Il risultato delle elezioni americane è la conseguenza di un processo storico-politico che, da tempo, si è affacciato nell’occidente e che definisco come la “semplificazione” della democrazia.
Un fenomeno capace non solo di trasformare le democrazie per come le abbiamo conosciute ma che è in grado di azzerare anche quel processo di integrazione europea che, da qualche anno ha subito una grave battuta di arresto.
Il fatto è che tale processo va di pari passo, venendone influenzato, con la rivoluzione digitale, con l’avvento delle nuove forme di comunicazione e con una economia sempre più indirizzata verso la sola speculazione finanziaria. Tutti fenomeni che, combinati insieme, hanno contribuito e stanno contribuendo alla semplificazione di cui parlavo.
Perché semplificazione della democrazia?
Gli Stati democratici, e le loro forme di governo, contrariamente a quello che i più possono pensare, non si limitano ad enunciare, elencare ed affermare i principi di libertà e di solidarietà umana, piuttosto sono delle costruzioni complesse che si reggono su una serie di meccanismi ed equilibri grazie ai quali quei principi universali vengono garantiti a tutti i cittadini affinché possano esercitare la loro sovranità.
Pensiamo alla complessa disciplina che regola i rapporti che intercorrono tra il potere esecutivo, quello legislativo e quello giudiziario. È attraverso le sue leggi che il parlamento, nella dialettica tra le forze politiche, dà vita alla sintesi tra i diversi credi e sensibilità politiche e sociali del popolo. È attraverso il Governo, la cui legittimazione nasce dal e nel Parlamento, che il potere esecutivo in un determinato momento storico, formula e determina l’indirizzo politico del paese in termini di scelte di politica economica e sociale. È attraverso l’azione dell’Ordine giudiziario che non solo si amministra e si esercita la giustizia, ma che si opera quell’imprescindibile controllo sulle norme e sulle leggi prodotte dal parlamento e dal governo, affinché non vengano violati i principi ed i valori affermati dalla nostra legge suprema, ovvero la Costituzione.
Così come sono complessi i rapporti tra chi detiene tali poteri ed i cittadini che ne sono assoggettati, definendo quindi il rapporto tra l’autorità e le libertà dei cittadini stessi.
E sono anche complessi i rapporti tra gli stessi cittadini che, oltre a desiderare di esercitare i propri diritti nel raggiungimento del benessere, senza per questo dover arrecare pregiudizio alle libertà altrui, non possono prescindere dall’osservanza dei loro doveri, educandosi alla costruzione di una cooperazione fraterna che sappia esaltare l’individualità con lo sguardo puntato verso la solidarietà.
In banale sintesi la democrazia ha l’enorme e faticoso compito di tenere insieme una realtà terribilmente sfaccettata in termini di individualità e di collettività, di idealità e di sensibilità sociali ed è l’espressione di difficili equilibri che coinvolgono le sue istituzioni ed i suoi cittadini, affinché l’assoluto od il dogma non soffochino la libertà.
Detto questo credo che Donald Trump ed Elon Musk, non siano altro che la faccia politica e partitica di una trasformazione profonda della democrazia che, abilmente, ha inteso abbracciare e agganciarsi alla locomotiva della rivoluzione digitale, del sistema dell’informazione e della comunicazione, e della nuova economia speculativo-finanziaria per superare le barriere della complessità democratica.
Queste rivoluzioni hanno in comune una sola cosa, la rapidità e la semplificazione dei processi cognitivi, di calcolo e di accumulazione della ricchezza. Hanno impresso cioè una accelerazione alle dinamiche umane, sociali ed economiche tali da far sembrare le regole e gli equilibri della democrazia “complessa” come un impedimento al progresso umano ed al “mainstream”.
La rapidità di trasmissione dei dati, della comunicazione e dell’informazione in modo compulsivo, ha reso precario il processo di cognizione, esame ed analisi dei fatti, azzerando quel pensiero critico che richiede invece riflessione, approfondimento e confronto.
La velocità e la rapidità di azione dell’intelligenza artificiale sostituirà forse la complessità del processo di apprendimento del sapere a vantaggio di macchine che scriveranno e sceglieranno al nostro posto.
La rapidità e la diffusività della comunicazione “social” è in grado di incidere profondamente sulle personalità dei suoi fruitori, innescando manifestazioni di giudizio e di apprezzamento, capaci di azzerare ogni complesso processo di conoscenza dell’individuo e di sé e che trova la sua definizione e la sua identità, solo nel numero di “like” che riceve. Ragion per cui i processi di esaltazione e di disistima di sé, si affermano in modo alternato, senza che l’individuo trovi una propria autenticità se non nelle opinioni che altri hanno di lui.
La velocità degli scambi commerciali e finanziari è in grado di compromettere le complesse regole della libera concorrenza create per evitare che il monopolio di uno o di pochi sia la morte delle libertà economiche di tutti.
Certamente si commetterebbe un grave errore se si intendesse demonizzare il progresso tecnologico ed economico che tanto vantaggio hanno apportato, ma è altrettanto vero che, nel momento in cui tale progresso viene ad incidere sensibilmente sulle dinamiche sociali ed è preso in prestito dai partiti politici, le complessità dei mondi liberi e delle sue regole, possono apparire di ostacolo al raggiungimento di obbiettivi rapidi da consumarsi nel giro di pochi istanti.
