Firenze – La “lettera rubata” di Edgar Allan Poe era lì, in bella vista, dove nessuno poteva credere che si “nascondesse”. Ho pensato al celebre racconto quando ho letto, in settimana, le ennesime elucubrazioni sulla crisi della Fiorentina. Sarà la stanchezza? No, perché lo stesso Sousa dice che “la squadra sta bene”. Sarà un improvviso imbrocchimento di tutti? Improbabile, dato che per tre anni questi stessi giocatori hanno fatto vedere cose mirabili e tecnicamente da palati fini. Sarà la psiche e sarà lo stress? Ma di che? La squadra gioca una partita a settimana, ha la rosa in buona salute (se si eccettuano gli oggetti misteriosi acquistati a gennaio), nessuno le chiede la luna, anzi: c’è da meravigliarsi che i tifosi così intransigenti e addirittura infuriati l’anno scorso per l’eliminazione della Viola in semifinale dall’Europa League, quest’anno siano lì buoni buoni, ad aspettare che finisca quest’annata umiliante, contenti solo di quel fatuo e effimero primo posto in classifica che la squadra gli ha regalato a Natale. Sfortuna? Non ne parliamo neanche! Avessimo avuto la quantità di episodi favorevoli (con quel bel record di gollonzi all’attivo) gli anni scorsi, senz’altro saremmo qui a celebrare una Fiorentina in Champions.
Ma perché nessuno pensa che la responsabilità di questo disastro sia Sousa? Eppure di indizi ce n’è stati più d’uno. Ho scritto lunedì di come la Fiorentina finiva il campionato scorso con cinque vittorie su cinque partite, tre gol a partita, bel gioco e praticamente gli stessi giocatori di quest’anno (anzi, con la squadra titolare meno forte di quella odierna). Solo che andava a velocità ridotta, valorizzava le qualità di palleggio dei suoi centrocampisti, teneva corta la squadra, vedeva tutti aiutare tutti in ogni zona del campo con naturalezza e automatismi collaudati. La scelta del cosiddetto “tiqui taca” da parte di Montella non era stata un capriccio o un’invenzione da griffe. Era quello il gioco che consentiva a tutti di esprimersi al meglio delle loro prerogative. E non c’era stanchezza (correvano gli altri), non c’era stress, e con un po’ più di fortuna (sarebbe bastato segnare i sette rigori sbagliati e magari avere un centravanti che li tirava) la Fiorentina avrebbe lottato per lo scudetto. Fu quello che dichiarò Joaquin quando abbandonò la barca, forse per la moglie, ma fors’anche perché, da campione navigato, aveva capito l’antifona.
Sousa pretende che quei giocatori da calcio “spagnolo” si trasformino in giocatori “all’inglese”, tutta corsa e frenesia, con almeno quattro elementi sempre davanti alla linea del pallone, con quei due poveri centrocampisti (in genere Badelj e Vecino, ma spesso e con risultati grotteschi, Borja) a tamponare e rilanciare, per lo più alla cieca, a ritmi per loro insostenibili, con praticità zero e con rincorse affannose a palla persa. La partita di ieri sera è stata emblematica. La Fiorentina ha attaccato, o almeno ha cercato di attaccare, per tutta la partita, ma non è riuscita a tirare in porta. Anche questo è un dato non indifferente: il campionato scorso tirava nello specchio della porta quattro volte di più di quest’anno.
E quando Sconcerti dice che da metà campionato sono venuti a mancare i gol di Kalinic, allora chiedo: ma quanti palloni giocabili arrivano in area? Quanti gol ha “sbagliato” Kalinic per meritare la gogna? Perché non si riesce a vedere che è il gioco della Fiorentina che è assurdo, prevedibile e ingiocabile in Italia? Perché non si riflette sul fatto che Sousa prima vende una risorsa come Suarez, solo perché non corre come Bolt, e poi ignora sistematicamente Mati per le stesse ragioni? Io invece provo a immaginarmi un centrocampo che giochi alla Montella, con Suarez da alternare al centrale, con il “regista” che a turno aiuta i mediani e protegge la difesa, con la squadra corta e alta. E mi ci vuole poco a immaginarmi quella squadra, perché l’ho vista poche settimane fa contro il Napoli.
C’erano tutti i centrocampisti di Montella, Mati compreso, a non far veder palla al Napoli in una delle più belle partite dell’intero campionato. Mi illusi che Sousa avesse finalmente capito almeno il fatto che in Italia non si può giocare nello stesso modo contro tutti, neanche se sei la Juventus. E invece rieccoci a battere la testa nel muro e a sentire a fine partita discorsi impalpabili sul lavoro, sulla mobilità (?), con le rituali lamentele degli avversari che si difendono in nove! Già, Sousa. Forse allora l’hai capito: ci si può difendere in nove e segnare due reti, sbagliarne altrettante clamorose, prendere due traverse mentre tu attacchi, tieni palla e non tiri in porta. Certo che lo hai capito! Ma devi far finta di niente, perché sennò cosa alleni l’anno prossimo, il Belenenses?
Foto: Edgar Alla Poe