Progettare feste alternative, peraltro a sinistra, laddove la kermesse dell’Unità di fatto è nata, potrebbe suonare spregiudicato. Una sorte di nemesi se non addirittura legge del contrappasso.
Eppure c’è anche questo tema, marginale ma fino ad un certo punto, ad animare le metamorfosi, scissioni, evoluzioni o chiamatele un po’ come vi pare, che stanno coinvolgendo il Pd e la branca nata da una sua costola con la posposizione delle consonanti Dp. Immaginare che nulla sia più sanguinoso delle lotte, seppur dialettiche ed elettorali, di quelle fratricide non è un azzardato.
Fatto sta che Mirko Tutino, ideologo dell’Mdp reggiano, già stanziale ai chiostri della Ghiara in epoca civatiana, starebbe già pensando alla passerella dei suoi big ad appuntamenti fissi: da Bersani a D’Alema, da Rossi ad Errani. Sempre sotto l’ala protettrice della Madonna della Ghiara. Togliendo visibilità, almeno negli intenti, a quel Matteo Renzi fino a ieri loro leader, in questo caso discusso.
Chiaro che le manovre delle Tutine blu, in onore dell’omonimo assessore che ha fatto la svolta, innervosiscono coloro che hanno lavorato, a modo loro, almeno fino a poco tempo, per tenere unito il partito. Andrea Rossi, ex bersaniano, sottosegretario in Regione ed organizzatore nazionale del Pd, patron indiscusso di Villalunga, kermesse renziana per eccellenza sul territorio nazionale, ha già fatto sapere alla Gazzetta di Reggio che gli scissionisti non sono più graditi. Ci mancherebbe altro.
Insomma pochi confronti e dialogo a distanza, anche se gli ambiti di attingimento elettorale non sono così diversi. Ore di dubbio anche per diversi parlamentari di casa nostra: Gandolfi e Marchi hanno palesato la loro propensione per la candidatura di Orlando, in funzione mediana e prodromica alla candidatura Renzi alla Presidenza del Consiglio. Altri restano renzianissimi, altri ancora attendono l’evolversi ulteriore della situazione.