La paralisi dell’Ispettorato del Lavoro, agenzia nata zoppa e con regole contraddittorie

Focus sui problemi dell’istituto con Matteo Ariano, coordinatore FP Cgil

La grande mobilitazione che sta avvenendo da mesi tra i lavoratori dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (3 scioperi in un anno e mezzo, con adesione di oltre il 60%, con punte dell’80-90 % anche per l’ultimo sciopero), Istituto relativamente recente e poco conosciuto, pone alcuni problemi in particolare alla politica. Come spiega il coordinatore nazionale della FP Cgil Matteo Ariano, la nascita dell’Ispettorato viene prevista nell’ambito del Jobs Act emanato dal governo Renzi. Il decreto legislativo che lo ha introdotto è il D.Lgs. 149/2015, ma l’INL diventa operativo dal 1° gennaio 2017.

L’INL nasce dunque come Agenzia che avrebbe dovuto svolgere in maniera autonoma i compiti di vigilanza sul mercato del lavoro. L’obiettivo, ricorda Ariano, era quello di creare un unico soggetto istituzionale in grado di effettuare la vigilanza sul lavoro effettuata da diversi organi (Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, INPS, INAIL, Carabinieri, Guardia di Finanza, Agenzia delle Entrate, Polizia municipale), partendo dal presupposto che il coordinamento delle varie forze in campo – previsto a più riprese e da ultimo dal d.lgs. 124/2004 – non aveva dato risultati.

Il primo elemento critico, è proprio il fatto che “l’Ispettorato nasce come un soggetto istituzionalmente ibrido, in quanto da un lato la sua creazione avviene ai sensi dell’art. 8 del d.lgs. 300/99, la norma istitutiva delle agenzie fiscali, ma dall’altro esso non è dotato della medesima autonomia delle stesse. Inoltre è istituito senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, ossia senza alcun investimento di risorse pubbliche”.

In soldoni dunque, il decisore politico, se da un lato ebbe il coraggio di immaginare un soggetto in grado di avviare un’opera di razionalizzazione, dall’altro lo fece nascere zoppo, dichiarando espressamente che non vi avrebbe destinato alcun investimento di risorse. “La nascita di un Ente simile a “costo zero” è il peccato originale che la riforma si porta dietro, come noi della FP CGIL denunciammo sin da subito, e che sin da subito ha evidenziato tutti i suoi limiti, impedendo alla riforma di decollare per davvero – spiega il sindacalista – si consideri, ad esempio, il tema della condivisione delle banche dati istituzionali, che reca con sé una serie di problemi non ancora risolti. Il primo problema riguarda l’interoperabilità della banche dati di ciascun ente, che sono state costruite come un sistema chiuso, non in grado di dialogare con l’esterno. E’ quindi necessario l’avvio di un intervento strutturale, teso ad “aprire” la singola banca dati per renderla in grado di dialogare con le altre”.

La questione della “chiusura” delle banche dati dei singoli enti è particolarmente importante per il corretto svolgimento dell’attività ispettiva. Un intervento che ha un costo per ogni singolo ente, ma, specifica Ariano, è ancora più pesante il significato politico. Occorre infatti che tutti gli enti coinvolti si siedano attorno a un tavolo e si rendano disponibili a condividere i dati “propri”.

Per rendere chiara la questione, si pensi che il Sistema Informativo Nazionale della Prevenzione (SINP), previsto dal Testo Unico Sicurezza (d. lgs. 81/08) è stato reso operativo solo l’anno scorso, con quindici anni di ritardo, ed è solo uno dei casi di interconnessione di banche dati non ancora avviati. Nel frattempo, il decreto lavoro (DL 48/2023) all’art. 15 nuovamente ribadisce la condivisione dei dati per il rafforzamento dell’attività ispettiva, “segno – commenta il sindacalista – che la questione è ancora lontana dall’essere risolta”.

Fra le criticità rimaste irrisolte, ci sono anche i costi del personale. “Il d.lgsl 149/2015 prevede espressamente all’art. 6, che al personale dell’INL (dirigenziale e non) si applichino le disposizioni dell’allora CCNL Ministeri. Quindi, ulteriore paradosso: l’INL è istituito secondo la norma delle agenzie fiscali ma non vi si applica quel CCNL o quello degli allora Enti Pubblici Non Economici ma, sempre per ragioni di risparmio di spesa, quello “più povero” dei Ministeri”.

