Pontedera – La mole da gigante buonissimo e la capigliatura, un fungo atomico di ricci neri, sono sempre stati il suo marchio di fabbrica. La chioma globosa di Giorgio Ariani, maestosa come quella di un olmo, è, e rimarrà, la sintesi perfetta di una stagione della nostra comicità di cui in tanti hanno, per più ragioni, nostalgia.
Giorgio ovviamente lo sapeva. E forse anche per questo, pochi giorni fa, il 26 febbraio, aveva aggiornato l’immagine di copertina del suo profilo Facebook con un buffo mix di sue foto d’epoca – quelle che, tra i ’70 e gli ’80, apparivano sulle locandine dei suoi spettacoli, come anche sulle copertine delle riviste e dei primi numeri di “Onda Tivù”, elettrizzati dall’avvento delle televisioni libere (da noi in Toscana furoreggiava TeleLibera Firenze: nome che da solo, anche grazie al lavoro di Ariani – “La Vispa Teresa” – evoca precise, inconfondibili nostalgie).
Occhi sgranati, sorrisetto a fessura di salvadanaio da discolo dell’ultimo banco (non a caso il quel periodo Lenzi lo scelse per il suo “Pierino la peste alla riscossa”): cinque ritratti disposti a ventaglio, come una mano di poker: un omaggio agli anni d’oro del cabaret, quello della gavetta alle sagre fumose di braciate, alle feste di piazza, alle chiassose adunate nei circolini di paese.
È dalla pagina Facebook di Giorgio che i suoi figli, Tiziana, Camilla e Niccolò, hanno annunciato, sabato scorso, che il loro papà se n’era andato. “Cari amici, Giorgio Ariani purtroppo oggi ci ha lasciati, è andato a far ridere i santi in paradiso…”. In tanti, colleghi, amici, fan, hanno subito affidato al popolare social un loro ricordo, un loro pensiero. Leonardo Pieraccioni il suo l’ha tributato proprio a quella stagione dorata: “Caro Giorgio, a Balatro negli anni ’80 facesti lo spettacolo che mi ha fatto più ridere tra gli spettacoli di cabaret. Lo sai, ho iniziato a fare questo mestiere per “colpa” tua. Quanti messaggi ti lasciavo nella segreteria telefonica perché volevo fare il tuo lavoro? Poi una volta mi richiamasti e da quel giorno non sono più sceso da questo carrozzone di matti. Ciao Grande!”.
“Se io ho iniziato a fare questo mestiere”, ha scritto Gaetano Gennai, “è per colpa tua e non finirò mai di ringraziarti ovunque tu sia. Grazie di tutto grande Giorgio Ariani, ora finalmente potrai riposare in pace”. E Giorgio Panariello: “Se n’è andato un altro pezzo di storia della comicità toscana. L’ultimo abbraccio a Giorgio Ariani”. Laconiche, dolcissime, le parole di Niki Giustini: “Ciao splendido Maestro”.
Qualche anno fa, nel 2011, fu Niki a passarmi il numero di cellulare di Giorgio. Stavo lavorando a “Chiacchiere da barberia”, un progetto (poi diventato un libro) dedicato a Gianfranco Lazzereschi, acconciatore maschile in Forcoli (Pisa), il lungimirante inventore del concorso “Miss Cicciona”, che per più di vent’anni ha tenuto banco sulle copertine, negli articoli e nei servizi di riviste e testate giornalistiche e emittenti nazionali, e che Giorgio Ariani, in veste di presentatore, tenne a battesimo nei primi anni Novanta.
Raccoglievo interviste dei tanti personaggi che, nel corso delle varie edizioni, avevano affollato quell’irriverente, bizzarra – e mediaticamente fortunatissima – passerella. «Per la prima edizione della Cicciona», mi raccontava Giustini, «Gianfranco chiamò sia me che Giorgio. Non a caso: anche noi a ciccia si stava già benino, a quei tempi». Ma con Giorgio c’hai già parlato? mi chiese poi. No? Ah, allora chiamalo subito. Ce l’hai, il su’ telefono? No? Te lo do io: vai, segna…
«Pronto? Sì…? No no, macché, non mi disturbi… sono in macchina, vo da vo da i’-ddentista… eh, la ‘un c’è pace… sto bene, sto bene, toh, fammi toccà’ le palle!». Uno dei doni di Giorgio: la capacità di regalare, assieme alla simpatia innata, istintiva, la sensazione di essere amici da una vita. Di avvolgerti con un’umanità schietta e straripante, fatta di una generosità semplice, di un’empatia immediatamente percettibile e istantaneamente contagiosa.
