Lucca – Dai residui della lavorazione della carta parte la rinascita del rame italiano. E’ una vera e propria Rivoluzione copernicana quella operata a Fornaci di Barga da Kme (controllata da Intek group), uno dei maggiori produttori al mondo di laminati e leghe di rame, con sede a Milano.
In cifre, un colosso con 3900 dipendenti, 15 stabilimenti fra Europa, Stati Uniti e Cina e 330mila tonnellate di rame vendute nel 2017. Un drastico abbattimento dei costi, grazie all’autoproduzione di energia ottenuta dagli scarti del distretto cartario, trasformerà lo stabilimento di Fornaci di Barga nel principale sito produttivo del gruppo Kme per la produzione di laminati destinati al mercato europeo.
Una vera rinascita per uno stabilimento che fu l’ultimo polo dell’impero italiano del rame della famiglia Orlando, con una storia lunga 102 anni, e che oggi dà lavoro a 558 dipendenti. Eppure fino a quattro anni fa tutto sembrava già deciso.
La concorrenza internazionale è aspra, gioca tutta al ribasso dei costi e Fornaci di Barga non ha speranza: deve spegnere i forni, chiudere i battenti e riconvertirsi con le colture idroponiche. Quello che è accaduto dopo ne fa un vero e proprio case story nell’ambito della riconversione industriale e della cosiddetta “economia circolare”.
Nel 2016 diventa amministratore delegato di Kme Italy, Claudio Pinassi, ingegnere nucleare di origini toscane con una lunga storia professionale interna alla multinazionale. Il suo compito è rilanciare Fornaci di Barga. Nel 2016 viene siglato un accordo sindacale per evitare licenziamenti attraverso un uso innovativo ammortizzatori sociali.
Senza licenziare nessuno e grazie ad un particolare contratto di solidarietà i lavoratori vanno a lavorare fuori dallo stabilimento, in strutture non profit o in servizi, con la garanzia di rientro in azienda. Nel frattempo le persone vengono formate, l’azienda si riposiziona sul mercato, riduce le perdite e il numero degli esuberi cala verticalmente da 275 a 76.
Si fa anche un’analisi attenta delle voci di costo. Fra personale, materiali di consumo e energia, viene scelta la strada più innovativa: comprimere i costi energetici che, come si sa, in Italia sono molto elevati rispetto ad altre parti del mondo. La strategia di rilancio si articola in quattro fasi: autoproduzione energia elettrica da fonti sostenibili; introduzione di innovazione e consolidamento della metallurgia; creazione di un polo di economia circolare; incremento dell’occupazione. Risparmio previsto, circa 10 milioni di euro l’anno.
La materia prima per l’autoproduzione energetica paradossalmente sta lì a quattro passi, nel distretto cartario di Lucca. Si chiama pulper, ed è un residuo di fine processo che deriva dal recupero della carta che proviene da raccolta differenziata, non ha cattivo odore e ha un elevate potenziale calorifero. Optano poi per la gassificazione fra le varie opzioni tecnologiche disponibili, perché è un processo che consente livelli di emissione molto contenuti, è tecnologia consolidata che dà ottimi risultati con dimensioni di impianto molto contenuti.
L’utilizzo degli scarti di cartiera per la produzione di energia elettrica chiude la filiera della carta di un distretto che conta 12 comuni, 120 stabilimenti e l’80% della produzione nazionale di carta tissue. L’essenza dell’economia circolare sta tutta qui: le cartiere producono pulper come ultimo residuo del processo produttivo, Kme lo utilizza per produrre energia con cui lavora il rame riciclato, che poi torna sul mercato sotto forma di nuovi prodotti. Ma il progetto non finisce qui. Il rilancio di azienda e territorio andranno di pari passo e prevede la creazione di un Polo accademico di livello europeo sull’economia circolare, in partnership con la Scuola superiore Sant’Anna di Pisa.
L’impianto tratterà 100mila T annue di scarti cartiera e produrrà 100mila Kw all’anno per uso esclusivo dello stabilimento. Consentirà una complessiva riduzione delle attuali emissioni inquinanti (polveri, inquinanti o residui da smaltire) grazie a interventi sulle tecnologie preesistenti e all’utilizzo di metodiche di gassificazione di ultima generazione. Sarà costruito su un’area di 28mila mq di cui 8mila coperti, completamente immerso nel verde per ridurre al minimo l’impatto paesaggistico.
La produzione dello stabilimento di Fornaci di Barga aumenterà fino a 85mila tonnellate rispetto alle 48mila del 2016 ed alle 60mila previste per il 2018. L’incremento occupazionale previsto alla fine del complesso progetto è di 135 unità complessive compresa l’alta qualificazione. L’iter per la costruzione del gassificatore è stato avviato da pochi giorni. La Regione ha sei mesi di tempo per l’approvazione.
Intanto, collegato al progetto di rilancio dello stabilimento, seppure non obbligata per legge, la Kme ha presentato ai suoi “stakeholder”, cioè a tutti coloro che hanno un interesse alla vita dell’azienda, il Rapporto di sostenibilità 2017, perché – è scritto nell’introduzione – “ritiene la sostenibilità ambientale e sociale, insieme a quella economica, un fattore importante della propria strategia di impresa”. Il rapporto è stato realizzato dall’agenzia indipendente Greening Marketing It