La cella di Nelson Mandela per lottare contro il razzismo

Firenze – Ci si è inginocchiata accanto, poi l’ha abbracciata con tutto il corpo. E ha stretto quella coperta come se stesse di nuovo stringendo, forse coccolando il nonno Madiba. Lentamente, alla donna di colore così prostrata, si è avvicinato Dario Nardella il sindaco di Firenze che con un gesto affettuoso, con tanta delicatezza ha aiutato Ndileka Mandela a rimettersi in piedi all’interno di una cella con le pareti di vetro. Una cella che riproduce quella in cui, a  Robben Island, per 18 anni dei quasi trenta di detenzione, Nelson Mandela, premio Nobel per la pace e simbolo dei movimenti anti-apartheid, è stato rinchiuso in Sudafrica. Una cella di pochissimi metri posta all’ingresso del Mandela Forum, il palazzetto dello sport di Firenze in Piazza Berlinguer, che sarà accessibile a tutti in qualsiasi orario e che è stata inaugurata ieri alla presenza di Ndileka Mandela di autorità civili e religiose – da Nardella a Giani, al cardinale Betori – dando il via alle iniziative per il centenario della nascita del grande dirigente politico sudafricano.

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Un bel momento a cui ha partecipato tanta Firenze – c’era anche Giancarlo Antognoni – nonostante il freddo e il vento pungente. E’ lungo i sodalizio tra la nostra città e Mandela. Firenze fu la seconda città italiana a conferirgli la cittadinanza onoraria (la prima era stata Roma nel 1983); il 28 ottobre 1985 l’allora sindaco di Firenze Massimo Bogiankino firma una delibera che permette a Madiba, ancora in prigionia, di «entrare a far parte del popolo fiorentino» come «segnale ed un incentivo per tutti i popoli ancora oppressi a proseguire nell’impegno e nella lotta contro ogni discriminazione».

In seguito alla sua liberazione, venne trovato un accordo nel 2004 tra la Nelson Mandela Foundation e l’Associazione Palasport di Firenze che dava la possibilità di intitolare il palasport fiorentino al presidente sudafricano. Il legame tra la città e Mandela proseguì e il 16 aprile 2012 il sindaco consegnò il Fiorino d’oro della città di Firenze al premio Nobel per la pace e primo presidente del Sudafrica ad essere eletto dopo la fine dell’apartheid.

Un bel momento coronato dalle parole di Ndileka Mandela che prima ha esordito in italiano con un approssimativo “Cari concittadini fiorentini” e poi in inglese, accompagnata da un traduttore, ha rivissuto parte della sua infanzia durante la prigionia del nonno. Testimoniando come quei lunghi anni di carcere siano stati al servizio di chi si opponeva alla apartheid. E che devono essere imparati dai giovani perché il razzismo è sempre una concreta e reale minaccia.

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