Firenze – Ampliamento e nuova pista, l’aeroporto di Firenze Amerigo Vespucci è da sempre in mezzo alle polemiche. Ma al di la delle prese di posizione politiche, di principio, amministrative e anche di buon senso è il Colonnello Pilota in pensione dell’Aeronautica Militare Luigi Landini, Presidente di un associazione di cittadini denominata “Carta di Firenze”, a dare alcune indicazioni tecniche, secondo cui, spiega l’ufficiale in pensione cui non danno “noia” neppure il fragore ed il rumore assordante degli aerei che decollano su Peretola, sarebbe “inattuabile” per l’aeroporto fiorentino aumentare ancora i flussi di traffico, a meno di macroscopiche realizzazioni di superficie transitabili dai velivoli a cui si aggiungono per ragioni assolutamente oggettive le limitazioni della conformazione del territorio.
Anzi, precisa, “tutto è possibile, ma mantenere i prescritti standard di sicurezza nelle quattro fasi di gestione del movimento aereo (atterraggio, decollo, rullaggio e sosta) con la conformazione che si presume studiata per questa infrastruttura non consente di prevedere un aumento sostanziale oltre quello attuale del numero dei voli e dei passeggeri. Dunque, in sintesi, la famosa pista di 2400 metri, gli ampliamenti e tutto quanto ci si appresta a costruire, si trasformerebbe in una colossale spesa a “vuoto”, inutile in quanto non sarebbe possibile forzare oltre l’afflusso.
“ Senza contare – ricorda ancora Landini – che il destino di un aeroporto cittadino come il Vespucci è, fra dieci anni, quello di chiudere i battenti, in quanto l’avanzata delle aree immobiliari costringerà comunque a chiuderlo per mancanza degli standard di sicurezza”. Sorte già toccata ad illustri aeroporti europei (ed italiani, si pensi a Ciampino, aeroporto militare ormai utilizzato quasi solo per i voli “blu”), tant’è vero che ormai i maggiori aeroporti del Vecchio Continente si trovano ad almeno un’ora di viaggio dalle città che servono.
Qual è il primo punto che secondo lei fatalmente limita lo sviluppo dell’Aeroporto Vespucci?
“Occorre fare una premessa fondamentale: come si progetta un aeroporto, quali sono i presupposti per determinare le dimensioni fisiche dell’infrastruttura. Vale a dire capire, quanto, come e verso dove “muovere” le persone e le cose. Un punto strategico a cui tutt’oggi sostenitori tecnici e politici della nuova pista di Peretola non danno risposte chiare. In altre parole non è chiaro cosa, come e perché dovrebbe essere realizzata una struttura dedicata mancando indicazioni su quali sono i settori in sviluppo ( forse il turismo, il commercio o quant’altro). Le cifre sull’espansione dei transiti sono aspettative teoriche e solo per argomento di discussione generico che non tengono conto del fatto che ormai le perdite, per le compagnie aeree sono concentrate nell’area del viaggio corto – medio, mentre lo sviluppo avviene nel settore lungo raggio. Per cui, almeno di una cosa siamo certi: l’aeroporto “nuovo” dovrà essere grande, per accogliere un tipo di vettore redditizio. In questo si identifica la limitazione dell’idea di sviluppo , infatti l’infrastruttura va ad addossarsi ad un’area già critica come la Piana”.
In realtà, secondo alcune previsioni, il flusso, che già in questi anni ha visto un significativo incremento, potrebbe essere previsto fra i 5 ed i sei milioni di arrivi.
“Mi faccia dire che neppure un Hub come Fiumicino si muove su percentuali di crescita così consistenti. Per Il Vespucci si parla di raddoppiare il numero di transiti verso il bacino di utenza. Vale a dire da circa 2.500.000 transiti ad oltre il doppio. Facciamo rapidamente una piccola valutazione numerica dei transiti giornalieri (senza contare le merci e per difetto) dividiamo 5 milioni per 12 mesi otteniamo così 416 mila transiti mensili, dividiamo ancora per 30 giorni otteniamo un flusso di persone pari a 13.800 al giorno, dividiamo quindi per 24 ore otteniamo circa 578 movimenti all’ora . Il risultato si dirà e elevato ma gestibile giusto; adesso, però, proviamo a definire quanti vettori aerei occorrono per movimentarlo.