La stessa bontà, la stessa umanità che oggi in centinaia e centinaia rammentano nei loro commenti su Facebook. “Ciao fratellino”, si legge spesso. Una frase che lui usava spesso – salutò così anche me, alla fine della nostra chiacchierata al telefono (rimane il rimpianto di non averla fatta di persona, quell’intervista). “Arrivedooorciii”, scrivono in tanti, richiamando una delle più fulgide tappe della carriera di Ariani, che, come doppiatore, prestò la sua voce (continuando il cammino da dove l’aveva lasciato Alberto Sordi, e scusate se è poco) a Oliver Hardy. A partire dalla seconda metà degli anni Ottanta, Giorgio e l’amico Enzo Garinei (che faceva Stanlio), doppiarono per la Rai, sotto la direzione di Giancarlo Governi, tutte le comiche mute della mitica coppia.
Lo scorso 26 marzo, giorno in cui aggiornò la propria immagine di copertina su Facebook, fu Giorgio, dal suo profilo, a porgere delle condoglianze. Erano dirette proprio a Enzo: “Mi stringo vicino a Lorle ed Enzo Garinei per la dolorosa perdita del loro figlio Andrea. Dopo le risate con Stanlio e Ollio, ora è solo il momento di piangere. Un abbraccio fortissimo, Giorgio A.”. Sono le ultime parole scritte da Ariani sul social che, negli ultimi anni, gli aveva permesso di comunicare in tempo reale coi tantissimi che gli volevano bene.
Sempre su Fb, Gianfranco Lazzereschi cita Ollio: “Quando mi presentò Miss Cicciona indossava quella grandissima tuta rossa… La cosa più simpatica: intervistava le concorrenti con la voce di Oliver Hardy, quella con la quale ha doppiato 40 film. Mi diceva sempre che questa era “una manifestazione di un certo peso, fatta e ideata a mia misura!”. Ciao Giorgio”.
«E il Lazzereschi ‘ome sta?», mi chiese Ariani mentre guidava verso lo studio dentistico. “Ah, bene, salutamelo tanto! Mah, ‘osa mi rihordo… mi rihordo ‘he quand’ho presentato la Miss Cicciona è stato clamoroso perché quell’anno stavo facendo “La sai l’ultima” su Canale 5… e infatti ho detto a quelli di Canale 5 di andare a riprenderla, ‘uesta Cicciona… è venu’o fòri un mezzo ‘asino, perché l’organizzazione aveva già una specie d’accordo ‘on la Rai Due, sicché si son trova’i con due programmi registrati uguali, e allora Canale 5 ha dato la notizia, Rai Due ha dato la stessa notizia, due ‘ose uguali identihe, è per questo ‘he è venu’o fòri i’-mmezzo ‘asino ‘he ti dicevo, ma Gianfranco l’era tutto ‘ontento lo stesso perché alla fine ne parlònno un sacco uguale… e poi mi rihordo un’àrtra ‘osa bellissima, ‘he mi sentivo magrooo… ma magrooo, ti di’o magrooo… una bellezza, ‘un m’ero mai senti’o magro ‘osì! avendo d’intorno tutte ‘ueste ciccione, ce n’era una di dugènto ‘hili, una l’era di dugèntoventi, e io allora sembravo fine fine, era bellissimo!».
Era un maestro anche nell’ironizzare sulla sua taglia fortissima. «Devi sapere che quel che ha sempre contraddistinto gli over 100 è il fatto che noi ci si sa ridere addosso. Ed è lì la fregatura! Come fai a fa’ la dieta? Tu ci ridi su, ‘apito? Ti dicono “devi dimagrire!”, e tu ci fai una risata… non ti prendi mai troppo seriamente, e quello ti frega! Io comunque ho sempre pensato che probabilmente, a differenza dei magri, quelli grassi intorno alla muscolatura ci devono avere tutta una protezione che poi si allarga, si espande alla vita in sé e ti fa scivolare le cose addosso, ‘apito come? Abbiamo, voglio dire, tutta una nostra allegria… Avercene un po’ di più, in giro, d’allegria… ma lo senti cosa racconta la televisione: qui son tutti matti! Comunque Carlo Conti, quando mi presentava agli show, diceva “Anche i grassi hanno un’anima!”, una frase bellissima, l’ho anche tenuta come titolo di un mio spettacolo che ha girato tanto. Alla fine basta stare un po’ attenti, valutare gli inconvenienti. Qualche sera fa, e ora sono anche meno grasso di qualche anno addietro, ho schiantato una seggiola in un ristorante: s’era tutti a tavola, a un certo punto la mi’ seggiolina di pràstiha ha cedu’o di stiànto e badabùmme, sono anda’o a batte’ la testa’a n’ i’-mmuro perché la s’è rotta… ero sotto i’ tavolo, e ‘ntanto la ridevan tutti… compreso me. Insomma ormai le seggiole le conosco tutte… Ma anche questa, se vuoi, è un’allegoria della vita: bisogna prenderla con una risata. Sì, dici bene, l’arte della leggerezza… È la prima dote che quelli da un quintale e mezzo in su devono avere per forza. E anche quelli da un quintale e mezzo in giù farebbero bene ad attrezzarsi, perché vivere con leggerezza è tutto. E se lo dico io ci si può credere». Ciao, caro Giorgio.