Kme, la multinazionale del rame che ha sedi importanti anche in Toscana, ha presentato oggi ai rappresentanti dei lavoratori un piano industriale. Che conferma 275 esuberi in Italia, su 1364 dipendenti. Il piano, molto dettagliato, è stato approntato allo scopo "di consentire alle società del gruppo di affrontare con concrete prospettive di successo un contesto economico generale molto difficile''.
Oltre agli esuberi, il piano mira a ottimizzare le produzioni, sfruttando al massimo le eccellenze presenti nei vari stabilimenti europei, ''rendendole sinergiche in modo da conservare redditività e leadership, pure in presenza di un contesto di mercato debole e adattandole all'obiettivo di conquista di nuovi mercati'', si legge nella nota di Kme. Per quanto riguarda le attività italiane del gruppo, il piano prevede l'ulteriore sviluppo del nuovo forno di raffinazione (su cui verrebbero investiti circa 12 milioni di euro) con tecnologie all'avanguardia per l'uso di materia prima da riciclo, campo in cui Kme è leader e che consente un importante risparmio energetico e altrettanto importanti ricadute sul fronte della sostenibilità ambientale; la diversificazione del portafoglio dei prodotti laminati in leghe di elevata qualità, che hanno ampi spazi di sviluppo nei mercati del Nord Europa e in nuovi settori di utilizzo; il rafforzamento dei prodotti speciali, settore di vera e propria eccellenza dello stabilimento di Fornaci di Barga (Lucca); l'ulteriore consolidamento della produzione di barre d'ottone a Serravalle Scrivia (Alessandria), altro comparto di eccellenza del Gruppo grazie alle alte competenze sviluppate nel riciclo dei rottami; il recupero di competitività del settore tubi, sempre a Serravalle Scrivia, dove il calo dei consumi è stato accentuato anche rispetto al generale calo dei mercati.
Quanto alla situazione attuale delle attività italiane dal 2007 ad oggi, questi sono i dati: perdite per oltre 130 milioni di euro un calo di fatturato di oltre 200mila tonnellate (-35%). Kme A.G. (la capogruppo industriale basata in Germania) in Italia dichiara di aver sostenuto, nello stesso periodo, investimenti per 90 milioni di euro e aumenti di capitale per oltre 190 milioni di euro.
Ma su esuberi e tagli, la Cgil non ci sta. E racconta una versione diversa. Intanto, le chiusure in Toscana cosa riguarderebbero in concreto? "L'azienda riconferma la volontà di chiudere il più grande forno fusorio di rame in Italia a Fornaci di Barga (Lu), la chiusura di Lime a campo Tizzoro (Pt) e il drastico ridimensionamento di Serravalle Scrivia – spiega nella nota Cgil – consideriamo questo un atto grave che configura il non rispetto dell'accordo firmato in data 28 giugno 2012 dove, in cambio di un aumento della produttività tramite la saturazione degli impianti c'era l'impegno dell'azienda a non chiudere nessun sito produttivo ed a rispettarne le vocazioni produttive".
Dunque, un tradimento dell'accordo con i sindacati? "La conferma dei licenziamenti e delle chiusure degli impianti sopra richiamati smentiscono clamorosamente l'accordo e minano la credibilità dell'azienda – attacca il sindacato, che illustra anche l'iniziativa di protesta – proclamate altre 16 ore di sciopero per il mantenimento degli impianti produttivi per dare un futuro a tutto il gruppo, invitiamo per l'ennesima volta il gruppo dirigente della Intek Group a confrontarsi con le nostre proposte di salvaguardia e mantenimento delle produzioni e degli impianti senza i quali, anche in presenza di una pur minima ripresa, non vi sarebbe alcun futuro e, inevitabilmente precipiterebbe tutto il gruppo, oltre 1500 persone, verso la chiusura. Quale fiducia verso un azienda, e diremmo un azionista, che non mantiene i patti sottoscritti?".