Questo aspetto si aggancia a un altro, molto significativo e conseguente, ovvero il fatto che la progressiva unificazione del personale ispettivo, in particolare tra ispettori INL (ossia ex Ministero del Lavoro), ispettori INPS e ispettori INAIL, sarebbe dovuta avvenire con il CCNL più povero. Di fatto, ciò significherebbe “portare al ribasso anche le condizioni di lavoro degli ispettori INPS/INAIL, una cosa assolutamente inaccettabile, sia per i lavoratori che per le OO.SS. Quindi, anche le assunzioni di personale sarebbero dovute avvenire applicando il trattamento più sconveniente”. Un aspetto che ha impedito, ovviamente, le assunzioni, con la conseguenza che INPS e INAIL non possono più assumere nuovi ispettori, per la presenza di una norma del d.l.gs. 149 che glielo impedisce e pone i loro ispettori in un ruolo a esaurimento, a garanzia del mantenimento della loro condizione economica e normativa.

Contestualmente, INL non ha ancora effettuato nuove assunzioni di ispettori in ambito previdenziale e assicurativo “perché INPS e INAIL non hanno ceduto le loro facoltà assunzionali e comunque se anche lo facessero e INL assumesse nuovi ispettori in ambito previdenziale e assicurativo lo farebbe applicando loro un trattamento economico peggiore”. Andando sul concreto, la differenza di trattamento tra un ispettore del lavoro e un suo omologo dell’INPS e dell’INAIL è di qualche migliaio di euro l’anno (siamo sui 3-4mila euro annui pro capite, sebbene si sia ridotto rispetto al passato), cui aggiungere i trattamenti di welfare aziendale che quegli Enti riconoscono ai propri dipendenti. Naturalmente, questa differenza non riguarda solo il personale ispettivo, ma tutti i diversi profili. Quelli sopra riportati, sono solo due esempi, ma direi parecchio significativi dei problemi derivanti dal cosiddetto “costo zero”.”.

L’INL è quindi un soggetto autonomo, ma legato al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali da una convenzione che annualmente viene stipulata, con la quale il Ministero indica all’INL gli obiettivi da raggiungere, anche considerando che, per effetto della nascita dell’INL, il Ministero non ha più sedi sul territorio, se non la sede centrale di Roma. Le vecchie sedi delle Direzioni Territoriali del Lavoro del Ministero sono ora diventati gli Ispettorati Territoriali del Lavoro, al cui interno si svolgono le attività che si svolgevano nelle DTL. Un caso a parte riguarda la Regione Sicilia e le Province autonome di Trento e Bolzano, in cui l’ispettorato esiste ma non è su base statale, dipendendo direttamente dal potere locale.

“Anche su questo è in corso un ripensamento, in quanto questa differenziazione non ha dato affatto buona prova di sé – spiega Matteo Ariano – ad esempio, per la Regione Sicilia è intervenuta di recente una norma del cd. Decreto Lavoro, che dispone che “Al fine di potenziare le attività di polizia giudiziaria in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, di rapporti di lavoro e di legislazione sociale, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro, nell’ambito del personale già in servizio, individua un contingente di personale ispettivo adeguatamente qualificato che, avvalendosi delle strutture messe a disposizione dall’ INPS e dall’INAIL, è impiegato sul territorio della Regione siciliana” (Art. 16 DL 48/2023)”.  

Per effetto di questa disposizione, nei mesi scorsi è stato inviato un primo contingente di circa trenta ispettori del lavoro che opera nelle province siciliane, cui nei prossimi mesi se ne aggiungerà un altro, con l’obiettivo di garantire che il rispetto delle leggi sul lavoro e la tutela dei lavoratori siano effettivi su tutto il territorio nazionale, senza più eccezioni. “Dalle prime informazioni riportate dall’INL, i risultati sono stati più che buoni, con il 100% delle irregolarità riscontate nelle ispezioni effettuate. Occorre quindi proseguire su quella strada, irrobustendola con ulteriori decine di ispettori, del lavoro e tecnici”.

