La blue economy vale quasi il 10 per cento del Pil nazionale

Economia del Mare, il live&digital event organizzato dal Sole 24 Ore

Si è svolta a Genova la terza edizione di Economia del Mare, il live&digital event organizzata dal Sole 24 Ore sulla filiera marittima che con le sue 228mila imprese è un settore strategico dell’economia italiana. Secondo l’ultimo “Rapporto sull’Economia del mare: la dimensione nazionale e territoriale dello sviluppo” della Camera di commercio di Frosinone e Latina, vale 52,4 di miliardi di euro (3,3% del totale dell’economia nazionale) e dà lavoro a quasi 914mila persone (3,6% del totale dell’occupazione). Una crescita costante negli ultimi anni che presenta ancora potenzialità inespresse, alle quali il Governo vuole dare impulso con il Piano Mare, ma che in questo frangente storico è messa a serio rischio dall’instabilità mediorientale con la crisi del Mar Rosso e, soprattutto nel caso dei porti adriatici, del perdurante conflitto russo-ucraino. Al tavolo si sono confrontati istituzioni e imprese per analizzare la situazione attuale e le prospettive future della nostra Blue Economy senza dimenticare le opportunità e problematiche collegate a sostenibilità e transizione energetica.”

Tra gli altri sono intervenuti il viceministro delle infrastrutture e dei trasporti Edoardo RixiMario Zanetti, delegato del presidente di Confindustria per l’Economia del Mare, Roberto Alberti, Chief Corporate Officer di Costa Crociere, Massimo Debenedetti, Amministratore Delegato di Cetena, società del gruppo Fincantieri, Elio Ruggeri (Assocostieri) presidente di Assocostieri ed executive director Lng di Snam, e molti altri.

“Sulla riforma dei porti chiederò un’accelerazione, soprattutto perché abbiamo visto come oggi dobbiamo intervenire sia sul tema delle concessioni, sia sulla digitalizzazione, sia irrobustendo le governance, ma soprattutto riuscendo ad avere un governance centrale per indirizzare uno sviluppo armonico del sistema logistico nazionale”. Lo ha detto il viceministro dei Trasporti Edoardo Rixi . Dare una data è “impossibile”, secondo Rixi che su questo tema chiede “piena condivisione”. “È un tema che non riguarda solo il mio ministero – continua – riguarda il ministero del mare e Palazzo Chigi: ci deve essere una condivisione forte, si può fare anche in tempi rapidi, l’importante è che sia una riforma che serva al Paese. L’Italia deve credere nel mare e nel suo sviluppo marittimo anche oltremare”. Se è ancora presto per dire quando vedrà la luce, Rixi aggiunge che “nell’autunno si affronterà questo tema”. Sempre per il viceministro Rixi, serve un “cambio di mentalità dell’Italia e dell’Europa, perché il Mediterraneo deve essere centrale nello sviluppo europeo. Sono infatti diversi i temi che ostacolano il settore marittimo, dalle tensioni sul canale di Suez alla nuova direttiva europea Ets, senza dimenticare i carburanti, per cui “siamo in fase di trasformazione” e sarà “un altro elemento che sposterà il traffico”. Dunque, “ci sono alcune scommesse da fare”. Per quanto riguarda la nuova tassazione Ets, “siamo la nazione europea che versa più soldi. A livello europeo il Governo italiano si è attivato con altri governi, esclusa la Francia, per ridiscutere la direttiva. Nel frattempo, ci siamo attivati affinché ciò che arriva dal marittimo sia reinvestito nel marittimo”, ma ancora non è stato chiarito come verranno ripartiti i fondi derivanti dagli Ets.

