La negazione dell’amore – prima parte

Dall’Inquisizione a don Corsi

Giuseppe Ugolotti

Nel 1455 si compie una prodigiosa rivoluzione nello sviluppo della comunicazione umana, grazie all’invenzione della stampa a caratteri mobili di Johann Gutenberg. Dai manoscritti degli amanuensi, si passa velocemente e in copiose tirature agli “incunabula”, documenti stampati a costi inferiori che li rendono notevolmente più accessibili. L’incunabolo che ottiene la maggior diffusione nel Vecchio Continente, dopo la Bibbia, è il “Malleus Maleficarum“, un testo in latino, pubblicato in Germania nel 1487 dai frati domenicani Heinrich Kramer e Jacob Sprenger. Il libro divenne un autentico best seller: fu ristampato per ben 34 volte fino al 1669, giungendo ad una tiratura, per quei tempi assolutamente eccezionale, di 35.000 copie. Il Martello delle Malefiche, rappresentò un’ulteriore deriva oscurantista dell’istituzione ecclesiastica dell’Inquisizione, scatenando quella che, per antonomasia, è passata alla storia come la Caccia alle Streghe. Vi erano tutti gli elementi perché avvampasse il fuoco della follia collettiva: un manuale pratico, summa di ogni passata teoria di satanismo e miti pagani, e zelanti inquisitori, qualificati da bolla papale come esimi teologi nonché giudici irreprensibili di un sacro tribunale. Ad alimentare l’empia fiamma contribuirono la superstizione, l’indigenza e la paura serpeggianti tra gli abitanti dei villaggi, teatri delle scellerate battute di caccia. Quest’ultime si originavano da pubbliche maldicenze e testimonianze anonime, perpetrate spesso per invidia, malizia o gretti fini di sciacallaggio.

Per converso, persone care o intellettualmente oneste che si opponevano alla brutalità del processo, venivano a loro volta tacciate di eresia e perseguitate come agenti del demonio. Per giungere alla condanna era sufficiente la versione concordante di almeno due sedicenti testimoni oculari o la confessione dell’imputato, la quale poteva essere lecitamente estorta con le torture più atroci. Tali pratiche, che non dovevano portare alla morte o allo spargimento del sangue, interdetti alla corporazione dei chierici, andavano dal “tratto di corda” (che consisteva nell’appendere il soggetto per le mani fino a spezzare i tendini) ai “sibilli” (cioè fracassare le ossa delle mani con cunei in legno conficcati tra le dita) e potevano essere reiterate più volte durante il processo. La presunzione di colpevolezza era di facile dimostrazione, stanti delazione e supplizio, e il comminamento della pena lasciato alla totale discrezione degli inquisitori; l’abiura non era ammessa e le preghiere venivano irrise come un abile tentativo del nemico del genere umano di sottrarsi al maglio divino. Pentendosi in punto di morte, la vittima veniva prima strangolata, impiccata o decapitata, il cadavere successivamente bruciato e le ceneri disperse; se impenitente, veniva bruciata viva. In entrambi i casi, i beni venivano confiscati e talvolta, per maggiore sfregio, i parenti delle vittime comperavano i verbali del processo con lo scopo di cancellare ogni prova di cattivo nome della famiglia. La pena veniva eseguita dall’autorità civile, il cosiddetto ”braccio secolare”, al quale il tribunale dell’Inquisizione consegnava il reo, ma non di rado era la furia popolare a organizzare cacce alle streghe o a improvvisare roghi. Molti studiosi hanno lungamente dibattuto nel tentativo di determinare delle stime accettabili e condivise, sul numero degli imputati di stregoneria durante i due secoli in cui, sia i tribunali dell’Inquisizione che quelli della Riforma, li torturarono e condussero al rogo. Le cifre più caute parlano di almeno 110.000 processi e 60.000 esecuzioni in tutta Europa e in parte del Nuovo Mondo: 4 vittime su 5, furono donne. Ecco il punto: la misoginia. Il Malleus Maleficarum affronta la discussione della natura della stregoneria come peculiare delle donne in quanto, a causa della loro debolezza e del loro intelletto inferiore, sono “per natura” predisposte a cedere alle tentazioni di Satana. In tal senso gli autori citano il pensiero di Aristotele (De generatione et corruptione), ripreso in epoche a loro prossime da San Tommaso D’Aquino nella Somma Teologica, secondo cui la donna è un “mas occasionatus”: la donna sarebbe un maschio mancato perché anatomicamente difetterebbe di qualcosa.
Da questa invidia penis teorizzata fin dagli albori del pensiero umano (l’Eva della Genesi Biblica è una mendace corruttrice condannata, tra le varie maledizioni, al dominio del marito), all’iconografia di femmine ignude, urlanti e svolazzanti a cavallo di un manico di scopa, pronte per il sabba, il passo fu breve. Alla strega ed al suo amante, il diavolo, venivano addebitati tutti i mali del mondo: malattie, aborti, infertilità, carestie ed alluvioni. La stragrande maggioranza delle donne uccise era invece composta da persone innocenti, di ogni età e condizione, spesso levatrici e guaritrici, in un tempo in cui decotti ed infusi a base di piante, usati dall’empirico sapere tradizionale delle erbaiole, risultavano salvifici ben più dei medici ottusi e tremebondi dell‘epoca. Gli autori si soffermano con morbosa insistenza sulla licenziosità dei rapporti sessuali che le streghe intratterrebbero con i demoni o gli stregoni, mentre i metodi di indagine tradiscono pruderie libidinose, come l’uso del ferro infuocato per la rasatura dell’intero corpo delle accusate che viene esaminato in ogni minima piega e orifizio (compresi i genitali e l’interno delle palpebre). La motivazione ufficiale era la ricerca di un marchio demoniaco come un neo, una verruca o un’altra piccola anomalia fisica (elemento probatorio alternativo al famiglio, il classico gatto nero): in realtà questa pratica era necessaria ad umiliare l’imputata, che in vari casi veniva stuprata dagli stessi aguzzini. Una recrudescenza della caccia alle streghe si verificò nel 1580, quando Jean Bodin, intellettuale protestante ritenuto ispiratore del moderno concetto di stato e teorico della tolleranza religiosa, scrisse La Démonomanie des Sorciers, un manuale giudiziario sul metodo per la tortura e la repressione delle streghe. L’ultima strega condannata a morte in Europa fu Anna Göldi, uccisa nel 1782 a Glarona, in Svizzera. Mentre nell’Ottocento gli Stati europei soppressero i tribunali dell’Inquisizione, questa fu mantenuta dallo Stato pontificio e assunse nel 1908 il nome di Sacra Congregazione del santo Offizio, finché con il Concilio Vaticano II prese nel 1965 quello attuale di Congregazione per la dottrina della fede, ridefinita nei compiti da Papa Giovanni Paolo II che in un discorso dell’8 marzo 2000 ha chiesto perdono a nome della Chiesa per i peccati dei suoi appartenenti anche riguardo l’Inquisizione.

fine prima parte

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