Rispetto al personale, ecco i numeri. L’ultimo piano dei fabbisogni approvato dall’INL, per il triennio 2023-2025, prevede, come rivela il sindacalista, una dotazione organica di 7.850 dipendenti, a fronte della quale attualmente sono in forza 4.454 dipendenti, con una scopertura di quasi 3.400 unità di personale. Eppure, ricorda Ariano, in questi ultimi due anni l’INL ha bandito concorsi sia per funzionari amministrativi che per ispettori del lavoro, oltre che un concorso straordinario per ispettori tecnici del lavoro.

Nonostante questo, le scoperture in organico restano. I motivi sono legati al fatto che molti lavoratori rinunciano a prendere servizio ovvero, dopo aver preso servizio, vanno via preferendo andare in altri Enti della PA. Un fenomeno, a dire il vero, che non riguarda solo l’INL ma tutto il lavoro pubblico, nei cui confronti è cambiato l’atteggiamento di chi si affaccia al mondo del lavoro. “L’INL più di altri Enti ha avuto un tasso di rinunce molto alto (inizialmente la percentuale di rinunce era intorno al 60% dei vincitori); questo accade per il summenzionato problema relativo a una sproporzione tra competenze richieste e salario corrisposto. In altri termini, il ragionamento che molti lavoratori fanno è: per quale ragione dovrei prendere servizio in un Ente che mi richiede alte competenze e alte responsabilità a fronte di una retribuzione (in particolare accessoria) più bassa di quella offerta da altri Enti pubblici?”.

Per fare un esempio, il concorso per ispettori tecnici del lavoro, ossia gli ispettori che dovranno occuparsi delle ispezioni in materia di salute e sicurezza, è stato bandito per 1149 posti. Meno di 800 unità hanno preso servizio. La graduatoria è già esaurita e sarà necessario bandire un nuovo concorso.

La carenza di organico porta dritti dritti al fenomeno della “percentualizzazione”. “Significa – spiega Ariano – che gli ispettori sono adibiti dai propri uffici in parte al servizio ispettivo e in parte ad altre attività (gestione del personale, servizi all’utenza, ufficio legale, etc.). Questo accade per le scoperture in organico tuttora presenti, in particolare negli uffici del Centro e ancor di più del Nord Italia. Non essendoci altri funzionari a disposizione, il dirigente adibisce – per alcuni giorni a settimana, in percentuale variabile – gli ispettori a fare altre attività e li usa come “factotum”.”. A rimetterci, le ispezioni, che sono meno, con buona pace di uno degli obiettivi assegnati dal PNRR , ovvero quello di aumentare del 20% il numero delle ispezioni da fare.

Per quanto riguarda la natura, gli ispettori del lavoro sono divisi in due profili: gli ispettori del lavoro e gli ispettori tecnici del lavoro. I primi hanno il compito di verificare la regolarità dei rapporti di lavoro; quindi, vedere se il lavoratore è in nero o meno e, se è in regola, verificare se la retribuzione corrisposta è corretta, se l’inquadramento del lavoratore e il CCNL applicato sono corretti, se effettua le pause quando previsto, se c’è o meno somministrazione illecita di lavoratori che può determinare forme di sfruttamento sino al caporalato ossia l’intermediazione illecita e altro ancora.

Gli ispettori tecnici del lavoro, invece, hanno il compito di verificare il rispetto delle norme in materia di sicurezza sul lavoro. Fino al 2021, l’ambito di intervento era circoscritto ai cantieri edili e a poche altre situazioni come i cosiddetti ambienti confinati (pensiamo ai silos dove viene stoccato il vino, in cui spesso capitano infortuni mortali). Dal 2021, il Governo Draghi con il Ministro Orlando ha approvato il DL 146/2021, che ha riconosciuto all’INL la competenza in materia di salute e sicurezza su tutti gli ambienti di lavoro ed è stato quindi bandito il reclutamento straordinario per ispettori tecnici di cui scrivevo sopra. Per effetto di questa nuova norma, quindi, ora l’Ispettorato ha competenza a 360° sulla sicurezza sul lavoro; tuttavia, si consideri che il corso di formazione per questi 700-800 nuovi ispettori tecnici si è concluso il 27 ottobre e che ora ci sarà una fase di addestramento on the job, per effetto della quale solo dal 2024 potremo iniziare a vedere i primi effetti pratici, con un aumento delle ispezioni in materia.

