L’ipotesi di un voto di sfiducia al governo era già tramontata questa mattina poco dopo l’apertura del dibattito parlamentare. Alla fine Silvio Berlusconi si è arreso ai numeri: è stato lui stessi a pronunciare la dichiarazione di voto, assicurando il sostegno del Pdl a Letta. Messo all’angolo dalla conta dei dissidenti – almeno 23, che avevano già annunciato il sì al governo – il cavaliere ha invertito la rotta all’ultimo minuto rinunciando (o forse solo rinviando) una drammatica scissione del suo partito. Avanti dunque con le larghe intese: il Parlamento conferma la fiducia all’esecutivo a larghissima maggioranza, ma dalla bufera delle ultime ore il presidente del Consiglio non esce di certo rafforzato. Paradossalmente la scelta di cercare un chiarimento definitivo che avrebbe dovuto dissipare nebbie e ambiguità restituisce al Paese un governo sostenuto da una maggioranza lacerata.
“Mettendo insieme le aspettative e il fatto che l’Italia ha bisogno di un governo che produca riforme istituzionali e strutturali abbiamo deciso, non senza interno travaglio, per il voto di fiducia” ha dichiarato Berlusconi, scuro in volto e con tono dimesso. E’ il colpo di scena, la conclusione surreale di una mattinata convulsa nel corso della quale il gruppo del Pdl al Senato aveva deciso per la sfiducia al governo Letta, senza scongiurare la spaccatura del partito.
Ma c’è chi pensa che il ripensamento del capo sia arrivato fuori tempo massimo. “Se il Pdl decidesse di votare la fiducia, sarebbe una scelta francamente tardiva, per cui noi valuteremo il da farsi e probabilmente decideremo di dare vita a gruppi parlamentari autonomi” aveva fatto sapere Roberto Formigoni. E pare che sia già pronto un gruppo autonomo dei dissidenti del Pdl.
“L’Italia corre un rischio irrimediabile e fatale – ha detto il premier Enrico Letta parlando al Senato – sventarlo dipende da noi e dalle scelte che assumeremo in aula, dipende da un si o da un no”. Letta, al cui fianco siede Alfano e gli altri ministri dimissionari del Pdl. chiede al Parlamento di distinguere la vita del governo dalle vicende di Berlusconi “In uno Stato democratico le sentenze si rispettano e si applicano, fermo restando il diritto intangibile ad una difesa efficace ma no a trattamenti ‘ad personam o contra personam’. Un discorso di 45 minuti in cui chiede la fiducia “per il bene dell’Italia” concluso con una citazione a Benedetto Croce: “Ciascuno di noi ora si ritiri nella sua profonda coscienza e procuri di non prepararsi, col suo voto poco meditato, un pungente e vergognoso rimorso”.
Alla fine il l governo incassa l’ok del Senato: 235 sì e 70 no.