CAPRESE MICHELANGELO – Considerato il successo ottenuto, la mostra “Kyclos” di Raffaello Lucci, allestita all’interno del Museo Michelangiolesco di via Capoluogo 1, a Caprese Michelangelo (Ar), è stata prorogata fino al 26 febbraio 2017.
La personale, curata da Giovanni Pichi Graziani e patrocinata dal Comune di Caprese Michelangelo, era stata inaugurata l’11 dicembre e avrebbe dovuto concludersi domenica 29 gennaio.
Gli ottimi riscontri di pubblico e critica, che hanno potuto ammirare da vicino l’astrattismo lirico di Lucci, hanno tuttavia convinto gli organizzatori a posticipare di un mese la chiusura dell’esposizione di pittura e grafica del noto artista toscano.
BIOGRAFIA
Raffaello Lucci nasce nel 1948 ad Arezzo, città dove vive e dove ha lo studio in piazza San Domenico.
Diplomato in chimica industriale, inizia la sua attività artistica nel 1976, da autodidatta, studiando e sperimentando le tecniche dell’acquaforte e della pittura a olio, facendo pratica del disegno dal vero ed eseguendo copie e studi dai grandi del Rinascimento. Contemporaneamente realizza diversi ritratti a sanguigna, mutuati sull’esempio delle opere di Raffaello, Leonardo e Michelangelo. In seguito studia e sperimenta le tecniche dell’acquerello, della litografia su zinco e su pietra; in questo contesto ha l’opportunità di conoscere e lavorare accanto a grandi maestri internazionali.
Dal 1980 inizia a esporre in mostre, sia in Italia sia all’estero, e partecipa a concorsi internazionali di “ex libris” e di grafica in generale. Dal 1986 propone lavori sempre più autonomi, eseguiti con tecniche miste, proseguendo nella sua ricerca personale che attraversa una fase figurativa di intensa tematica sociale, per giungere a lavori dove il disegno è segno o lacerazione e l’espressività è resa dalla materia e dal colore.
«Perché le opere di Lucci emozionano? Perché attraverso gli occhi, arrivano direttamente alla fantasia e al cuore. Mettono in moto sentimenti (questo vuol dire il verbo ‘emozionare’), ci fanno sognare e ci fanno felici. Essendo la contemplazione del mondo, che diventa colore e figura, niente altro che una forma di appagamento e quindi di felicità». (Antonio Paolucci, già direttore dei Musei Vaticani)