La grande promessa della rivoluzione dell’intelligenza artificiale

Una selezione di articoli pubblicati su Harvard Business Review

Quella dell’intelligenza artificiale è una rivoluzione? Una buona definizione di rivoluzione è quella che segue: «Un cambiamento drastico e profondo nelle strutture sociali, politiche o economiche di una società, un evento di portata storica in cui si verifica una trasformazione radicale dei rapporti di potere esistenti, spesso accompagnata da una sollevazione popolare o da un conflitto armato. Durante una rivoluzione, possono verificarsi cambiamenti radicali nelle strutture di governo, nell’organizzazione economica e nel sistema di valori della società. I vecchi leader possono essere rovesciati o sostituiti, e possono emergere nuove ideologie o movimenti politici. Le rivoluzioni hanno avuto un ruolo significativo nella storia umana, portando a trasformazioni sociali importanti come l’industrializzazione, l’emancipazione dei popoli oppressi, l’affermazione dei diritti umani e molti altri cambiamenti che hanno plasmato le società moderne».

La definizione riportata è la risposta di ChatGPT alla domanda “cos’è una rivoluzione” ed è alquanto significativa. Più pregnante ancora è la risposta alla domanda “cos’è una rivoluzione tecnologica”, che suona così: «Una rivoluzione tecnologica è un periodo di rapido e significativo progresso nell’ambito delle tecnologie, in cui si verificano importanti innovazioni che cambiano profondamente le modalità di vita e di lavoro delle persone. Durante una rivoluzione tecnologica, nuove scoperte scientifiche, nuovi sviluppi tecnologici e l’adozione diffusa di nuove tecnologie portano a cambiamenti radicali nelle industrie, nell’economia e nella società nel suo complesso.

Le rivoluzioni tecnologiche sono spesso innescate da un’innovazione chiave o da una serie di innovazioni che sconvolgono un settore specifico o più settori simultaneamente. Queste innovazioni possono includere nuovi dispositivi, processi o modelli di business che migliorano significativamente le prestazioni, l’efficienza o la qualità dei prodotti e dei servizi offerti.

Alcuni esempi di rivoluzioni tecnologiche storiche includono l’avvento della macchina a vapore nella rivoluzione industriale, l’introduzione dell’elettricità e dell’illuminazione elettrica, lo sviluppo dell’informatica e l’avvento di Internet. Attualmente, stiamo assistendo a una serie di rivoluzioni tecnologiche in aree come l’intelligenza artificiale, la robotica, la biotecnologia, le energie rinnovabili, l’Internet delle cose e la blockchain, che stanno già avendo un impatto significativo su molteplici settori e stanno trasformando la società in molti modi».

ChatGPT, come gli altri strumenti esistenti e in evoluzione nel campo dell’IA generativa – alcuni esempi sono DALL-E, Bard, Stable Diffusion, Midjourney – produce le sue risposte rielaborando computazionalmente trilioni di informazioni (per ora in forma soprattutto di testi o immagini), una sorta di “conoscenza universale” dell’umanità che non solo viene e verrà alimentata continuamente, ma che evolve attraverso deep learning e reti neurali che mimano le prestazioni del cervello umano. Nel caso dei modelli linguistici di grande dimensione (LLM), simulano le competenze formali (non ancora funzionali) del linguaggio naturale umano. Possiamo prendere le risposte precedenti di ChatGPT con sospetto o rifiutarle in blocco. Oppure, e sembra più sensato in prospettiva, prenderle, sia pure con tutte le cautele del caso, come riferimento ritenendole probabilisticamente appropriate (al netto di allucinazioni, ignoranza o errori della macchina che sarà necessario sistemare e verificare), frutto nell’insieme di notevoli conoscenze interdisciplinari da cui sono state ricavate quelle definizioni che, generate in pochi secondi, sembrano estremamente ben costruite e addirittura “colte”. Di certo, in molti casi, migliori di quanto la maggior parte di noi genererebbe dopo uno studio di parecchie ore, giorni o settimane.

