Gianrico Carofiglio, La manomissione delle parole, Rizzoli Editore
“Mi ha sempre affascinato l’idea che le parole – cariche di significato e dunque di forza – nascondano in sé un potere diverso e superiore rispetto a quello di comunicare, trasmettere messaggi, raccontare storie. L’idea, cioè, che abbiano il potere di produrre trasformazioni, che possano essere, letteralmente, lo strumento per cambiare il mondo”.
“La manomissione delle parole” è un ragionamento analitico sugli effetti che producono i diversi significati delle parole, rispetto alla loro accezione originaria.
L’autore, che definisce il testo né un romanzo né un saggio, racconta come la mancanza di un linguaggio appropriato sia, tra le altre cose, sinonimo di assenza di democrazia.
Se democrazia significa libertà di pensiero e di parola, il pensiero richiede un linguaggio chiaro e preciso che lo esprima.
Sviscera così cinque vocaboli di lingua comune: vergogna – giustizia – ribellione – bellezza – scelta.Vuole liberarli dalle stratificazioni subite nel tempo e restituire loro il senso delle origini.
Lo fa utilizzando citazioni di importanti pensatori come Aristotele e Dante ma anche Primo Levi e Bob Marley ed altri ancora. Notevoli sono anche i riferimenti alla politica italiana recente con cui riesce a palesare come i giochi di parole incidano sulla psicologia sociale e ancora come le dittature povere di parole e tutte imperative, non ammettano repliche, negano il confronto ed impongano arrendevoli obbedienze.
La forza delle parole è tale quindi da renderci emancipati e liberi.
Le parole trasformano il mondo: nel bene o nel male dipende dall’uso che si fa di esse.