarda l’Oriente. Inoltre, sottolinea Vitalone, continuò “a svolgere, fino alla sua morte avvenuta il 21 aprile 1652, il ruolo di mediatore culturale tra la Persia safavide e l’Europa cattolica che aveva assunto dopo il suo ritorno a Roma”.

Per quanto riguarda le opere che narrano del viaggio, le intenzioni di Della Valle erano diverse: infatti, si era accordato con l’amico napoletano Mario Schipano che le lettere che lui inviava, sarebbero state, dall’amico, ridotte a una narrazione organica che sarebbe stata pubblicata a suo nome. Al ritorno, Pietro Della Valle, “ebbe la sgradita sorpresa” che l’amico non se ne era affatto curato. Perciò, dopo averle revisionate e in parte corrette traendo linfa dal Diario, le pubblicò in forma epistolare. La revisione riguardò la Turchia e la Persia, ma la morte gli impedì di procedere per l’India. Le pubblicazioni avvennero dopo la sua morte, si susseguirono nei secoli, ma la vera scoperta avvenne nel 1969 e negli anni ’70.

Il Diario autografo, attualmente depositato presso la Biblioteca Apostolica Vaticana, si differenzia dalle Lettere anche per il materiale che contiene, fra cui una parte cospicua dei codici che Pietro della Valle aveva raccolto durante il suo viaggio. Non solo; è ricco di schizzi che raffigurano la Persia del tempo, perlopiù aventi a oggetto ricevimenti reali , ma anche interessanti rilievi archeologici e architettonici, fra cui ricordiamo quelli che probabilmente furono le prime immagini riportate in Europa delle rovine di Persepoli e Naqsh-e Rostam visitate nel 13-14 ottobre 1621, in cui vengono illustrata anche alcuni caratteri in scrittura cuneiforme, per cui a Della Valle è riconosciuta “la priorità assoluta per l’attestazione
della scrittura cuneiforme da parte di un europeo”.

E poi ancora versi di poesia, allocuzioni in persiano, arabo, altre lingue, tutte tracce scomparse dalle Lettere. Ma la differenza forse più significativa, fa notare Vitalone, fra Lettere e Diario, si riscontra nei “contenuti, soprattutto nell’ambito politico, militare e religioso, come ad esempio sulla divisione e mancanza di collaborazione tra le potenze cristiane nei confronti dei Turchi o le pesanti critiche espresse alla politica arrendevole del Re di Spagna, ma spesso anche in quello etico e del comportamento, come ad esempio la descrizione dell’ottimo comportamento e dell’estremo rispetto dell’esercito persiano verso i luoghi del paese che attraversava, contrariamente a quanto, secondo Della Valle, di norma accadeva in Europa”.

Insomma, un Diario prezioso in particolare per apprezzare e imparare da Della Valle l’approccio al mondo e al viaggio, “caratterizzato – conclude Vitalone – da un dialogo continuo con gli altri, e come l’esperienza di viaggio, che ci fa conoscere altre culture, ci faccia aprire nuove prospettive di pensiero”.

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