Partiamo dunque da qui per cercare di capire le prospettive che abbiamo di fronte in merito all’intelligenza artificiale in generale e a quella generativa in particolare. La prima conclusione da trarre è che siamo certamente di fronte a una rivoluzione tecnologica, che potrebbe effettivamente provocare i cambiamenti radicali di tipo politico, economico e sociale menzionati. In altre parole, la potenza e l’ampiezza dell’IA sta raggiungendo livelli tali da far prefigurare non solo un’evoluzione tecnologica di enorme portata, ma un cambiamento della vita e del lavoro di tutti, con potenziali effetti sugli equilibri politici e sociali ovunque.

Per essere chiari ripetiamo: considerare la rivoluzione dell’IA un evento che riguarda solo la sfera tecnologica sarebbe un errore gravissimo, poiché questa discontinuità, o forse singolarità, costituisce un passaggio in grado di cambiare il modo di vivere, di lavorare, di fare politica e di gestire le relazioni sociali. Insomma, una rivoluzione realmente senza confini, di portata globale, che interesserà progressivamente tutti gli esseri umani in ogni angolo della terra. E che, in quanto tale, va prima di tutto compresa e poi regolata e gestita in modo che i suoi vantaggi e benefici superino, e di gran lunga, le minacce e i rischi che si porta dietro.

È questo che, con ogni probabilità, ci stanno dicendo gli stessi padri dell’informatica come Bill Gates, i padri dell’IA generale e generativa come Geoffrey Hinton e altri, e i visionari imprenditori e leader come Sam Altman. Stiamo vivendo un passaggio che, se ben gestito, ha il potenziale per costituire una rivoluzione estremamente benefica: la grande promessa cui tutti guardiamo. Ma che, se mal gestito, può comportare rischi immensi.

Il volume “La rivoluzione dell’intelligenza artificiale. Dal Test di Turing a ChatGPT: opportunità e vantaggi, minacce e rischi” è una selezione degli oltre 50 saggi e articoli pubblicati su Harvard Business Review dall’inizio del 2020 a oggi e propone la visione più costruttiva e ottimistica dell’avvento e dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale analizzandone lo stato presente e le prospettive senza, tuttavia, sottovalutare vulnerabilità e criticità. Il lavoro è  suddiviso in quattro parti: la prima contiene saggi relativi all’introduzione e all’uso dell’IA nel mondo dell’economia e delle imprese; la seconda discute le condizioni di utilizzo e gestione, toccando i temi etici e di regolamentazione e le problematiche di cybersicurezza e gestione del rischio; la terza parte affronta il tema, estremamente attuale e diffuso, dell’impatto dell’IA, in particolare quella generativa basata sui large language model, cioè i già citati LLM, sulla produzione creativa di immagini e sulla capacità operativa degli agenti autonomi; e la quarta è specificamente dedicata all’IA generativa, analizzandone la natura e i possibili effetti.

Competere con l’intelligenza artificiale

La sensazione sollevata dall’IA generativa è certamente giustificata, dato che dal momento dell’introduzione a fine 2022 la sola ChatGPT ha coinvolto 100 milioni di utilizzatori a due mesi dal suo lancio, cosa mai successa prima. Ma questo incredibile successo non deve far dimenticare che l’IA è una tecnologia in ascesa da almeno 20 anni, con una accelerazione sempre più intensa negli ultimi 5 anni. Non è un caso che nell’ultimo decennio, in molte attività cognitive (riconoscimento visuale di oggetti, processamento del linguaggio naturale etc.) le macchine abbiano mostrato performance equiparabili o superiori a quelle umane. Naturalmente possiamo criticare questi confronti come impropri, ma l’avanzamento è indubbio.

Di certo, dal punto di vista di un’azienda l’introduzione e l’utilizzo dell’IA non sono né semplici né scontati. Ma, si argomenta nella prima parte del volume, sono necessari. Che non sia facile lo sostiene Tom Davenport, secondo cui il costo e la complessità frenano spesso gli investimenti relativi. Per di più, come era da attendersi in questa prima fase d’adozione, la maggioranza delle imprese che hanno realizzato investimenti significativi in IA lamentano di non avere registrato miglioramenti. Ma l’investimento è indispensabile e anche solo rinviarlo rischia di mandare fuori mercato l’azienda, come argomentano anche Iansiti e Lakhami. Il punto è che questo investimento va fatto con convinzione e continuità, stanziando i fondi necessari e coinvolgendo un ecosistema di fornitori con cui realizzare il progetto. L’intelligenza artificiale, è la conclusione, è qui per restare trasformandosi progressivamente da soluzione verticale a sistema di produzione. Le aziende che la applicheranno con strategia e decisione conquisteranno una posizione dominante nel loro settore nei prossimi anni o, forse, decenni.