Gli strumenti degli ispettori sono sanzioni pecuniarie nei confronti delle aziende che violano le norme in materia di lavoro; inoltre, sono ufficiali di polizia giudiziaria nell’esercizio delle loro funzioni (anche se non è ancora riconosciuta loro una indennità di polizia giudiziaria sempre a causa del famoso “costo zero” di cui sopra…), ragion per cui se verificano la sussistenza di reati, ne danno comunicazioni alla Procura competente per territorio e spesso sono anche delegati dalla stessa Autorità Giudiziaria a compiere indagini.

Inoltre, dal 2006, continua Ariano, possono sospendere un’attività di impresa nel momento in cui riscontrino, al momento dell’accesso ispettivo, una certa percentuale di lavoratori in nero sul totale dei presenti, come previsto dal già citato DL 146/2021, che ha abbassato questa percentuale dal 20% al 10% dei lavoratori. Così, se un ispettore va in un ristorante, ad esempio, e trova che il 10% dei lavoratori è in nero, deve sospendere l’attività dell’azienda, che potrà essere ripresa solo nel momento in cui il datore di lavoro dimostri di aver regolarizzato tutti i lavoratori in nero. Ancora, l’ispettore sospende l’impresa nel momento in cui verifica che vi siano gravi rischi per la sicurezza, ad esempio se in un’azienda non sia stato mai redatto il Documento di Valutazione dei Rischi, perché vuol dire che il datore non ha mai effettuato la valutazione dei rischi presenti all’interno del posto di lavoro. Anche in questo caso, solo dopo che il datore effettui l’adempimento, dandone prova all’ispettore, si potrà riprendere l’attività d’impresa.

“Da anni, come FP CGIL denunciamo che solo attraverso il superamento del “costo zero” e quindi con seri investimenti si può seriamente far funzionare l’attività di vigilanza sul lavoro in questo Paese, facendo finalmente decollare la riforma zoppa del 2015”. Negli ultimi mesi si è giunti a un vero paradosso: “Abbiamo scoperto che l’INL ha un avanzo di bilancio di oltre 200 milioni di euro e non può utilizzarli. Questo accade in quanto la contabilità dell’INL non è quella di un Ministero, per cui al 31 dicembre di ogni anno i soldi accantonati nel bilancio e rimasti inutilizzati ritornano alla fiscalità generale”.

La ragione è la seguente: “L’INL, in quanto soggetto autonomo, ha autonomia contabile e quindi può trattenere l’attivo di bilancio, ma non ha autonomia finanziaria, ossia non ha il potere di decidere come usare le proprie risorse finanziarie”. Insomma, non può spenderle. Inoltre, l’INL, a differenza delle agenzie fiscali, non gode di autonomia regolamentare, amministrativa, patrimoniale e finanziaria.

“Come FP CGIL abbiamo chiesto sia che esso sia impiegato in favore dei lavoratori, per rendere questo Ente più appetibile e riproporzionare lo squilibrio tra competenze e retribuzione cui facevo cenno sopra, sia per irrobustire decisamente la strumentazione di cui il personale – ispettivo e non – dispone”, precisa Ariano. Ad esempio, continua il sindacalista, non ci sono cellulari di servizio, per cui i lavoratori devono usare i propri; non c’è un completo accesso alle banche dati (non solo pubbliche, per le quali c’è il problema di cui sopra, ma anche quelle private, come banche dati giurisprudenziali e visure camerali complete) e non ci sono nemmeno software per la ricostruzione di una busta paga, essenziale per il lavoro svolto ogni giorno negli uffici dell’INL.

Per risolvere questi problemi che minacciano di immobilizzare uno degli istituti che potrebbero essere più utili nel contrasto alle irregolarità del lavoro, ci sono due possibilità. “Ad ora, che sembra essere superata l’ipotesi di chiudere l’INL e riportarlo dentro il Ministero del Lavoro (proposta avanzata dall’attuale Ministra, poi rientrata),  l’altra strada che appare perseguibile è quella di completare l’azione avviata dal D.Lgs. 149/2015, potenziando sul serio l’INL, sia dotandolo di risorse e di capacità di utilizzare appieno le risorse economiche di cui dispone, sia trasformandolo in una moderna Agenzia e non più un soggetto ibrido, che non è più un Ministero, ma non è ancora un’Agenzia”.

Nella foto: Matteo Ariano

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