La necessità di velocizzare la giustizia che deve tenere il passo dell’andamento digitale, ad esempio, porta all’azzeramento del complesso processo di accertamento della verità che necessita dei suoi tempi per giungere ad un esame obbiettivo della realtà dei fatti. I magistrati si trovano spesso nell’incapacità di poter intervenire e sanzionare le attività illecite commesse attraverso le reti telematiche e quelle dei social, non riuscendo a ricostruire per tempo la veridicità dei fatti, se non arrivandoci tardivamente. Così che le uniche verità che emergono paiono essere solo quelle che sono il prodotto della rapidità con cui il giudizio semplificato dei “social” o dei sistemi di informazione e/o di comunicazione è in grado di offrire. Con la conseguenza che la giustizia esercitata dai magistrati, viene sostituita in modo semplificato dal popolo dei social.
Il fatto è che le forze politiche, nell’ansia di affermare nuove forme culturali o di preservare e ricostruire una morale fondata sugli antichi valori, hanno abbracciato quei processi di velocizzazione e semplificazione per dare alle democrazie una nuova veste. Eliminare la complessità per promuovere la velocizzazione dell’esercizio del potere, diviene verticismo politico che si pone in antitesi con la partecipazione attiva dei cittadini alle istituzioni come contributo per la formazione della volontà dello Stato, della Regione e del Comune.
Questo modo di esercitare la politica, banalmente, è in grado di scavalcare i complessi processi della democrazia, per rivolgersi direttamente alla volontà popolare, nell’intento di azzerare ogni confronto ed equilibrio tra le istituzioni dello Stato che, in tal modo, vengono rese prive di significato. Perché passare attraverso un Parlamento se non è in grado, perché lento, di rispondere rapidamente ai bisogni dei cittadini? Perché passare attraverso una giustizia lenta che non è in grado di stare al passo con i tempi? Perché consentire alla giustizia di verificare se i parlamenti od i governi creino leggi che siano in contrasto con la Costituzione quando i governi sono l’espressione di ciò che il popolo vuole? Perché secondo tali forze politiche solo il popolo (che magari è informato solo attraverso i rapidi “social” e esprime il proprio giudizio attraverso di essi) è in grado di giudicare con “rapidità” la correttezza o meno dell’operato di un governo.
Ricorrere alla voce del popolo al quale occorre far credere che un governo che sa agire rapidamente senza gli intoppi delle burocrazie parlamentari o delle autocrazie della magistratura è l’unico in grado di risolvere i problemi, è il modo migliore per semplificare i processi democratici e dare vita a forme di governo che sono altro da quelli.
Ma è la strada che porta a quel lato oscuro dell’umano che è l’indifferentismo e la rassegnazione; ovvero la negazione delle democrazie.
I capi di Stato come Orban e come altri leader politici, purtroppo, da tempo hanno imboccato quella strada, ma è con Donald Trump e con Elon Musk che il cerchio si chiude. Essi esprimono la fusione tra la rapidità e la semplificazione tecnologico-finanziaria e quella politica che sbeffeggia ogni forma democratica, promuovendo l’assalto a Capitol Hill, e che vorrebbe eliminata l’autarchia delle magistrature. Anche immaginando di eliminare ogni corpo legislativo affermandosi come gli unici legislatori del mondo. Il tutto condito da una moralità e da una eticità confusa ed ibrida che sfugge ad ogni credo religioso o civile.
Si ergono a difensori della libertà, ma quale? Una libertà senza confini che, in realtà, nasconde un’idea totalizzante in cui non vi è né destra né sinistra, ma solo un’indistinta massa di individui che, se avrà perso la capacità critica, non potrà che schierarsi contro ogni forma di dialogo, di dialettica e di complessità del pensiero, per ricercare la via più breve verso la sua sola soddisfazione e senza alcuna coscienza sociale. Trasformandosi in semplificazione in movimento.
Si presentano come difensori di una morale che contestualmente viene negata dalla loro conduzione di vita che né in contrasto.
L’ascesa dei Trump e dei Musk, purtroppo, è stata favorita da forze politiche che paiono totalizzanti. Da un lato coloro che intendono difendere, una strana idea di italianità e di Europa nel timore che la cultura dell’occidente venga minata da un perverso progetto di meticciato e dall’altro da chi intende anteporre i diritti civili a quelli sociali, professando una sorta di libertà tout court che, se non assecondata, viene anche subdolamente imposta senza tenere conto della necessaria coesistenza delle diversità e delle complessità dei popoli. O anche da coloro che intendono cancellare un passato per loro “efferato” ma senza il quale il percorso della democrazia non sarebbe giunto a noi.
La semplificazione ha di poi arrestato e lo sta minando definitivamente, il processo di formazione di una Europa unita e coesa che non può e non potrebbe essere che il frutto di una unità nella diversità; ovvero nella complessità democratica. Un processo che è sintesi di popoli e di culture che, per giungere ad un obbiettivo comune, ha bisogno di tempo per la formazione di una coscienza comune. Il che non significa affatto lentezza e dunque incapacità di governo, ma è il necessario percorso per elaborare ed analizzare le diverse sensibilità umane e ideali, per giungere ad un solo obbiettivo, la difesa e l’affermazione della libertà come fine e non come strumento di condizionamento.
Ora più che mai l’Europa deve costruirsi come “Popolo unito”, non solo per affrontare le sfide che, oramai, si sviluppano tra continenti e non tra nazioni, ma per condividere quei valori di democrazia e di libertà che, solo essa, grazie alla sua storia, è in grado di esprimere.
Mi appello quindi a tutti coloro che credono nella democrazia affinché, fuori da ogni scontro ideologico di maniera e strumentale, diffondano ed educhino i giovani all’idea democratica perché costituisca il faro per la difesa di quella complessità che, le dittature e le molte guerre nel passato hanno più volte tentato di soffocare. Che tornino tra i giovani le idee, senza le quali, la strada della semplificazione delle democrazie è aperta e segnata.