In tempo di crisi bisogna re-inventarsi il lavoro, rinnovare il proprio mestiere e proporre “un’idea” che sia veramente nuova. In ambito teatrale a Firenze opera una Compagnia che è riuscita in questo intento, dimostrando quanto l’arte possa essere sempre ricreata per incantare il pubblico. Sono essenzialmente due le formule indovinatissime in cui si è specializzata La Compagnia delle Seggiole: i "radio-gialli" e i "viaggi teatrali"; due iniziative che coinvolgono più mezzi espressivi e che affascinano per la loro originalità. Ripercorriamo la storia della Compagnia con il suo fondatore/attore Fabio Baronti.
1. Nel maggio 1999 nasce La Compagnia delle Seggiole, un nome che richiama insieme la fiorentinità del gruppo e l’amore per il teatro di parola. Raccontaci gli esordi e gli intenti.
La Compagnia nasce dall’incontro di attori provenienti da città toscane e formazioni teatrali diverse. Ciò che conta è lo spirito del gruppo, dopo tanti anni abbiamo ancora voglia di mangiare una pizza insieme dopo lo spettacolo. È una cosa a cui teniamo molto! Già dal nome emerge l’intenzione di legarsi al territorio ( “seggiola” è un termine prettamente fiorentino) e di conservare un’impostazione “classica” dove il teatro deve essere parola. I nostri spettacoli devono essere leggibili dal maggior numero di spettatori possibile. La rappresentazione deve essere sostenuta solo dal testo (e ovviamente dall’attore che lo recita). Da qui la scelta di scenografie scarne, in cui al massimo è presente qualche “seggiola”. Il nostro primo spettacolo è stato “Jacques e il suo padrone” di Milan Kundera, un omaggio al romanzo "Jacques il Fatalista" di Diderot. Quasi subito abbiamo acquisito una certa visibilità nell’area fiorentina.
2. A quando risale “la svolta” per la Compagnia?
La svolta risale al 2003, quando mettemmo in scena “La Mandragola” di Machiavelli nel Cortile del Museo del Bargello. Qui negli anni ’70 si svolgeva la stagione estiva del Teatro dell’Oriuolo (di cui feci parte negli anni ‘80), così proposi alla direttrice Beatrice Paolozzi Strozzi di riprendere la tradizione, partendo dai classici. Seguirono 20 repliche nel mese di luglio. Raramente si ha la possibilità di recitare dove l’autore ha vissuto: infatti il Bargello era il vecchio tribunale frequentato da Machiavelli, il quale venne rinchiuso proprio nelle sue carceri sotterranee quando fu incriminato per tradimento verso i Medici. Sulla scia di questa bellissima esperienza, negli anni successivi (2004-2007) organizzammo una rassegna dedicata all’autore fiorentino dal nome “Machiavellica – teatro e musica per Niccolò Machiavelli”, ambientata nella Grotta del Buontalenti nel Giardino di Boboli e nel Cortile del Museo Nazionale del Bargello. Tra le ospitalità di cui vantarsi ricordo Giorgio Albertazzi e Arnoldo Foà, a cui si aggiunge il coinvolgimento dell’Arca Azzurra di Ugo Chiti. Il progetto aveva il duplice scopo di selezionare spettacoli e artisti di un certo livello e di valorizzare i luoghi della città, palcoscenici suggestivi e portatori da sé di arte e tradizione culturale. La rassegna morì di lì a poco. "La Mandragola” sopravvive ancora oggi.
3. La prima “creazione” della Compagnia delle Seggiole sono le cene con delitto in forma di radio-gialli, cene-spettacolo in cui i commensali sono chiamati “ad ascoltare” la storia e i suoi intrighi lasciando ampio spazio all’immaginazione. Un progetto che è giunto a circa 300 repliche in locali e ristoranti di tutta Italia. Parlaci di questo «evento gastronomico/teatrale», come e quando nasce l’idea?
