“La Napoli di mio padre”: film documentario sull’emigrazione

Firenze – Tra i tanti film del 42° Festival Internazionale di Cinema e Donne, quest’anno on-line a causa della emergenza sanitaria, dal 25 al 27 Novembre, particolare interesse ha suscitato il film documentario, che arriva dall’Italia: “La Napoli di mio padre”, di Alessia Bottone.

Il film è stato prodotto nell’ambito del Premio Zavattini attraverso i materiali d’archivio, in collaborazione con Archivio Aamod, Istituto Luce e K-Studio. E’ stato interpretato dall’attrice veronese Valentina Bellè.

“L’idea del film – spiega Alessia Bottone- nasce da due esigenze: quella di raccontare il rapporto tra padre e figlia e l’altra, quella di parlare dell’esigenza della fuga dalle proprie radici ma anche come mezzo di sopravvivenza per i migranti e per i richiedenti asilo”.

Il lavoro cinematografico ha, infatti, dei tratti autobiografici perché la regista è veronese ma il padre, Giuseppe Bottone, è di Napoli. Alessia Bottone, da piccola, si è ritrovata molto spesso ad accompagnare il padre durante i viaggi che lo riportavano nella sua terra di origine ma lei, che di città ne aveva un’altra, non capiva dove e perché stesse andando in un altro luogo che per lei non rappresentava casa, non rappresentava nulla.

“Mi sono sempre sentita parte di un Sud – precisa Alessia Bottone— che ho conosciuto solo grazie agli aneddoti di mio padre e di un Nord dove sono nata e cresciuta e mi sono chiesta se questa sensazione fosse condivisa anche dai figli dei nuovi migranti. Vivere in un contesto in cui convivono più culture è indubbiamente arricchente, ma trovare una propria identità all’interno di questa ricchezza non è sempre facile. Ho quindi raccolto i ricordi di mio padre per poi tornare nella sua città e mi sono ritrovata davanti ad uno specchio, sorprendendomi di riuscire a vedere un’altra parte di me stessa”.

Il film, dunque, racconta il rapporto tra un padre e una figlia durante un viaggio in treno, che dal nord punta a sud. Il padre descrive la sua Napoli e la sua infanzia, concentrata nel quartiere Vicaria. Poi la fuga e la paura dell’ignoto che accomuna gli emigranti italiani del secolo scorso, con la valigia di cartone, ai migranti a bordo dei barconi dei giorni nostri.

“La Napoli di mio padre – sottolinea la regista – vuole aprire un focus sul tema della emigrazione che porta con sé la voglia di fuggire da un luogo in cui non si sta bene per diverse ragioni e che spinge molti al fuggire, per trovare un posto nel mondo che faccia per loro. Che cosa accomuna gli emigranti italiani  del secolo scorso che partivano con la valigia di cartone con i migranti di oggi che richiedono asilo, sfidando il mare su barconi?

Ciò che li accomuna è il loro misterioso passato che ciascuno custodisce gelosamente che però ha qualcosa di turbolento e disperato perché fuggire non significa semplicemente cambiare posto nel mondo ma integrarsi in una nuova terra, accettandola e facendosi accettare”.

Alessia Bortone è una regista, sceneggiatrice e giornalista laureata in Istituzioni e Politiche per i Diritti Umani e la Pace. Nel 2017 consegue il Master in Sceneggiatura Carlo Mazzacurati dell’Università degli Studi di Padova. Realizza documentari su  temi sociali. Firma inchieste e video-inchieste apprezzate e premiate.

 

 

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