Il settore della Blue Economy oggi vale il 9,1% del Pil nazionale, ovvero 161 miliardi di euro. Una cifra che evidenzia la necessità di valorizzare e rilanciare questo comparto, attore determinante nello sviluppo competitivo dell’intero Paese. Per questo, Confindustria, con il contributo dell’intero sistema associativo, lavora ad una nuova politica industriale costruita sulle filiere e sulla loro integrazione con i territori e con i diversi settori”. – afferma Mario Zanetti . “E anche sull’economia del mare, la scelta dei driver strategici, è stata fatta in questa logica, puntando anche sullo sviluppo della portualità e quello di vettori e flotte, insieme alle relative competenze. Quindi infrastrutture e servizi: entrambi imprescindibili sia per la nostra industria per quanto riguarda il traffico merci, che per i passeggeri e per l’industria del turismo. Un altro tassello funzionale ad imprimere impulso alla Blue Economy è l’introduzione di azioni congiunte pubblico-privato capaci di sostenere tutte le componenti della filiera nel processo di decarbonizzazione, fortemente coinvolta nella doppia transizione, anche per restare competitivi rispetto ai nostri concorrenti” ha continuato Zanetti.

“La tassazione Ue sulle emissioni Ets (Emission trading scheme) “avrà un impatto sul settore shipping nel 2024 di 6-7 miliardi, dopo il 2026 parliamo di 15-18 miliardi euro all’anno. Importi significativi che gli armatori sostengono con l’impegno di decarbonizzare il settore. Il punto è che a oggi non è chiaro quanto ritorni al settore per decarbonizzare, pare molto poco”. Così Roberto Alberti. parlando della nuova tassazione europea sulle emissioni del settore che entrerà in vigore a pieno regime nel 2026. “Il settore crociere è stimato contribuisca per 600 milioni euro l’anno in termini di Ets. La mobilitazione dei passeggeri rappresenta il 2% di tutto lo shipping. A questa sfida che colpisce i conti della compagnia si aggiunge la sfida della decarbonizzazione con una serie di soluzioni tutte costose ed è necessario ci sia un chiaro piano di funding da parte delle autorità per permettere al settore di affrontare queste sfide”, ha continuato il manager.

Mentre Massimo Debenedetti, parlando della road map del gruppo verso la transizione green, ha sostenuto che: “Entro il 2035 Fincantieri progetterà la prima nave da crociera net zero”. Per centrare questo obiettivo, nel “2025 sarà progettata una nave che avrà il 55% in meno di emissioni e sarà alimentata a gas naturale liquefatto, nel 2030 una nave che emette il 61% in meno di Co2 grazie alla combinazione tre tecnologie: motore a combustione interna, celle a combustibile che alimenteranno parte alberghiera della nave e batterie”, ha continuato il manager, specificando che “la transizione energetica non sta soltanto sulle spalle di chi costruisce navi e degli armatori: i combustibili devono essere disponibili a prezzi competitivi”. Per quanto riguarda la transizione digitale, “l’ambizione è quella di passare da essere la design authority”, ovvero il responsabile della progettazione fisica della nave, “a essere la design authority digitale della nave”, in una sorta di gemello digitale.

Elio Ruggeri (Assocostieri) presidente di Assocostieri ed executive director Lng di Snam, ha dichiarato che serve politica energetica comune per porti. “I porti sono sempre stati hub importanti, dal punto di vista economico ed energetico. Con il tempo ci siamo accorti che sono anche realtà particolarmente energivore. Serve quindi una politica energetica che presieda al loro sviluppo e all’energia di cui hanno bisogno i loro tanti e diversi asset. Senza, soprattutto, pensare che esista un singolo silver bullet (le tecnologie e le energie da utilizzare sono molteplici) e senza abbandonarsi ai localismi.” Ruggeri ha evidenziato la necessità di evitare “azioni slegate, a macchia di leopardo, fughe in avanti di singoli porti e/o singoli operatori. Occorre una regia unitaria che aiuti i porti a farsi trovare pronti alle sfide che li attendono, evitando così che essi perdano valore. Per esempio – ha proseguito il presidente di Assocostieri – si potrebbero estendere le comunità energetiche rinnovabili anche ai porti, aprendo ai grandi operatori del settore. Ma si deve, anche e soprattutto, sostenere la transizione della logistica energetica attuale verso le commodities del futuro. E non dimentichiamoci poi la carbon capture and storage (Ccs): le flotte esistenti continueranno a lungo a usare combustibili tradizionali, per cui la Ccs è la chiave per la loro decarbonizzazione e, fra l’altro, abiliterebbe tutta una nuova filiera logistica che ancora non c’è.” 

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