Si consolida nel febbraio 2005, ma in realtà le prime esperienze risalgono al 2003. L’idea fu del ristoratore Giorgio Del Plato: mi chiese di “leggere Voltaire” nel suo ristorante (il Caffè-Teatro Baccus in Borgognissanti) e ottenemmo anche il patrocinio dell’Istituto Francese di Firenze. Il primo esperimento fu un successo. Del Plato organizzò un programma di 4 mercoledì ad un prezzo popolare. Le serate ebbero il tutto esaurito, con spettatori tra i 25 e i 30 anni. Seguirono nuovi cicli di incontri con letture di libri a puntate, ed ancora un successo inaudito. Molte compagnie, in Italia, ma non a Firenze, organizzavano già le cene con delitto, noi scegliemmo i radio-gialli, affidando tutto alla magia della parola e alla suggestione del rumorista: il nostro musicista Vanni Cassori, infatti, fece una ricerca accurata scoprendo tutti i trucchi del mestiere e riportando alla luce il fascino del sonoro per la radio. La prima proposta del 2005 prevedeva la lettura dei “Radiogialli” di Ellery Queen per sole 4 serate: oggi abbiamo oltrepassato le 300 in tutta Italia. Desideriamo ripristinare il rapporto con la radiofonia proprio oggi, che viviamo nella società delle immagini. La radio è più ascoltata di quanto si pensi, soprattutto incuriosisce e affascina il pubblico.
4. Seconda innovazione della Compagnia sono i “viaggi teatrali”: la visita guidata si trasforma in un incontro con i personaggi del passato, i quali narrano la storia del luogo visitato. Una commistione di arte e teatro che permette ai visitatori di esplorare siti artistici esclusivi che prendono letteralmente vita. Come nascono queste visite-spettacolo? In questi anni quali hanno avuto maggiore riscontro?
Anche in questo caso lo spunto è giunto a seguito di una richiesta. Riccardo Ventrella, direttore del Teatro della Pergola, ci chiese qualche suggerimento su come festeggiare i 350 anni dalla nascita del teatro (già in passato avevamo avuto qualche collaborazione con la Pergola). L’idea della visita spettacolo “In sua movenza è fermo” (testi e regia di Giovanni Micoli, con il quale ormai da 6 anni si è instaurato un rapporto ben consolidato) era quella di aprire la Pergola al pubblico per visitarne i luoghi più nascosti, lasciando che i protagonisti ne narrassero la storia. Ancora oggi le repliche, giunte a 130, riscontrano l’apprezzamento degli spettatori. Di grande successo anche i viaggi teatrali al Monastero della Certosa del Galluzzo (“L’azione del silenzio” – oltre 100 repliche), all’Istituto degli Innocenti (“Una donna innocente”) e alla Misericordia di Firenze (“Senza alchuno prezo o premio”), tutti con testi e regia di Micoli. Ad essi si aggiunge l’ultima riuscitissima iniziativa “Corridoio Vasariano: un viaggio teatrale”, con testi e allestimento di Riccardo Ventrella, proposta in occasione dei 500 anni dalla nascita di Vasari, autore del “corridore” divenuto la galleria più esclusiva della città. La differenza tra i viaggi teatrali e gli spettacoli itineranti è che noi scriviamo i testi appositamente per il luogo che ci ospita. Per questo motivo il nostro non è un pubblico prettamente teatrale, per esempio i bambini rimangono affascinati… il nostro intento è far scoprire i luoghi della città non in forma canonica.
5. Ci hai parlato dell’allestimento della “Mandragola” (tra l’altro in scena il 4-5 febbraio al Teatro Le Laudi), uno spettacolo che ha portato La Compagnia delle Seggiole addirittura in Giappone per una mini tournée. Raccontaci di questa esperienza internazionale, ne avete avute altre?
Nel 2005, in occasione dei 40 anni di gemellaggio Firenze-Kyoto, accompagnai un amico in Giappone. Questo viaggio casuale fu la nostra fortuna: durante una cena ufficiale mi chiesero di recitare il prologo della “Mandragola”. Nell’ottobre 2009 recitammo il testo machiavelliano in luoghi davvero esclusivi: nel Tempio Kodai, il più antico tempio buddista della città di Kyoto, nel Palazzo degli Ospiti di Osaka e allo Gifu City Culture Center nella città di Gifu. Un’esperienza bellissima, ma ci tengo a precisare: in Giappone è andato Machiavelli, non La Compagnia delle Seggiole. Altra esperienza all’estero è stata nel 2004 con “La rappresentazione di Stella” di Anonimo del XV secolo (favola in rima baciata in endecasillabi che narra il primo miracolo compiuto dalla Madonna) al IX Festival Medieval d’Elx (vicino Valencia), un festival internazionale spagnolo che si svolgeva nel palmeto più grande del mondo. La messinscena fu commissionata dal Centro Studi sul Teatro Medievale e Rinascimentale di Roma diretto dal Prof. Federico Doglio, per cui avevamo già allestito nel 2000 “La Pellegrina” al Teatro della Pergola diretta da Luciano Alberti, per le Celebrazioni del IV Centenario della Nascita dell’Opera, e nel 2002 lo spettacolo “Il tradimento dell’onore” di Giovan Andrea Cicognini (sempre con la regia di Alberti) a Roma in occasione del XXVI Convegno Internazionale del Centro Studi.