Il passaggio in atto definisce la transizione dalla fabbrica, dove la robotica cresce di importanza quando supportata da IA, verso l’ufficio, dove l’IA generativa potrà integrare, ridisegnandone il lavoro, o sostituire in toto un numero significativo di knowledge worker. La collaborazione fra uomo e macchina è in atto e si estende a sempre nuove attività, sia di ricerca e predisposizione documentale, sia in finanza e amministrazione, in marketing e, certamente, nella gestione delle risorse umane. Diversi articoli toccano questi temi ridefinendo, ad esempio, l’approccio a marketing, vendite e customer experience e proponendo nuove strategie competitive supportate dall’IA: tra gli autori più significativi Agrawal, Dickie, Groysberg, Edelman e lo stesso Davenport. Nell’insieme, contributi illuminanti in grado di aiutare il management a concepire e gestire le complessità della transizione.

ETICA, REGOLE, RISCHI, CYBERSECURITY

Accogliendo la proposta di legge sull’intelligenza artificiale (“IA Act”) della Commissione europea, il Parlamento europeo ha approvato a metà giugno le prime norme per disciplinare l’utilizzo dei sistemi di IA immessi sul mercato Ue in modo che «siano sicuri e rispettino la normativa vigente in materia di diritti fondamentali e i valori dell’Unione». La proposta di regolamento (che ora dovrà proseguire il suo iter inter-istituzionale – peraltro non privo di incognite politiche – verso l’effettiva nuova legislazione) si concentra principalmente sul rafforzamento delle norme relative alla qualità dei dati, alla trasparenza, alla supervisione umana e alla responsabilità anche cercando la necessaria armonizzazione col regolamento generale sulla protezione dei dati, noto come GDPR). Vuole inoltre affrontare le questioni etiche e le sfide di attuazione in vari settori, dalla sanità all’istruzione, dalla finanza all’energia e va di pari passo con altre iniziative, compreso il piano coordinato sull’IA, che mira ad accelerare gli investimenti nel settore in Europa.

La proposta si basa su un sistema di classificazione che determina il livello di rischio che una tecnologia di IA potrebbe rappresentare per la salute e la sicurezza o i diritti fondamentali di una persona, prevedendo quattro livelli: inaccettabile, elevato, limitato e minimo.

I sistemi con rischi limitati e minimi, come i filtri antispam o i videogiochi, possono essere utilizzati con pochi requisiti oltre agli obblighi di trasparenza, mentre, quelli considerati con rischio inaccettabile, come il social scoring governativo e i sistemi di identificazione biometrica in tempo reale negli spazi pubblici, sono vietati con poche eccezioni. Infine, viene fatto esplicito riferimento all’esclusione delle finalità militari, di difesa e di sicurezza nazionale dall’ambito di applicazione della normativa sull’IA.

La normativa europea in divenire è generalmente bene accolta (pur con margini di migliorabilità dicono gli esperti) e viene ritenuta un passaggio essenziale e ineludibile. Di certo, sarà differente, e con ogni probabilità anche più stringente, rispetto a quelle che verranno introdotte negli Stati Uniti (l’amministrazione Biden sta ora elaborando il suo “AI Bill of Rights”) e in Cina (che ha discusso in questi giorni la sua bozza “Measures for the Management of Generative AI Services”) dove, ai motivi relativi alla protezione della privacy e dei dati delle persone, tendono a sovrapporsi considerazioni strategiche di ben più ampia portata. L’IA genera certamente grandi preoccupazioni ovunque, ma ogni forma di regolamentazione e limitazione dovrà comunque fare i conti con il perimetro di attività delle big tech e con i loro interessi planetari, così come delle proiezioni strategiche e militari dei Governi, già esistenti in passato ma enormemente sollecitate dal conflitto scatenato dalla Russia in Europa e dalle estensioni dei cyberattacchi in molti altri Paesi.

