Il feretro con le spoglie dell’ex sindaco di Reggio, il senatore Ugo Benassi, scomparso sabato a 83 anni, è stato accompagnato fuori da sala Tricolore, sede di quella amministrazione che ha retto per 11 anni, sulle note partigiane di Bella ciao come lui aveva chiesto nel suo libro Una politica amica. Poi l’ultimo viaggio terreno al cimitero nuovo di Coviolo per la sepoltura senza nessuna funzione religiosa nonostante lo stesso Benassi avesse intessuto un rapporto particolare con l’allora vescovo Gilberto Baroni e con altri preti reggiani impegnati nel sociale.
Prima dell’addio in questi due giorni la sua camera ardente era stata visitata da molti uomini politici e amministratori non solo locali; lo stesso Romano Prodi, in partenza per New York, ha lasciato un messaggio di cordoglio. Un corteo semplice e rispettoso si è formato per il funerale mentre l’orazione funebre è stata tenuta dal sindaco di Reggio Graziano Delrio che ne ha tracciato la biografia e illustrato le caratteristiche salienti della sua personalità. “Un uomo di profonde convinzioni ma non prigioniero dell’ideologia – lo ha descritto Delrio – sindaco con passione autentica per la sua città e per i problemi veri della politica”.
Benassi ha guidato il nostro comune capoluogo durante una stagione di grandi cambiamenti ed emergenze sociali, dai nomadi alla droga ai malati psichiatrici, dalla scuola all’urbanistica (il nuovo piano regolatore Venturi fu votato all’unanimità) all’apertura alla dimensione internazionale. Con la morte di Benassi, dopo quella di Bonazzi l’anno scorso, se ne va una generazione di “padri nobili” di Reggio, vissuti in tempo di grandi divisioni e come tali espressioni di una parte ma con stile moderato e capacità tutta laica di vero dialogo