Parlare con la Soprintendente del Polo Museale fiorentino, Cristina Acidini, non solo è un piacere, ma è anche un utile “ripasso” della storia artistica della nostra città e uno sguardo proiettato nel suo delicato futuro. Durante la pubblica consulta che il sindaco Matteo Renzi ha tenuto nei giorni scorsi al Teatro della Pergola, per chiedere agli “operatori culturali” cosa farebbero loro “se fossero l’assessore alla cultura (carica che attualmente il sindaco si è assunto)”, Acidini è intervenuta su un punto molto complicato e controverso. “Ho detto che vorrei un confronto allargato sulla sorte dei grandi complessi che si vengono a liberare, e cioè San Firenze, ex sede del tribunale, il Casino Mediceo di San Marco, cioè la Corte d’appello, che vanno a Novoli, oppure San Giorgio alla Costa, di proprietà militare e ormai vuoto, per nominare quelli più urgenti. Le destinazioni non sono chiare e le dimensioni di questi luoghi sono enormi: il loro riuso avrà un forte impatto sulla città e per primi andrebbero informati i fiorentini”. Ci sono ipotesi di cui trapela notizia, e informazioni che restano riservate e che preoccupano la soprintendente. “Gli intenti non sono chiari per questo ci vorrebbe un confronto pubblico. Per esempio, San Firenze pare sia destinato ad accogliere le università dei paesi emergenti. Perciò ritengo opportuno mettere a confronto le rispettive visioni sugli equilibri futuri nell’uso culturale del centro storico, vista la presenza ineludibile di musei eccellenti”. Il complesso architettonico di San Firenze è in stile barocco, inusuale a Firenze, un’area assai vasta che si estende da via dell’Anguillara, a borgo dei Greci, e include la bella chiesa di S. Filippo Neri. “Il casino Mediceo in via Cavour è gestito dal demanio che ci tiene via via aggiornati. E’ un edificio disegnato dal Buontalenti e possiede un apparato pittorico notevole. Io non sto dicendo che bisogna museificare, ma che bisogna capire bene prima che uso se ne vuole fare”. Questa villa di città – ciò si intende per casino – fu fatta costruire nella seconda metà del Cinquecento da Francesco I de’ Medici, che voleva usarla per i suoi studi scientifici, e ha una precisa impronta manierista nelle piccole decorazioni che il Buontalenti appose alla facciata, in punti strategici intorno alle finestre e alle porte. “Dovrebbe diventare uno spazio di utilità per il sistema culturale”, insiste Acidini. “Così come occorre seguire le vicende del complesso di Costa San Giorgio perché essendo vuoto, è a rischio degrado, assieme alle zone adiacenti”. Che cosa chiederebbe, invece, la soprintendente al governo Monti, o meglio al ministro per i Beni e le attività culturali? “Vorrei fossero snellite le procedure che appesantiscono il lavoro sia dell’Opificio delle Pietre dure, sia del Polo museale. Gli uffici si svuotano, la pubblica amministrazione si contrae, il personale se ne va e i tecnici importanti per il restauro non vengono sostituiti. Non si aprono più concorsi e quindi per i giovani non c’è accesso, benché l’Opificio abbia creato nuove generazioni ben preparate al restauro. Neppure io ho colleghi giovani a cui trasmettere la mia esperienza, mentre sarebbe necessario un avvicendamento guidato. Lo stato da almeno 10 anni risparmia sulle assunzioni, una carenza drammatica che continuiamo a denunciare”. Quali sono le priorità di questi giorni? “Proseguire con una politica di eventi espositivi continua e corposa, che mantenga Firenze appetibile, come si vedrà a breve dal programma delle mostre del 2012 “Firenze. Un anno ad arte” (che sarà reso pubblico a Roma il 27 febbraio, ma già si è saputo delle esposizioni sugli Indiani Americani e sulla cultura giapponese, a Palazzo Pitti). E la manutenzione dei materiali, la cosa più difficoltosa perché non sai dove il degrado colpirà: tutto il centro cittadino è iscritto nella lista dell’Unesco, ed è una priorità assoluta restare agganciati alla bellezza del nostro passato. La bellezza è un risultato che abbisogna di enorme cura e occorre la conservazione della memoria, perché è un retaggio che ci fa guadagnare il rispetto del resto del mondo. Il nostro passato non va sentito come vecchiume, però l’iPad non sostituirà un incunabolo. Se posso sedermi al tavolo internazionale con rispetto e considerazione, è perché il patrimonio che possediamo ci privilegia agli occhi del mondo”.