In questo quadro, le questioni etiche rischiano di venire superate e oscurate da altre considerazioni. Che l’IA, specie generativa, vada regolamentata e disciplinata è ampiamente condiviso. Già Stephen Hawking nel 2014 aveva lanciato un primo avvertimento sui rischi che l’IA poteva porre all’umanità intera, con rischi per la sopravvivenza del genere umano. Più di recente, Musk, Altman, Hinton e altri hanno reiterato gli allarmi per la minaccia che l’IA generativa porterebbe all’umanità, addirittura con rischi di “estinzione”. Dichiarazioni e proclami allarmistici che hanno suscitato reazioni varie e contrastanti, di consenso ma anche di disapprovazione. In ogni caso, dagli allarmi alle regole, attraverso un’etica condivisa, passano molti oceani.

Nella seconda parte del volume si trovano saggi che toccano molti degli aspetti rilevanti, a partire dal rischio, sempre più elevato, di utilizzo dell’IA da parte di cybercriminali o di agenzie governative al servizio del cyber warfare. Appare infatti evidente il rischio che l’IA venga utilizzata per potenziare queste forme aggressive che già oggi comportano enormi costi per le aziende e gli Stati. E la collaborazione delle imprese che sviluppano i relativi sistemi appare come un fattore indispensabile. Ma, al di là delle prese di posizione pubbliche anche piuttosto sonore, si vedrà anche a breve scadenza quali saranno realmente i limiti autoimposti da OpenIA, Google e altri sviluppatori di sistemi IA.

Rispetto a questi rischi, in parte potenziali e in parte già attuali, l’opinione pubblica è oggi più sensibile ad altre questioni, più specificamente riferite all’impatto sulla vita personale e sul lavoro. Nel primo caso all’utilizzo dei sistemi LLM per sostituire attività umane tipicamente creative e finora ritenute sostanzialmente al riparo da minacce dirette; nel secondo caso alla vera e propria sostituzione parziale o totale di lavoro umano da parte delle “macchine”. Nella terza parte si affrontano ampiamente queste delicate questioni.

IL LAVORO, LA CREATIVITÀ

Dubbi e timori relativi all’impatto dell’IA sul mondo del lavoro sono diffusi da quando, alcuni anni fa, si è percepita la sempre più concreta e penetrante presenza dell’intelligenza artificiale in ogni campo. Pionieristico è stato, ad esempio, il saggio di Carl Frey e Michael Osborne The Future of Employment: How Susceptible Are Jobs to Computerisation?” pubblicato dalla Oxford University nel settembre 2013. La domanda è, e non da oggi, in che misura si creeranno o, viceversa, si distruggeranno posti di lavoro in seguito a un’ampia introduzione di ML e IA. Domanda legittima che tiene conto di quanto si è storicamente verificato nelle precedenti rivoluzioni industriali a partire dalla fine del ‘600, con la macchina a vapore, poi con il motore endotermico e l’elettricità e in ultimo con l’informatica e il digitale.

In passato la creazione di nuove opportunità di lavoro è stata immensamente maggiore della quantità di posti eliminati, ma così potrebbe non essere in relazione a una profonda introduzione del digitale di cui l’IA è, specie con la versione generativa, la punta di diamante. Inoltre, secondo gli economisti del MIT come Acemoglu e Johnson (Power and Progress), c’è il rischio che – come in altre rivoluzioni – le imprese si lancino sull’automation (sostituzione di umani con macchine intelligenti per aumentare la produttività) senza preoccuparsi troppo dell’augmentation (generazione di nuovi lavori e potenziamento dell’umano con nuove skill). Da qui la necessità – dicono – di incentivi e politiche adeguate, come accaduto in altri passaggi storici, per sostenere la creazione di nuovi lavori e professionalità ridistribuendo più equamente il valore creato dall’AI e dalle nuove divisioni del lavoro che produrrà.

La risposta ai timori così espressi ha sinora fatto riferimento soprattutto alla qualità e al livello delle competenze, così come alle capacità creative degli umani a confronto con quelle delle macchine. Da questo punto di vista, tecno-ottimisti e tecno-pessimisti continuano a confrontarsi senza che si possa facilmente intravvedere una soluzione attendibile poiché per entrambe le posizioni esistono ottime argomentazioni a sostegno.