Il calcolo teorico indica che dal momento in cui il velivolo di medio tonnellaggio (Airbs 321 – 220 pax o Boing 737- 180 pax) arriva all’atterraggio; si hanno circa 30 minuti per far scendere i passeggeri scaricare i bagagli, effettuare le operazioni di handling in uscita e far salire i nuovi passeggeri, effettuare le procedure di decollo, tutto questo se non vi sono problemi tecnici da risolvere.
Questo il calcolo teorico, e nella realtà cosa avviene?
Nella realtà le operazioni a terra comportano un impegno, per un velivolo di medie dimensioni di circa due ore. Quindi il flusso di arrivo deve tenere conto non solo dei transiti (passeggeri) ma anche della disponibilità delle aree adibite al parcheggio velivoli. Per questo l’arco di 24 ore si riduce a circa 12 ore con il raddoppio dei voli per ora a circa 4. Si dirà che è un numero ancora gestibile, giusto, ma ora entrano in gioco altri fattori quali il traffico aereo di aerovia e di destinazione. Non è possibile a priori garantire un decollo ogni 15 minuti dato i fattori di forza maggiore (traffico aereo, slot, sicurezza del volo ecc.) quindi una parte dei voli dovrà essere “spostata” all’ora successiva; per questo il numero dei voli dei voli da gestire in un intervallo di tempo aumenterà di una o due unità. Questo non è però un vantaggio perché aumenterà il tempo di sosta e quindi la disponibilità di parcheggio a meno che non si amplino a dismisura le aree di sosta, da cui l’impossibilità di accogliere altri velivoli in arrivo.
Qui sorge il primo grosso problema non evidenziato: per garantire i flussi (ovviamente rispettando gli standard di sicurezza) il “ nuovo aeroporto” dovrebbe ingrandirsi moltissimo, in una zona La Piana, dove manca fisicamente lo spazio”.
Eppure, si dice, che con una pista di 2400 metri si risolverebbe ogni problema.
“Si può fare tutto, in realtà con le innovazioni tecnologiche in campo aeronautico una pista di 2400 metri consente certamente ad aerei “medio/ grandi ” di atterrare, infatti la dimensioni previste sono standard, ciò che a determinare delle limitazioni è il peso al decollo. Questo decide lo spazio di decollo e lo “sforzo” che deve compiere il velivolo nelle fasi di volo, il che significa anche il consumo di combustibile.
Il che significa….
Cercherò di semplificare il problema, per decollare in sicurezza entro quella lunghezza di pista, cosa che ribadisco possibilissima, il velivolo necessita di maggiore accelerazione per un determinato peso. Considerando questo ultimo punto, un velivolo per “perdere” peso può: diminuire i passeggeri, diminuire i bagagli o diminuire il combustibile (ridurre il raggio di azione). Se si mantengono i numeri dei passeggeri devono essere mantenuti anche i bagagli. Allora non resta che il combustibile, ma il peso imbarcato di questo è legato a dei livelli minimi che riguardano la sicurezza, i problemi strutturali ecc.: per cui è necessario considerare una quantità di combustibile tale da poter condurre il velivolo ad uno degli aeroporti “vicini” alla destinazione in caso in cui l’aeroporto di destinazione venga chiuso per i più svariati motivi . In altre parole al di sotto di un certo standard (di sicurezza appunto)non si può andare. In parole povere l’aereo “medio/ grande” decolla con una pista di 2400 metri con un peso maggiore ma di fatto con una quantità di combustibile solo in parte da consumare limitando il raggio di volo.
Quali sono le conseguenze sul progetto dell’allungamento della pista?
