Firenze – L’inchiesta sulla Fondazione Open, aperta già nel 2019, ha portato la magistratura a indagare l’avvocato Alberto Bianchi, presidente della società, per traffico di influenze e finanziamento illecito ai partiti, e Marco Carrai, amico di Renzi, per finanziamento illecito ai partiti. L’ultima udienza ha confermato che Matteo Renzi, Maria Elena Boschi e Luca Lotti, sono stati iscritti nel registro degli indagati dalla Procura di Firenze e dovranno presentarsi per l’interrogatorio il 24 novembre negli uffici della Procura, accusati per concorso in finanziamento illecito.
I fatti sui quali i magistrati stanno indagando risalgono al periodo in cui, l’attuale leder di Italia Viva, Matteo Renzi, era in campagna elettorale per diventare sindaco del capoluogo toscano e insieme a un gruppo di fedelissimi lavorava per la nascita di “un’associazione non riconosciuta a comitati” che avrebbe supportato le iniziative politiche e culturali renziane. Gli eventi risalgono al 2009, anno in cui il capitale umano del “Giglio magico” incomincia a prendere forma e unirsi con lo scopo di sostenere le battaglie politiche di Renzi.
Festina Lente era il nome della prima società istituita, che ha avuto un ruolo chiave nella raccolta di fondi necessari a sostenere le spese delle campagne elettorali che Renzi vincerà, prima le primarie e poi quelle di sindaco di Firenze. Nel 2012 la società sposta 20.000 euro verso una nuova associazione, la Bing Bang, la struttura embrionale della Fondazione Open, protagonista dell’inchiesta giudiziaria. Tra i soci della Big Bang figuravano i nomi dell’avvocato Alberto Bianchi, Marco Carrai, socio fondatore di Link, associazione a cui arriva un bonifico di 71.000 euro partito dalla fondazione Festina Lente, come ha riportato il quotidiano La Verità, Lucilla Lazzeri e Lucia De Siervo, dirigente comunale ed ex assessore a Firenze.
Gli inquirenti stanno indagando e esaminando i documenti sui movimenti finanziari che l’associazione Open fa tra il 2012 e 2018, anno in cui la Fondazione cessa di esistere. Quello che i magistrati intendono dimostrare è come Open operasse come articolazione politico organizzativa del Partito Democratico, finanziando iniziative politiche con oltre mezzo milione di euro.
L’attività illecita sussisterebbe nel momento in cui il finanziamento avvenga con un’erogazione illecita, indiretta e non dichiarata, per appoggiare la natura del partito della corrente renziana. Le indagini condotte dai pm Luca Turco e Antonino Nastasi oltre a evidenziare come la Fondazione erogasse soldi per le campagne di comunicazione politica del partito e per i sondaggi, riguardano anche l’uso di risorse comunali durante l’anno tra il 2012 e 2013, periodo in cui Renzi era a capo degli Uffici di Palazzo Vecchio.
Dopo l’arrivo dell’avviso di garanzia da parte del Tribunale, Matteo Renzi ha criticato i magistrati con parole sprezzanti, che non sono passate inosservate agli occhi del CSM e dell’Anm che hanno chiesto che fosse aperta una “pratica a tutela” dei due pm fiorentini, che potrebbe obbligare Renzi a presentarsi anche nelle aule del Palazzo di Giustizia a Roma. La magistratura è stata accusata da parte del leader di Italia Viva di curarsi maggiormente della “ribalta mediatica più del giudizio di merito” delegittimando, così, il ruolo super partes dell’organo di giurisdizione.
L’inchiesta giudiziaria non ha di certo facilitato la vita politica del partito Italia Viva, che si vede collocato sempre peggio nei sondaggi sulle intenzioni di voto degli italiani, lo stesso Renzi lo ammette preoccupato. Nel frattempo la data del 24 Novembre potrà dire qualcosa sulle eventuali prove che la magistratura ha raccolto analizzando i movimenti finanziari della Fondazione Open.