Nei saggi presentati si tende a considerare l’IA sia generale sia generativa in modo sostanzialmente positivo (senza nascondere, tuttavia, le criticità). Il che richiede una buona dose di ottimismo basato in parte su quanto l’esperienza passata sembra poter dimostrare e in parte sulla più che giustificata considerazione che è molto più facile verificare oggi le minacce e i rischi rispetto al lavoro e alle professioni esistenti di quanto non lo sia prefigurare lavori e professioni del futuro, quando l’IA avrà prodotto un impatto ampio e generalizzato, sistemico e non solo soluzionista. Ma anche i pessimisti hanno la loro buona parte di ragione, considerato che il nuovo passaggio dell’IA generativa sta già producendo effetti che fino a poco tempo fa si potevano ipotizzare e temere solo per un futuro più o meno lontano e indistinto.

Per cui in questo periodo si possono sentire le previsioni più disparate come, ad esempio, quella di un’importante società finanziaria globale secondo cui sono a rischio 300 milioni di posti di lavoro in mestieri e professioni che vanno dal medico al legale, dal giornalista al copywriter, dal semplice impiegato all’esperto di banca e finanza. E non è la previsione peggiore in circolazione.

In effetti, GenAI è già usata, nelle sue diverse forme che vanno dalla generazione di testi alla produzione di immagini e suoni. In molti ambiti, e per i prossimi anni, i termini che vanno per la maggiore sono “terremoto” e “tsunami”. Il tutto con effetti che dal mondo del lavoro si potranno propagare all’intera economia e società, influenzando gli equilibri sociali e politici, in un quadro dove predominano le correnti geopolitiche e geoeconomiche richiamate in precedenza.

Ma, nel perimetro di questo libro, si tende semmai a esaltare gli aspetti positivi che portano a concepire non tanto l’eliminazione brutale di posti di lavoro esistenti quanto la progressiva integrazione fra lavoro umano e lavoro artificiale così come il ridisegno delle professionalità con nuove competenze verso un potenziamento generale destinato a migliorare la produttività del lavoro e portare maggiore ricchezza e benessere nell’ambito di un ampio e profondo rimescolamento dei lavori. Certo, i rischi non sono ignorati, ma i diversi ed eccellenti autori dei saggi guardano più al bicchiere mezzo pieno che a quello mezzo vuoto, non escludendo che la potenza della tecnologia in divenire porti a riempire il calice a beneficio di tutti.

LA NUOVA RIVOLUZIONE DELL’IA GENERATIVA

L’IA generativa è un game changer. Può essere considerata una evoluzione tutto sommato conseguente dei sistemi di IA già oggi molto diffusi, un’espansione con logiche e dinamiche nuove delle capacità di ricerca dei motori cui da anni ci affidiamo per ottenere le informazioni più disparate, o anche un potenziamento delle capacità di analisi dei dati strutturati e non strutturati che molti software sono in grado di gestire. E, in effetti, è tutto questo, ma in realtà molto di più. La differenza è data dalla capacità dell’IA di produrre una conoscenza elaborata grazie a sofisticati algoritmi di apprendimento in costante evoluzione, con l’aggiunta di una capacità di interazione in linguaggio naturale con gli utilizzatori senza precedenti. L’IA generativa dialoga con noi, risponde alle nostre domande in modo creativo, e lo fa con il linguaggio più avanzato che si possa sperare. È colta e intelligente, come suggerisce il suo nome. O così sembra.

In effetti è colta, ma non intelligente, almeno nell’accezione che diamo all’intelligenza umana. I numerosi saggi di questa sezione lo mettono in evidenza senza ambiguità. L’IA generativa si esprime in un meraviglioso linguaggio naturale, ma ciò che a noi appare come un’eccellente risposta alle questioni più complesse, frutto di conoscenze estese e di capacità di ragionamento logico, è in realtà frutto di capacità di interconnessione e utilizzazione statistica delle informazioni su base probabilistica. L’IA generativa è dunque una formidabile macchina che alza nuovamente l’asticella del Test di Turing perché non distinguibile nelle sue risposte da quelle di un eccezionale essere umano, ma non è senziente, non prova emozioni, non realizza il tipo di processo cognitivo di un cervello umano. Anche se dà l’impressione di fare ed essere tutte queste cose.

