Nonostante la crisi anche quest’anno i reggiani non hanno riununciato a festeggiare il loro patrono, San Prospero. Tantissime le persone che si sono riversate in centro storico tra bancarelle, artisti di strada e musica. Gremita anche la basilica dedicata al santo dove monsignor Adriano Caprioli ha celebrato la messa solenne. Per Caprioli è stat l’ultima apparizione pubblica come vescovo di Reggio prima di lasciare il posto, il 7 dicembre, al ciellino Massimo Camisasca. Un addio condiviso con monsignor Lorenzo Ghizzoni, eletto vescovo di Ravenna.
“Nell’attesa del nuovo Vescovo – ha detto monsignor Caprioli dal pulpito – mi corre l’obbligo anche quest’anno il compito di presiedere alla Messa di S. Prospero, Patrono della Diocesi e della città. Ogni anno — questa è per me la 15.esima volta — è andato crescendo il mio amore per questa festa, perché mi sollecita a riflettere con voi, con le autorità cittadine e con la intera comunità ecclesiale e civile, sulla nostra città, sulla sua anima più vera, sul suo destino”.
Nella sua omelia il vescovo ha toccato anche temi di attualità, in particolare si è scagliato contro l’apertura domenicale dei negozi: “La caduta morale della gestione della cosa pubblica, la commistione tra agire pubblico e privato hanno non solo portato ad una crescente fragilità nel sistema economico, ma sta erodendo lo stesso tessuto sociale e civile del nostro paese. Il compito dei cattolici, arduo ma necessario, è operare per cambiare regole (nel governo dell’economia) e comportamenti (nei consumi e negli stili di vita) per porre al centro la dignità della persona e il ruolo della famiglia nelle politiche pubbliche e nell’agire sociale: quali ad es. l’iniziativa popolare volta a “liberare la domenica dal lavoro, a tutela della dignità delle persone — della donna soprattutto — e dei tempi della famiglia”. Questa sì sarebbe una bella carezza per la famiglia in tempi di sacrifici”.
Monsignor Caprioli ha ricevuto il ringraziamento del sindaco Graziano Delrio: “Grazie di aver dedicato alla città 14 anni della sua vita e di voler continuare a essere tra noi. Ha saputo respirare la città ed ha contribuito con discrezione e mitezza al Bene comune. La città le deve delle scuse per le critiche all’adeguamento liturgico della Cattedrale, lei però ha avuto coraggio e ha resistito, consegnandoci un’opera fondamentale e apprezza”