6. Tornando alla composizione della Compagnia: come si è costituito il gruppo? Esiste un nucleo storico o le collaborazioni variano negli anni? Qual è il tuo ruolo al suo interno?
In Compagnia saranno passate circa 60 persone tra attori, registi e tecnici, ma esiste un nucleo storico; nessuno di loro ha, però, un diritto di accesso speciale alla titolarità dello spettacolo. Anche per le collaborazioni con i registi vale la stessa regola: ogni scelta dipende dal singolo spettacolo e dalle sue esigenze. Poi penso che i rapporti siano sempre complessi, per cui… meglio gestire chi già conosciamo! Per quanto mi riguarda sono il “responsabile legale”, ma faccio parte del gruppo come semplice attore. Non amo che vi siano protagonisti nello spettacolo, né tantomeno lo divento io. Non ho mai curato la regia perché non mi compete e ritengo che il regista non possa recitare, deve essere un occhio esterno… Non ho neanche mai scritto i testi… non saprei proprio farlo!
7. Allestite spettacoli che coinvolgono e promuovono la città di Firenze, la sua arte e la sua cultura. Qual è il vostro rapporto con le altre realtà teatrali e con le Istituzioni?
Firenze è una città "senese", vale la regola del palio: puoi perdere, l’importante è che non vinca la contrada nemica. Abbiamo rapporti positivi con le Istituzioni “non Istituzioni”, per esempio il Museo del Bargello: grazie alla direttrice abbiamo conquistato la fiducia della Sovrintendenza, questo ci permette di tornare nei luoghi esclusivi. Di contro non abbiamo avuto nessun sostegno economico dalle Istituzioni, i nostri sono spettacoli che hanno gambe per stare in piedi da soli. Diciamo che i rapporti li abbiamo guadagnati per meriti sul campo. La nostra formula di pubblicità e divulgazione è mirata, legata ai luoghi dove operiamo e fondata sul passaparola. Abbiamo un nostro pubblico affezionato.
8. A questo punto una curiosità sul fondatore di questo affascinante gruppo: quali sono gli esordi di Fabio Baronti? Prima hai citato una realtà teatrale che a Firenze ha fatto storia e che aveva sede in un luogo oggi praticamente abbandonato: il Teatro dell’Oriuolo. Come è avvenuto il vostro incontro?
Avevo 17 anni, non avevo il coraggio di recitare e decisi di fare il suggeritore. Un giorno un attore si ammalò e il regista mi propose di sostituirlo. Da lì iniziò questa piacevole avventura. Inizialmente frequentai il teatro “parrocchiale”, poi vidi “La Cupola” di Augusto Novelli e ne rimasi incantato. Da quel momento il teatro non fu più un semplice divertimento, ma qualcosa di più. Dopo il servizio militare mi iscrissi alla scuola del Teatro dell’Oriuolo (sito in Palazzo Bastogi, attivo dal 1951 al 1993): quella scuola teatrale ha formato tanta gente, ci sono passati molti grandi del teatro e per me fu fondamentale. Nel 1983 partecipai al Concorso Nazionale Wanda Capodaglio, nella giuria c’erano Rossella Falk, Alberto Lionello, Enrico Maria Salerno… In realtà io già lavoravo in banca, mi trovai per caso a sostituire una ragazza che aveva deciso di non partecipare più. E, come dire, mi sono presentato senza sapere la poesia! Sì, perché portai due monologhi, ma recitai la poesia senza impararla a memoria, con il foglio davanti. Ovviamente non potevo vincere, ma conobbi Alberto Lionello, il quale mi propose di fare un’estiva con lui. Rifiutai. Non volevo rinunciare al mio lavoro in banca e non me ne pento. Però entrai a far parte della Compagnia Stabile dell’Oriuolo e vi rimasi fino alla chiusura del teatro nel ’93. Era un “teatro stabile in miniatura”, ti garantiva di stare in scena dal giovedì alla domenica per 6 settimane consecutive per un totale di 120/130 repliche all’anno. Fu questa la mia vera formazione. Naturalmente mi ritengo molto fortunato: avendo già un lavoro avevo la libertà di scegliere cosa fare, che non sempre è scontata in questo mestiere. Potevo non scendere a compromessi! Nel 1993 il teatro chiuse ed io lavorai in varie formazioni toscane. Poi nel 1999 con un gruppo di amici ho deciso di “metter su una Compagnia”.