Però è onesta. Alla domanda se sia o meno senziente, risponde candidamente così: «No, l’IA non è senziente. La coscienza o la “senzienza” (la parola usata è inesistente!) implica un senso del sé, la consapevolezza della propria esistenza, delle proprie esperienze e dei propri sentimenti. Le IA attuali, come il modello GPT-4 da cui proviene questa risposta, non hanno queste capacità.

Gli algoritmi AI possono analizzare enormi quantità di dati e trovare schemi in quei dati molto più rapidamente di quanto potrebbe fare un essere umano. Possono utilizzare queste informazioni per formulare risposte a domande o prevedere tendenze, ma non comprendono realmente le informazioni con cui stanno lavorando. Non provano sentimenti, non hanno bisogni o desideri, e non sono consapevoli di sé stessi o del mondo che li circonda.

Per esempio, io, come ChatGPT, non ho coscienza o autocoscienza. Non ho sentimenti o esperienze personali. Fornisco risposte basate sulla mia programmazione e sull’addestramento che ho ricevuto, ma non “penso” o “sento” nel modo in cui un essere umano lo fa».

La potenza dell’IA generativa non ne viene però in nessun modo compromessa. Al netto di errori, ignoranze e allucinazioni, che comunque ogni umano ha in abbondanza, è in grado di elaborare computazionalmente l’informazione ai livelli più sofisticati e in aree praticamente senza confini. E questo cambia, e soprattutto cambierà, il mondo, il nostro modo di vivere e di lavorare e, in prospettiva, le nostre società in modi per ora solo vagamente immaginabili.

Dopo pochi mesi dalla sua introduzione, ChatGPT e sorelle stanno già facendo paura, per le implicazioni sul mondo del lavoro, ma anche per le possibili deviazioni nel mondo della conoscenza, a partire da quella che si impartisce nelle scuole. È possibile chiedere di scrivere un tema liceale ma anche un articolo per un giornale di livello mondiale, un brano musicale, uno slogan pubblicitario, un codice software, un supporto legale, una formula innovativa per medicine avanzate, e virtualmente qualsiasi altra cosa possa venire in mente, compresi meravigliosi dipinti od ottime produzioni artistiche musicali o visive. E, se non è in grado di farlo ora, lo farà.

Per cui è chiaro che fa paura, da cui gli allarmi prima richiamati. Ma, se molti temono, molti altri cercano di individuare i fattori positivi. Interagire con l’IA generativa può essere un’esperienza molto creativa e gratificante che pone fianco a fianco l’intelligenza umana e quella artificiale con risultati sinergici del tutto innovativi. Occorre, certamente, apprendere in che modo si debba sviluppare l’interazione, a partire dall’ingegnerizzazione dei prompt, ma il cervello umano è perfettamente in grado di farlo. Vanno evitate le scorciatoie di comodo che si limitano a ricavare buone risposte e gabellarle per proprie, ma in fondo il plagio esiste dai tempi della Bibbia. E, ultimo ma non meno importante, è indispensabile che nel processo di sviluppo appena iniziato si operi tenendo a mente le norme dell’etica e le regole del diritto; e queste, come sempre, sono in palese ritardo rispetto al tumulto dello sviluppo di scienza e tecnologia.

Questo libro viene proposto con l’intento di portare le conoscenze più avanzate su tutti i fenomeni descritti con un mindset positivo e propositivo. L’IA sia in senso lato sia specificamente generativa è un potente strumento che abbiamo ormai nelle mani. Sta a tutti noi non lasciarcelo scappare e perderne il controllo, per trarre il massimo beneficio dalle sue potenzialità, che già oggi appaiono quasi senza limiti.

Enrico Sassoon è Direttore responsabile di Harvard Business Review Italia. L’intervento costituisce l’introduzione del volume “La rivoluzione dell’intelligenza artificiale. Dal Test di Turing a ChatGPT: opportunità e vantaggi, minacce e rischi” a cura di Enrico Sasson, Strategiqs Edizioni.

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