Firenze – Sono trenta, fra persone fisiche e aziende, i rinvii a giudizio emessi dalla procura di Firenze nell’inchiesta sul keu, ovvero i fanghi tossici risultanti dagli scarti della concia delle pelli delle aziende di Santa Croce sull’Arno che, secondo le ipotesi accusatorie, sarebbero stati illecitamente smaltiti in varie aree della Toscana.
Mentre viene fissata la data dell’udienza preliminare, che si terrà il 12 aprile prossimo davanti al giudice Gianluca Mancuso, la rete indagatoria fa emergere fra gli imputati esponenti politici, dipendenti pubblici e imprenditori, che risulterebbero collegati al clan di ‘ndrangheta Gallace di Guardavalle (Catanzaro) oltre 6 aziende. Tra le accuse mosse a vario titolo, quelle di associazione per delinquere finalizzata alle attività organizzate di traffico illecito di rifiuti e inquinamento ambientale, corruzione in materia elettorale e di indebita erogazione di fondi pubblici danni della pubblica amministrazione, falso e impedimento del controllo da parte degli organi amministrativi e giudiziari. Tra gli imputati, oltre ai vertici delle associazioni di conciatori di Santa Croce e del consorzio Aquarno, figurano alcune imprese del distretto orafo aretino e imprenditori, alcuni dei quali sarebbero anche collegati all’articolazione ‘ndranghetista Gallace di Guardavalle. Inoltre, compariranno davanti al gup il sindaco di Santa Croce sull’Arno, Giulia Deidda, il consigliere regionale Andrea Pieroni (Pd), il funzionario regionale dell’ambiente Edo Bernini, l’ex capo di gabinetto della Presidenza della Regione Toscana Ledo Gori, l’imprenditore di origine calabrese Francesco Lerose.
Il Keu, che è composto di sostanze molto inquinanti, secondo quanto ricostruito dall’indagine della Dda, sarebbe stato smaltito attraverso attività edilizie, ma anche finendo sotto la strada regionale 429, passando attraverso gli impianti di smaltimento di Francesco Lerose, imprenditore ritenuto legato alla cosca Gallace di Guardavalle. Secondo quanto sarebbe emerso dalle indagini della Dda, tale attività di smaltimento illecito avrebbe fruttato un taglio dei costi di oltre 24 milioni di euro. Anche alcuni dirigenti di aziende del comparto chimico-orafo di Arezzo sarebbero finiti nell’inchiesta in quanto ritenuti coinvolti nello smaltimento illecito dei rifiuti inquinanti finiti in un impianto a Bucine, nell’Aretino.