Quindi la struttura influenza le caratteristiche di volo, le quali a loro volta, come detto, devono tener conto della possibilità offerta dall’area di edificazione. Quindi la lunghezza della pista ha una influenza sulle caratteristiche dei velivoli, ma il velivolo “piccolo” sfrutta in modo ottimale quella lunghezza di pista, ma aerei “piccoli” maggior numero di voli. Mentre il velivolo più grande (più pesante) vede nelle sue dimensioni, un’indiretta limitazione anche se, per decollare con un peso non quello ottimale, resta possibile occorre dover utilizzare maggiore potenza comportando un maggiore consumo e con tratte più brevi. Allora se gli aerei “medio/grandi” hanno limiti d’impiego, allungare la pista di alcune centinaia di metri non è risolutivo, per questo, che senso ha spendere denaro per cambiare l’assetto di una infrastruttura che comunque offre in partenza vantaggi limitati”.
Quali sono le ricadute negative dello “sforzo” maggiore che un aereo “pesante” deve compiere per decollare?
“In buona sostanza le ricadute negative sono in termini di denaro e di inquinamento. Quanto al primo punto è quasi una spiegazione banale da comprendere: spingere le manette motore significa bruciare qualcosa che va nell’ordine di cifre molto più alte rispetto all’ordinario. Ma soprattutto significa altre due cose, il livello inquinamento: da un lato un aumento, che potrebbe risultare molto significativo, di inquinamento acustico, dall’altro, una ricaduta di micro particelle (polveri sottili) residuo del combustibile sulle abitazioni e le campagne che coronano l’aeroporto stesso. Infatti, il combustibile brucia in modo molto diverso a terra o in volo, dato che quando il motore è a pieno regime (70-80% della potenza) le parti incombuste sono molto più sottili data l’elevata temperatura di combustione, queste rimangono in sospensione fino al momento in cui per cause naturali precipitano al suolo (generando piogge acide, nebbia ecc.). Al suolo il motore ha un regime inferiore, con le temperature d’esercizio quindi inferiori, si avrà una emissione di residui ma con polveri più pesanti che si depositano sul terreno e successivamente sono diffuse nell’ambiente da vento, dilavamento delle acque meteoriche ecc.. Problematica si riscontrerà (ma che di fatto è già in atto) con l’aumento dei voli.
Queste considerazioni vanno ad aggiungersi ai molti limiti della pista monodirezionale (vale a dire che si atterra e decolla in un’unica direzione. Questa caratteristica, oltre alla morfologia della pista (ci vorrebbe un allungamento molto più deciso) e alle caratteristiche degli aerei che dovrebbero essere accolti comporta, che fra un velivolo e l’altro passino anche oltre 10 minuti (previsti per la sicurezza), a causa della turbolenza (velivolo pesante maggiore perturbazione sulla traiettoria dell’asse pista). Tutto questo senza immaginare cosa potrebbe avvenire in caso di ritardi. E’ caos assicurato”.
Quali sono gli aggiustamenti e cambiamenti che servirebbero sul territorio per impiantare la nuova pista?
“Basta uno sguardo su una foto di Google maps per valutare il da farsi. Lo spostamento dell’alveo, al di fuori delle aree di sicurezza aeroportuali, di due Canali (non possono essere interrati o passare al disotto della pista di volo) il Fosso Reale ed il Fosso della Piana, modificare il percorso di un gasdotto e di un oleodotto e lo spostamento di più linee di alta tensione provenienti dal’Appennino e di interesse nazionale. Vi è anche un altro aspetto da evidenziare: il taglio di un’arteria di grande traffico che collega Sesto Fiorentino con l’Osmannoro/Scandicci. Tutto il traffico dovrebbe essere dirottato su due direttrici: autostrade del sole e viabilità attorno al centro commerciale dei Gigli, oppure, Viale XI Agosto (Scuola Carabinieri) questo per un pendolare significa un allungamento del percorso di circa 25 chilometri tra andata e ritorno in strade già sature.
Vale quindi la pena di spendere enormi cifre di denaro pubblico per tutte queste opere? Allora mi chiedo con bilancio spassionato, siamo sicuri che ne valga la pena?…. Certo, si potrebbe anche pensare ad alternative rispetto al piano di un’unica pista monodirezionale”.