E’ finita come nessuno avrebbe mai voluto che finisse. Con la delusione e le lacrime sui volti dei giocatori di Max Menetti e la gioia incontenibile dei biancoblu di coach Sacchetti che espugnano 75-73 il Palabigi nell’ultima e decisiva sfida della finale-scudetto e conquistano il primo Tricolore della loro storia.
Sarebbe stato il primo successo anche per la nostra pallacanestro e, soprattutto, per tutto il movimento sportivo reggiano che mai aveva avuto l’occasione e la possibilità di aggiudicarsi un titolo nazionale. Alla fine, hanno prevalso il talento e la sregolatezza dei vari Dyson, Logan e Lawal che hanno risollevato Sassari ogni qualvolta si è trovata a navigare in acque torbide, prendendola per mano e trascinandola fino in fondo ad una maratona durata ben 7 gare, che entrambe le squadre avrebbero meritato di vincere. Ai ragazzi di Menetti e a tutta Reggio Emilia rimane un incredibile senso di impotenza davanti all’incredibile epilogo di questa stagione: avanti 3-2 nella serie che assegna lo scudetto, lotta per tre supplementari nella penultima sfida che può riscrivere la sua storia e, invece, si arrende proprio negli ultimi secondi sul campo che Sassari non era mai riuscita a violare. Ai biancorossi, però, resta anche la convinzione di aver disputato un campionato al di ogni più rosea aspettativa e di aver fatto riscoprire all’intera città l’amore per il basket e per lo sport.
Anche questa sera, tantissimi reggiani si sono riuniti davanti ad un maxischermo per urlare, tifare, soffrire – e alla fine piangere – tutti insieme; da tempo non si vedeva una tale passione per la propria squadra e per la propria “reggianità”: tutti riuniti attorno allo stesso colore, alla stessa maglia, sotto gli stessi cori e con la medesima “faccia cattiva”. Non basteranno qualche giorno o poche settimane per smaltire la cocente delusione di essere arrivati ad un soffio dalla gloria; questa sconfitta, però, deve rappresentare un punto di partenza e non di arrivo per la società biancorossa che ha costruito il suo progetto vincente attorno al talento dei giovani italiani ed alla forza che un gruppo può creare. Nessun quintetto si è rivelato più squadra della Reggiana di quest’anno e nessun allenatore ha affidato le sorti di una partita a ragazzi nati tra il ’92 e il ’95 così tanto come il nostro Max Menetti, il quale a fine gara – tra un magone e l’altro – non può far altro che sottolineare questo straordinario aspetto che valorizza ancor di più il lavoro fatto in quest’ultimi anni dal club guidato da Landi e Della Salda.
Reggio Emilia deve molto a questa società, a questa squadra e a questi ragazzi. L’imperativo, adesso, è di non guardarsi indietro cercando di ripartire ancora più forti ed agguerriti di prima. Questo è lo sport…